Cari produttori, non va poi così male


di Maria Pranzo

Maria Pranzo

L’Italia per la prima volta supera la Francia nel consumo. E gli italiani amano soprattutto i loro vini regionali
Il 2009 sta per concludersi. E’ stato un anno difficile per tutti e molti piccoli produttori hanno particolarmente risentito della crisi.
In questo momento è interessante comprendere l’andamento del mercato del vino a livello globale per poter comprendere i principali cambiamenti che ci coinvolgono e per poterli sfruttare strategicamente.
Una ricerca condotta da Vinexpo Bordeaux 2009 conferma altre ricerche italiane che evidenziano una forte crescita nella produzione e nel consumo di vino sul territorio italiano.

ricerca condotta da Vinexpo Bordeaux 2009

Nel 2008, per la prima volta l’Italia supera la Francia sia nella produzione che nel consumo. Si prevede infatti che nel periodo che va dal 2008 al 2012 in Italia aumenti dello 0.36% il consumo mentre molti altri paesi da sempre considerati importanti per il mercato rilevano una diminuzione (Francia -4.62%, Svizzera -5.01%, Spagna -4.78%, Portogallo -2.92% Argentina -3.27%).
Ma come aumenta il consumo in Italia?
Un recente sontaggio condotto da Winenews.it in collaborazione con Vinitaly pubblicato a Ottobre 2009 ha indagato sulle opinioni di 1.456 enonauti (amanti di vino & web). Ebbene, l’83% preferisce i vitigni nazionali.
Nella “top 10” dei vitigni italiani più amati si piazza il Sangiovese (31% delle preferenze), seguito dal Nebbiolo (29%); a seguire Barbera (10%), Aglianico (9%), Montepulciano d’Abruzzo (5%), Nero d’Avola (4%) e Sagrantino (3%).
La denominazione italiana che meglio esprime l’unione tra vitigno autoctono e territorio è, per il 33% l’accoppiata Barolo e Langhe, seguita da Chianti Classico e Chianti (19%); l’11% vota Brunello e Montalcino; l’8% Barbaresco e Langhe. A seguire l’Amarone con la Valpolicella, il Sagrantino e Montefalco, il Prosecco e Conegliano e Valdobbiadene. E’ evidente la mancanza del sud che verosimilmente deve ancora lavorare sull’identità del vino legato al territorio.

Volume delle esportazioni di spumanti italiani

Ma torniamo alla visione globale prima accennata e ben descritta dall’indagine condotta da Winexpo Bordeaux 09. Nella ricerca sono evidenziati paesi che è necessario prendere in considerazione, nei quali aumenta il consumo, ma spesso non la produzione e si crea così una domanda che il mercato del vino italiano potrebbe coprire.
La Svezia con il 14.06%, la Finlandia con il 18.44%, il Canada con 18.44% e la Russia che arriva addirittura ad aumentare il consumo del 30.93% sono paesi in cui il vino sta diventando una bevanda importante e ovviamente, parallelamente al consumo, aumenta l’interesse per questo prodotto.
Non dimentichiamo infatti che se per noi italiani conoscere il vino, le sue caratteristiche e i suoi pregi è una tradizione oltre che un’abitudine alimentare, molti stranieri non hanno un’educazione a riguardo.
L’analisi prende in considerazione un periodo che va dal 2008 al 2012 per evidenziare i cambiamenti nel consumo a livello mondiale: primo su tutti il regno Unito che, con un aumento del 5.90%, supera la Germania (considerando i 5 maggiori fornitori della Gran Bretagna, l’Italia è solo al quarto posto dopo Australia, Francia e Usa, la Spagna è al quinto posto). Sorprendono gli USA che arrivano al terzo posto con un aumento del 18.23% e il Canada che, con addirittura il 29.44% (nel periodo 2003-2012 avevano già avuto un aumento del 31.98%) arriva al sesto posto.
In America, inoltre, sembra cambiare leggermente l’approccio al vino. Dopo il fenomeno Yellow Tail, il vino australiano poco costoso e facile da bere (7 euro a bottiglia, forte identità visiva, gusto ruffiano e dolce www.yellowtailwine.com) gli americani sembrano interessarsi di più alla qualità e al territorio, si apre cosi una possibilità in più per il vino italiano.
Nonostante la Danimarca sia solo al decimo posto è doveroso valutare quanto questo mercato sia importante perchè costituisce un mercato-ponte verso tutta l’area baltica; le innovazioni tecnologiche e infrastrutturali (importante il sistema di traghetti e di ponti/tunnel che permettono le comunicazioni tra la penisola scandinava e l’Europa Centrale) lasciano pensare che in futuro diventerà una delle zone commerciali più importanti al mondo.

Yellow Tail

Sono tante le considerazioni che un produttore deve fare per valutare l’esportazione nei paesi stranieri, ma secondo la ricerca Vinexpo i produttori italiani hanno già preso giuste decisioni strategiche perché se nel 2007 la Francia ha perduto lo 0.95% delle esportazioni, l’Italia ha guadagnato ben il 40.77% grazie anche alle bollicine italiane che stanno vivendo un momento di grande successo dopo essere state eclissate per anni dallo Champagne. Lo conferma anche un’indagine elaborata da ISTAT 2009 (inumeridelvino.it)
Prendendo in considerazione le bollicine, dobbiamo soffermarci sul mercato tedesco; secondo Winexpo 2009, dal 2003 al 2007 l’Italia ha aumentato l’esportazioni in Germania del 16.59% grazie soprattutto allo spumante (la Francia ha invece subito una diminuzione del -24,82%). Un’indagine dell’ONES (Osservatorio Nazionale Economico Spumanti) già a Dicembre 2008 ha confermato, infatti, il grande potenziale dello spumante italiano soprattutto sul mercato tedesco: considerando gli 11 milioni di consumatori abituali di spumante in Germania a fronte di solamente 3,4 milioni in Italia, il paese teutonico rappresenta quasi un quarto del consumo mondiale di vini spumanti. Piccola annotazione: la Germania è l’unico paese europeo dove esiste ancora un’imposta sullo spumante. Questa imposta chiamata “Sektsteuer” o “Schaumweinsteuer” prevede su ogni bottiglia 1,02 euro d’imposte più iva.
Tasse, logistica, etichette e tante altre cose devono essere prese in considerazione per poter esportare il vino all’estero, ma questo sembra davvero un momento appropriato nonostante le difficoltà che la crisi comporta.
Allora cari produttori, nuova energia e buoni propositi per il 2010!