Pulin 2009 Colline Savonesi Rosso Igt / Azienda Agricola Bruna


Pulin 2009, Azienda Agricola Bruna

di Fabrizio Scarpato

Rosso, di un rubino ancora unghiato di lampone, una corona rosa, pulsante di elettricità. Picchia la spezia al naso, spaziando tra steli d’erba, saltando tra i fiori secchi, che sembran rose e viole. Poi un sospiro scuro e denso d’amarena, tra spunti dolcemente ruvidi di foglie di tabacco.

Ripenso al direttore del mio divertimento in cerca di un rosso che parlasse ligure e rivedo il suo bicchiere spostato in un angolo, dimenticato, ancora colmo di uno spesso e inerte rosso da Sangiovese, impietrito da una moda passata di moda e imbolsito dagli esiti estenuanti di legni indefessi.

Riarrotola, la forchetta, i fili di una carbonara che avrebbe desiderato essere dandiniana, ovviamente senza successo: eppure il pepe del Sirah s’avvinghia, arrampicandosi sulla salsa d’uovo in una corrispondenza d’amorosi sensi, mentre la Granaccia schiocca dritta sui suoi tannini secchi e asciutti, regalando nel sorso una confortevole e succulenta polpa di prugna e insieme una balsamica amaritudine, che profuma di rabarbaro e ti rinfresca di liquirizia. Intrigante, nevrile, per non dire umbratile. Salato. Ligure.

Rifletto sulle parole di un vignaiolo dagli occhi scintillanti, capace di inseguire un proprio altrove: non basta star chini sulla vigna, non basta dedicarle gli sguardi e le cure più solerti, se poi la passione e la ricerca restano confinate all’esistente, a ciò che trovi sotto i tuoi piedi. Non basta avere casa per metter radici. E’ quasi un’asfissia. Occorre alzare la testa, allargare lo sguardo, respirare un battito più grande. Il respiro della storia, che molto spesso ci parla di noi.

 

Il Tirreno, una mattina (foto Davide Tonelli, p.g.c.)

Riprendo il bicchiere che ora, sul finale, si è fatto bello e caldo, impreziosito da una succosa ciliegia sotto spirito che sa di carezzevole medicina. Al fondo, una nota di cioccolato, da acchiappare al volo: son sempre stato goloso di Mon Cheri.

Rincorro il sole fino al mare: alzo la testa, porto la mano di taglio alla fronte e guardo il Tirreno. Indico la Granaccia lungo tutto l’arco dell’orizzonte, tra mare e terra. E mi ci ritrovo.

 

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