Campania, la regione dei cento vitigni


La Campania ha oltre cento varietà di uva, più dell’intera Francia, i suoi 180 produttori sfornano ogni anno circa 1500 etichette utilizzando una dozzina di vitigni autoctoni. Il grande mondo da scoprire è proprio nel divario tra ciò che si pianta nel terreno e quello che finisce in botte, una potenzialità enorme, una ricchezza assoluta di tipicità in un mondo sempre più piccolo e uguale, come forse solo la Calabria può vantare. Ad aprire la principale direttrice di marcia è stato Antonio Mastroberardino con Fiano, Greco e Aglianico, seguito da Mario D’Ambra con il Biancolella e il Forastera e da Leonardo Mustilli e Gennaro Martusciello con la Falanghina. Sono queste persone ad aver imposto la scelta culturale e produttiva di puntare sui vitigni autoctoni invece di affidarsi ad uve nazionali e internazionali. Quando all’inizio degli anni ’90 questa scelta si è rivelata premiante allora molti hanno puntato su altri vitigni autoctoni sinora sconosciuti. Il protagonista di questa svolta è Luigi Moio che con la Vestini Campagnano (tel.0823.862770) lanciò il Casavecchia, il Pallagrello Nero e il Pallagrello Bianco a Caiazzo risuscitando tre vitigni di cui ormai si aveva notizia solo nei libri. Immediato è scattato il processo di imitazione ed ora un giro alla scoperta di questi vitigni casertani significa incontra le aziende Caputo a Teverola (tel.081.5033955), Castello Ducale a Castel Campagnano (tel. 0824.972460), Alois (tel.0823.301382), Cooperativa Casavecchia a Pontelatone (tel. 0823.876749) e ancora le nuove entrate Masseria Piccirillo (tel. 0823.862886) e Le Cantine di Hesperia (tel. 0823.863075) a Caiazzo. E lunedì prossimo Moio presenta con Veronelli i vini della nuova azienda Terre del Principe (335.5878791) a Castel Campagnano perché ha deciso di continuare con Peppe Mancini e Manuela Piancastelli l’avventura iniziata nella Vestini Campagnano.Non lontano c’è Castelvenere, il paese più vitato della Campania. Facile, dunque, trovare uve autoctone locali. La più famosa è la barbetta del Sannio, di recente classificata scientificamente dalla regione, con cui Nicola Venditti (tel. 0824.940306) produce il suo Vàndari, un Sannio doc. Nella sua azienda, in fase di ristrutturazione, si lavorano anche altre uve come il grieco e il cerreto nel Sannio Bianco doc e nel Bacalat Solopaca bianco doc e l’olivella nel rosato e nel rosso. Grieco e cerreto li ritroviamo anche nel Solopaca bianco Vigna di Castelvenere prodotto da Ciabrelli (tel. 0824.940565) mentre il Don (tel. 368.7502685) propone un vitigno chiamato carminiello.Ci dobbiamo spostare nella Terra delle Sirene per trovare vitigni misteriosi dai nomi strani, forse suggeriti ai contadini dalle streghe nascoste nei boschi. A Vico tutti producono vino con uva sabato, ma nessuna azienda ancora lo propone, così per trovare in bottiglia qualcosa bisogna spostarsi a Tramonti Giuseppe Apicella (tel. 089.856209) propone A’Scippata, un rosso fatto con aglianico tintore le cui radici sono saldamente piantate a piedefranco da decine di anni. Un vitigno che ritroviamo anche nel rosso di Reale (tel.089.856144) il cui bianco invece è fatto con uve biancazita, biancatenera, ginestra. La Terra delle Sirene è davero un’isola ampelgrafica straordinaria, ritroviamo le idee di Moio nel Fior d’Uva di Marisa Cuomo a Furore (tel.089.830348) fatto con fenile e ginestra.Sul Vesuvio spiccano caprettone, sciascinoso, olivella, coda di volpe mentre nei Campi Flegrei è interamente vocata alla falanghina e al piedirosso ormai divenuti dei classici. Gli uvaggi vesuviani invece regalano le diverse tonalità e interpretazioni del Lacryma Christi, uno dei vini italiani più conosciuti e venduti all’estero. Per restare alle aziende della zona citiamo La Cantina del Vesuvio (tel.335.7070738), Villino Rea(081.861323) e Vitulano (tel. 081.8581367) a Trecase, Villa Dora (tel.081.5295016) e Carillo a Terzigno (tel.081.8281866), Casa Barone a Massa di Somma (tel. 081.7711559), De Falco a San Sebastiano (tel. 081.7713755), Enoldelta ad Afragola (tel.081.8691302), La Mura a Sant’Antonio Abate (tel. 081.8741452), Pagano (tel. 081.8591224) e Sylva Mala a Boscoreale (tel. 081.5298492), Romano Fioravante (tel. 081.8278389) e Romano Michele (tel.081.8289722) ad Ottaviano, Sorrentino a Boscotrecase (tel.081.8584194) e ancora Saviano 1760 ad Ottaviano (tel. 081.82278018). Intanto gli studi continuano. Una mappa dei vitigni autoctoni delle isole con prove di microvinificazione: è questo il progetto che coinvolge alcune province italiane tra cui quella di Napoli dove l’assessore all’agricoltura Antonio Di Guida ha firmato un protocollo di intesa che coinvolge Andrea D’Ambra e il professore dell’Università di Portici Giampiero Scaglione. Sino ad oggi nelle sole isole di Capri, Ischia e Procida sono stati individuati una quindicina di cloni autoctoni. Il programma, presentato allo scorso Vinitaly, punta a valorizzare la viticoltura delle isole minori dell’Italia e del Mediterraneo. E all’Università di Portici continuano le prove di vinificazione secondo il progetto voluto dall’assessorato regionale coordinato da Luigi Moio su catalenesca, sciascinoso, casavecchia, pallagrello e sui vitigni della Costiera per verificare le loro potenzialità qualitative e soprattutto commerciali.Il grande pubblico non la conosce ancora, fuori dalla Campania è sconosciuta, ma la Coda di Volpe non è più un vitigno minore dopo le grandi vinificazioni fatte da Vadiaperti e Ocone. Oggi sono innumerevoli gli esempi di valorizzazione di una uva che serviva solo a tagliare fiano e greco, da Terredora a Mastroberardino, da Molettieri alla Fattoria la Rivolta e alla Cantina del Taburno. Ma le scoperte non finiscono qui: da un anno c’è anche il Sommarello, un rosso sannita ottenuto dall’uva omonima dall’azienda Castelmagno a San Bartolomeo in Galdo.
Dal Mattino, marzo 2004