Coda di Volpe 2006 Irpinia doc Perillo: quando la strada finisce


Coda di Volpe 2006 Perillo

Coda di Volpe 2006 Perillo

Uva: Coda di Volpe
Fascia di prezzo: nd
Fermentazione e maturazione: acciaio

Coda di Volpe 2006 Perillo. Avete pensato mai pensato al fascino di una strada che termina, che banalmente finisce con un muro, una siepe o semplicemente in un campo di grano tra Vaglio e Tolve? Oppure sul mare degli scogli di Nerano proprio sulla spiaggia di Taverna del Capitano evitando i parcheggiatori abusivi dell’ultima piazzetta?
Bella storia quando una strada finisce: quelle che continuano hanno una possibilità, una speranza, un dado da giocare sul tavolo verde della vita, lasciano spazio alla narrazione.
Ma quando una strada termina sul desiderio esausto e consumato di una vita in cui hai visto tanto, forse troppo, quando la mente diventa cinica e arida, c’è davvero poco da fare: o stai con la persona giusta o con la Coda di Volpe 2006 di Michele Perillo.
Vigneron inconsapevole a cui mi lega il ricordo di un meriggio di enne anni fa trascorso interamente per vigne, freddo  e nebbie con Antonella,  amori non corrisposti e perciò più belli e longevi nel tempo. Ciò che non si consuma si conserva.

Ed è qui che nasce il mistero del vino, la materia che ti porta nell’immateriale. E’ questo il bello di un bianco bevuto a sorpresa tre anni fa tra gli ulivi secolari nel Cilento vicino Parmenide quasi per caso e che segnò una svolta in una delle cose più che belle del Sud, Lsdm di Barbara e Albert. Immerso tra persone prosaiche, vidi la realizzazione di un sogno.

Cavolo, come è importante scegliere le persone della condivisione nel bicchiere!

Ed è perchè stavo proprio troppo bene nella mente dopo una mattinata da Tecce che ho improvvisamente proposto di tornare da Michele Perillo quasi sullo spunto dell’inizio del rientro a casa: giriamo a sinistra, non a destra

Ormai ho l’età per sapere bene qual è il succo del ricordo: essere l’ultimo non il primo.

Michele apre generosamente una delle ultime sei, sette bottiglie e il miracolo si rinnova.
Come è possibile che un vitigno sfigato, ignorato e negletto come la Coda di Volpe possa regalare emozioni così forti? Da una complessità olfattiva che varia dalla pesca all’idrocarburo, al miele allo zafferano, alla beva piena, sapida, amara, fresca, di un vino snobbato da enologi e produttori. Da un palato grasso e freschissimo, lampi tostati e fruttati, lungo e sapido. Un vino che per la sua rarità, 1200 bottiglie da viti a tendone, dovrebbe costare almeno 80 euro, almeno come un comune  Aoc francese?
La strada finisce, difficile pensare di provare altro, passato solo in acciaio, prima di andare avanti.

La strada finisce, siamo fortunati ad averne visto la fine, ma come si porseguirà?
La 2013 è alle porte, troppo presto rispetto alle altre, il mercato preme, gli idioti del consumo ne hanno sentito parlare e noi subiamo il triste destino di far innamorare centinaia di persone che non si arrizzano ed essere costretti ad abbandonarle perché dove c’è banalità e già visto non può esserci investimento sentimentale ma solo opportunità accomodante.
Non ci resta che rifugiarci nei ricordi e nella speranza che il presente duri poco, pochissimo. Il tempo di bere la Coda di Volpe 2006 con le persone giuste e nel modo giusto, senza autopsie e minchiate sulla solforosa bassa.
Bevi, stronzo, e non rompere i coglioni!
Si in questo siamo stato bravi, ma non si arriva a bere la Coda di Volpe 2006 nel 2016 se non lo si è:-)

 

