Chiacchiere distintive. Luigi Moio e Quintodecimo


di Angelo Di Costanzo

Luigi Moio

E’ una bella giornata, e nonostante le prime bizze facciano pensare al peggio, la macchina va e vuole arrivare lontano. Arriviamo a Mirabella Eclano in tarda mattinata, ci lasciamo alle spalle sulla statale il bellissimo Radici Resort dei Mastroberardino prima di imboccare la viuzza che in località Cerzito cia apre allo straordinario scenario del piccolo chateau di Luigi Moio e Laura Di Marzio nel cuore del Taurasi docg.

Quintodecimo ci appare come un bellissimo giardino d’inverno con colori bruni e giallastri a rincorrersi come nel più ermetico dei quadri impressionisti, con in cima la sua bella e discreta casa colonica con il tetto rosso. Ci accoglie Laura e subito dopo arriva Luigi Moio, è dalla prima mattinata in giro per l’azienda a verificare i dettagli dei lavori ancora in corso su e giù nella cantina. L’approccio, devo dirlo, è un po’ contratto, pare quasi accademico, ma non poteva essere altrimenti, la riverenza nei confronti del professor Moio c’è, traspare, lo riconosciamo, eppure impareremo a scoprirlo sotto una veste diversa, piano piano durante questa mattinata d’un tratto avremo capito perché qui si fà la storia mentre altrove solo chiacchiere, come grappoli censiti uno ad uno, come acini selezionati uno ad uno arriveremo al cuore di Quintodecimo, alla terra, al sogno, all’uomo, poi al vino, alle sensazioni ed alle emozioni che evocano, esplorano, regalano, all’esaltazione di quella parola di cui tanti abusano ma che pochi riescono a proporre con tale e tanta naturalezza: terroir.

“Quintodecimo nasce qui perchè qui c’è quello di cui avevo bisogno, così immaginavo un giorno la mia azienda, nel cuore dell’Irpinia perché l’Irpinia la porto nel cuore; Con l’aglianico, il fiano ed il greco in primis perché sono, senza rischio di smentita, i vitigni più importanti della nostra regione e da questi nascono i vini di grande profilo organolettico. La Falanghina poi è senza dubbio il vitigno a cui sono maggiormente legato, era il momento di concedergli quel riscatto che merita ed il valore straordinario che ha ancora da conquistarsi sul mercato” .

Un sogno inseguito e costruito negli anni a macinare chilometri in giro per il mondo a rincorrere conoscenza e tecnica da profondere poi qui, a Mirabella Eclano, in un’azienda con un vigneto giardino, una cantina che scopriremo poi essere stata pensata oltre trent’anni fa, sin dagli ultimi esami da perito agrario, prima di tutto quel percorso che avrebbe formato e forgiato il professore Luigi Moio, ordinario per professione straordinario per vocazione.”Ho nutrito tante passioni sin da piccolo, la chitarra, la pittura, l’arte, il simbolismo, oggi sono profondamente innamorato dei miei figli, della mia Laura e del mio lavoro in questa terra meravigliosa”. Siamo in cima alla vigna, proprio ai piedi della cantina, mentre parla, mentre racconta la sua storia il clima accademico è già virato nella conversazione, nel confronto, quello concesso all’amico di ritorno da un viaggio straordinario che ha necessità di raccontare e che abbiamo sete di ascoltare. Ascoltare Luigi (a conferma di ciò, nel frattempo abbiamo deciso di darci del tu) è come il sottile piacere provocato dal cioccolato fondente sulla lingua, lentamente cede la sua austerità alla subliminazione della gola, e diviene piacere. Ascoltarlo mentre parla senza perdere di vista nemmeno per un attimo il vigneto è come se stesse semplicemente ripetendo ciò che proprio quella vigna gli ha chiesto di fare: “raccontami!”
Ci spostiamo in cantina, alcuni collaboratori stanno preparando le ultime (poche) casse di vino rimaste, colpisce subito la presenza di tanti piccoli tini d’acciaio, inizia proprio qui un’altro viaggio, l’applicazione di tanti accorgimenti profusi negli anni qua e la’ in giro soprattutto nel sud Italia nelle aziende che segue come consulente, ma che solo qui hanno acquisito corpo unico ed espressione oserei dire “totale”: “vengono vinificate uve di tante piccole parcelle dei vari vitigni che lavoriamo, pertanto osservare ognuna di queste peculiarità già dalla prima fase produttiva mi serve per capire, esaltare ogni singola caratterizzazione propria di questo o quel vigneto“.

Ci incamminiamo lungo la barricaia accompagnati dal gradevole profumo di legni nuovi misto al vinoso dell’aglianico che in questi giorni sta subendo i primi travasi, arriviamo nel piccolo caveau dove Luigi ha iniziato a riporre il personale archivio storico liquido, dalle vecchie, vecchissime bottiglie di Michele Moio alle preziose ed alcune introvabili bottiglie di bordolesi e borgognoni (tra cui Hospice de Beune), alle numerose nate e cresciute sotto la sua guida tecnica, dal Taurasi di Antonio Caggiano ai cru di cantina del Taburno, agli ultimi di Manuela Piancastelli e Peppe Mancini:

“Hanno tutti un posto particolare nel mio cuore, questi come tutti gli altri indistintamente, a loro ho dato tanto impegno e serietà professionale, mi hanno ricambiato negli anni con profonda diligenza e stima, siamo riusciti assieme a dare input notevolissimi alla viticultura campana, e queste bottiglie sono la testimonianza del mio e del loro lavoro innanzitutto, che voglio sempre tenere a portata di mano”.
Ci avviamo verso l’uscita della cantina, alcune curiose particolarità non potranno che rimanere nell’immaginario dell’avventore di turno, come quella di conservare le teste e le code degli imbottigliamenti (materiale prezioso per le bevute personali) e di stoccare tutte le bottiglie avviate man mano alla commercializzazione in ampie casse di legno anzichè in anonime griglie di ferro.

Chiudiamo qui il percorso tra vigna e cantina, ci spostiamo in casa di Laura (che adesso stringe al petto l’ultimo nato, quattro mesi fa’) e Luigi, i vini sono lì pronti per la degustazione, ma questa è tutta un’altra storia che non mancherò di raccontare prossimamente…

P.S.: in tutta questa giornata, a parte gli occhi sgranati sul colpo d’occhio della Vigna Quintodecimo, il ricordo più bello che portiamo via è il momento in cui Luigi, prendendoci per mano ci accompagna nel suo studio, dove tutto è nato attorno al quale poi si è sviluppata l’azienda e ci mostra il suo progetto presentato nel 1975 alla commissione d’esami da perito agrario: aveva appena quindici anni, tutto era già scritto!