Casaletto Spartano, Cilento. Benessere


 

Via Gallotti, 7

Tel 0973 374214

Un passo alla volta, per venti minuti di cammino partendo dalla casa di famiglia, altrimenti l’unico modo per raggiungere questo luogo incantato e misterioso, è montare sulla groppa di un asinello. Non dimenticate di portare una pila. Dimorano qui, sotto una grotta ampia e profondissima chiamata Sarota, le 22 piante di ulivo testimonianza più antica dell’azienda di Domenico Iudice. Si racconta che sbucarono sotto un tappeto di letame lasciato dalle capre di un pastore che da anni le nascondeva all’interno. Si tratta degli esemplari più antichi, dei 300 complessivi della proprietà divisi in tre appezzamenti. Risalgono al 1780 e la leggenda vuole che il pastore avesse avuto quei semi dai francesi al tempo del regno di Gioacchino Murat: la qualità dell’oliva infatti è la Provenzale, frutto simile alla Rotondella. Oggi come allora un piccolo gregge di 40 pecore concima in maniera naturale e tiene pulito il terreno brucando le erbacce. Una sorgente di acqua naturale offre la possibilità di dissetarsi. Ma la visita riserva sorprese inaspettate.

Il proprietario racconta che tra le pareti in pietra fu impiccato un sindaco di Casaletto Spartano: sembra che una fonte autorevole gli avesse ordinato di preparare poco distante dalla grotta il fieno per i cavalli e le donne, per soddisfare le truppe di Garibaldi in risalita: una trappola dalla quale non uscì vivo. Sconosciuti i mandanti dell’omicidio. Ma la storia, di cui è stato impossibile verificare le informazioni e sembra sia sconosciuta ai più, si perde nel mistero e nella voce popolare che la tiene in vita quanto basta per conferire suggestione al luogo.

Con la guerra del ’15 – ’18 la caverna conosciuta in paese, si trasformò in un rifugio per le ragazze che scappavano dalla violenza dei tedeschi. La abitarono portandosi via i bambini senza mai uscirne per oltre due anni e qui, alcune, partorirono i figli dei soldati. Con una pila ci si può addentrare alla ricerca di cocci di anfore o di suppellettili che saltano fuori man mano che si esplora il tunnel.

Ma torniamo ai nostri ulivi. Altre 62 piante furono invece comprate dal nonno nel 1920 per 600 lire e si trovano su un’area collinare più distante. Il terzo e più vasto appezzamento è di recente acquisto. L’intero ciclo produttivo avviene in maniera biologica, persino la raccolta viene svolta interamente a mano. Il signor Iudice infatti non ha mai acquistato pettini o macchine ma si fa aiutare da alcuni operai chiamati all’occorrenza. La sua famiglia, di antichissime origini, si sarebbe impiantata nel Cilento con l’arrivo di un fiorentino trasferitosi in zona per lavorare il carbone. Aveva saputo che c’erano boschi rigogliosi ed era partito. Il cognome, in origine Giudice, si è trasformato in Iudice. Nell’azienda si producono anche aglianico, il miele (etichetta Apicoltura Iuri), timo e lavanda.

Diletta De Sio