Coda di Volpe Irpinia doc Perillo

Scheda del 31 agosto 2013. Bevo questa Coda di Volpe pranzando lo stile lieve della Penisola Sorrentina di Olimpia Lombardo all’Osteria di Castelnuovo Cilento, lume di civiltà gastronomica all’ombra della torre di Velia, l’antica Elea di Parmenide.
La vacche pascolano indolenti muovendo la coda mentre gli uomini sono come al solito nei bar e bere il loro inutile tempo. Tra gli olivi, un lampo di limone nel crocché risolve tutto, stappo trepidante il bianco di questo piccolo artigiano irpino segregato a Castelfranci, lavoro in vigna e cantina, adesso aiutato dal figlio.
Aglianico e Coda di Volpe, ecco cosa significa essere un buon viticoltore capace di essere complementare ai grandi, leader di territorio. Offrire qualcosa di diverso.
Questa Coda Michele me la diede furtivo anni fa e io l’ho conservata in modo poco cosciente. Al buio, sì, ma nella casa in città dove ha trascorso le estati calde. Con qualche tremore la apro: avrà mantenuto l’acidità? Il punto è tutto qui.
Il naso è una emozione incredibile, difficile pensare che abbia solo conosciuto l’acciaio. Certo la prolungata sosta sulle fecce in vasca l’ha aiutata, il colore è giallo paglierino carico brillante, pieno di vita.
Il presentimento buono è confermato da una naso esplosivo a pasta gialla, anche una pesca sbucciata matura. Rimando di limone candito, in ogni caso è il sole a dominare in questo vino. Subentra poi la tostatura, quella fa pensare al legno che non c’è, al leggero fumé, ma anche alle braci autunnali irpine profumate alla nocciola.

Un gigante olfattivo che si ritrova nella bocca alla grande: il vino è imponente, materico, davvero la versione bianca dei rossi di Michele che faticano sempre a distendersi nei primi anni.

E passa lo spaghetto alla Nerano di Olimpia, poi la genovese di tonno impeccabile e buonissima. Cosa meglio di questa Coda di Volpe?
La freschezza è ancora viva, in bocca ritorna la frutta gialla in una cornice di tostato, poi l’allungo dal centro bocca e l’acidità che ben risolve una materia grassa, imponente, piacevole grazie alla secchezza, alla totale mancanza di dolcezza e alla chiusura amara e lunga.

Rispetto al Fiano e al Greco, ma anche alla Falanghina, la differenza è che il Coda vede la bocca inseguire il naso e non viceversa. Qui l’acidità è meno esuberante, più contenute, comunque imponente.
Sono convinto che in una degustazione alla cieca di bianchi di Borgogna avrebbe fatto la sua bella figura.

La conversazione è piacevole, veloce. Ma man mano che la Coda entra mi scalda il cuore e faccio zapping mentale sugli argomenti, gli olivi secolari sono mossi dal vento. Tutto è immobile nel Cilento, profondamente e irrimediabilmente immobile.
La cucina di Olmpia smuove le acque, porta la scienza della Penisola, quella della leggerezza, della conoscenza delle materie prime, della varietà. Una cucina adatta alla Coda di Volpe.
Campania Felix.
Coda di Colpe 2006 Perillo

Sede a Castelfranci. Contrada Valle, 19.Tel.0827.72252 Ettari: 4 di proprietà Bottiglie prodotte: 15.000. Vitigni: aglianico e coda di volpe

2 Commenti

  1. Oggi, mi è tornato in mente, ne avevo parlato ieri con Marina Alaimo alla cena di beneficenza di Paolo Gramaglia, il ricordo così vivido, il Cilento la quiete, la cucina di Olimpia, e quel coda di volpe, oggi tutto il giorno lo ho avuto in bocca.

  2. Cattivissimo ma maledettamente tutto vero!!!
    Ma poi quanto sale c’è in quel sorso ancestrale e fuori dal tempo, quanto???
    Ora della 2012 bisogna averne un bel po’ in cantina per poterne godere fino al 2022, ma Michele ne ha veramente poche da vendere, peraltro a prezzi commoventi per un grande e polposo Meursault in terra si Castelfranci, o meglio una grandissima Coda di volpe irpina, un cigno nero!!!

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