Carife, Irpinia. Al Palazzo


Via Aldo Moro, 17-19
Tel.0827.95015
Chiuso domenica sera e lunedì
Aperto a cena, a pranzo su prenotazione

Siamo nella Baronia di Vico, a cinquanta chilometri da Avellino, uscita autostradale Vallata. Da Napoli la gita è lunga, ma Carife merita la sosta. Una passeggiata nel piccolo centro, zona di produzione di un eccellente olio extravergine, poi la sorpresa della recente e sapiente ristrutturazione di una casa padronale del primo Ottocento, Palazzo Addimandi, che ospita un ristorante vineria che sta rodando la sua cucina da un anno e mezzo. «Al Palazzo», cinquanta coperti interni e d’estate il raddoppio nel bel giardino, è il regno di Milena, capelli neri e occhioni scuri, trentenne timidissima e autodidatta. Una di quelle che restano in cucina per non spiegare i piatti, un dono del padreterno nel diluvio di cuochi logorroici che affliggono i nostri pasti migliori. Qualcosa, con le pinze, si riesce a tirar fuori. E si scopre che Milena è il clone bello del protagonista del famoso romanzo di Patrick Suskind «Il profumo». Come lui, ha scoperto in età adulta di avere un olfatto finissimo, una capacità fuori misura di percepire gli odori ma anche di gustare i sapori. Così una vocazione può riempire i vuoti dell’esperienza che non c’è. Colpita da improvviso e rapinoso amore per la cucina, Milena apre il locale. La storia era necessaria per spiegare che questo «Palazzo» che apre solo di sera, salvo che su prenotazione, è un luogo molto particolare. Dove una chef che non è chef, una che cucina in jeans e orecchini a pendaglio, riesce a darti emozioni vere con una cucina molto personalizzata. Un incontro di degustazione non riesce a rendere in pieno la varietà del locale, comunque sono da citare il morbido sformato di radicchio con ricotta e la zuppa di cicerchie con tartufo nero di Bagnoli, di perfetto equilibrio. Buoni i ravioli al ragù di cinghiale, che sono serviti anche con sugo alle noci o ai funghi porcini. Il menu prevede una decina di paste tradizionali, dalle tagliatelle ai «troccoli» e i sughi sono quelli classici di terra, salvo un bel piatto di paccheri con pomodorini e baccalà. Carne a volontà nei secondi, dai filetti di vitello al pepe o al tartufo, all’agnello alle erbe, alle salsicce al vino bianco, al rollè di coniglio, al brasato all’aglianico. Non mancano i tipici «mugliatielli» e il baccalà al forno con patate o con i peperoni secchi, piatto tipico irpino, quest’ultimo, che viene detto «alla pertecaregna» perchè su un’asta (la «perteca») venivano appese le «nzerte» dei peperoni da seccare. Milena, e i dolci? Non è mano per me, risponde sincera fino all’autolesionismo. Io so fare solo il tiramisù e quello propongo. Però la bella carta dei vini l’ha costruita con il fidanzato, che il vino lo produce, e il tagliere di salumi o di formaggi è una buona supplenza alla povertà del dessert.


Santa Di Salvo

Il Mattino del 24 febbraio 2007