Da Firenze a Parma, alla ricerca della felicità tra la Guida Espresso, i lampredotti, il prosciutto e la Trattoria Capelli



di Fabrizio Scarpato

Su e giù. Sopra e sotto, sottosopra. Alto, basso. Alti e bassi. Capovolto, al contrario. Up and down, upside down. Moto, a luogo e per luogo, stato e stati, d’animo. Assetti astratti, non immoti. Che cambiano, inopinati, capovolgendo il punto di vista: dov’è la felicità?


Occhio che parte Diana Ross: eccola, tenetela su come sottofondo.

I’m down, down. Donne, du du du: hanno un ritmo frenetico, resistono, ma poi si spezzano ( le donne?). Alain Passard, tristardellarossa col suo Arpège a Paris, invoca un break, invita la donna, emaciata e sballottata, a riprendersi il proprio tempo. In cucina. Ad una dubbiosa Emanuela Audisio, ripete sì, proprio in cucina, magari con una cottura a fuoco lento di asparagi in verticale con burro e champagne. Fatti rosolare per due ore: casser le rythme, and go up. Risalire, a fatica, con la pazienza di Sting e la sapienza del karma tantrico.

Guida Espresso, il gran finale


Scendere tosto: di sotto, andiamo. Sopra i magnifici cucinieri se ne sono andati: hanno lasciato pasta e formaggio al popolo affamato. Il risotto non sembra male: giammai, tutti giù, per terra. Da Nerbone, il trippaio nell’angolo basso del Mercato di San Lorenzo. Firenze scopre la sua Boqueria, incompleta senzortofrutta, noi, su e giù per le scale, dietro Dante e Virgilio, troviamo il nostro Pinotxo.

Nerbone al mercato coperto di San Lorenzo a Firenze

Sopra finger food, sotto trippa e bollito, lampredotto e mezzemaniche al ragù. Sopra Sassicaia e Chambolle Musigny, alla mia destra milleduecento euro, su la mano, giù la testa; sotto magnum di non so cosa, massì chianti, base d’asta ignota, aggiudicato al signore alla mia sinistra. Donne niente, ma occhi azzurri, corrucciati al riaffiorare di racconti virati a seppia, come una foto di Ponte Vecchio alle nostre spalle; il vino va giù, versatile e versabile, la trippa attizza, il lampre si fa dotto (cit.), per il bollito in alto i cuori, up.

Lampredotto

Apperò, la salsa verde. Sopra le figurine, come bambini col cuore sottosopra, sotto la contentezza nel condividere un po’ del tempo che va. Via, lungo Calzaiuoli, giù, fino all’Arno e alla coppa di nero assoluto e crema al vinSanto, foto della Carapina sul Ponte, questa volta a colori, e su, verso Tornabuoni, tra rosa e viola e zanne d’elefante: no shopping, ma struscio, di gelato a macchiar l’asola, la sola immobile, ma di striscio.
Abbasso i farmaci, viva il giardinaggio, e l’orto, che sale coi broccoli sciapi e il rosmarino. Rinascere e arrampicarsi, su, tra pomodori e cipolle, fino a respirare a pieni polmoni l’odore dell’origano e del tè verde. David Servan-Schreiber, psicologo, recupera il gusto, per rallentare la mente, accende gli appetiti, tollera gli sbadigli, abbassa la luce e appiccia il fuoco sotto una fonduta di pere al latte di cocco e curcuma. E allora su, senza fiatare, quasi per gioco, forse per caso, ma non al buio.

Carapina e il Ponte Vecchio

Su e giù per i colli, parmigiani e prosciutti, asciutto il castello di Torrechiara, lassù. A Langhi-rano non ci do-vevi arri-vare, mi dico tomtommeggiando con voce punto suadente: beh, torna giù per Lesignano de’ Bagni. Non basta, sali su, brijici bardò-bardò, la francesina attempata, ‘n gn’a fa: hop, scavalli e giù. Non c’è più nessuno, e le case? Lassù, laggiù. Strada biscia e acciuga, tra campi e balze di Volterra.

Prosciutto di Parma

Calanchi sulla risalita per Rivalta: risalta là, su la cima, la Trattoria Capelli. L’entrata è sotto, no sopra. Si sale, si entra di sopra per pranzare di sotto: contrari, capovolgimenti di fronte. Prosciutto della bassa setoso, salumi e culaccia fan spalla, tagliatelle spesse e alte, di morso, solo un filolissie, scarsamente aggrappanti; gnocchi formidabili, sciolinati, ma densi e sodi, ricoperti di tartufo nero e bianche sbavature di panna. Bis e tris, commoventi, per riservata spontaneità: che non se n’abbia a male il tortello di erbetta, suvvia.

Zabaione con le visciole

Lo zabaione con le visciole sbarella su e giù tra dolce e amaro, tra morso e carezza, in un pugno, croccante. Knock down, but i’m up, upside down, you’re turning me: sarà una maglietta fina, o il lambrusco dagli occhi purpurei? La prima che hai detto.
E allora giù, senza più amore: se siete stanche (ancora solo donne?) non correte dal chirurgo (sic?) : cospargetevi, callide, di cera d’api e d’olio d’avocado e respirate il geranio rosa. Fatto? Up.
Scavare in fondo alla memoria: Passard consiglia di ricreare i sapori dell’infanzia. Ignora Baricco, le chef, disdegna il “quasi sapere” di Ferraris. Pastarelle? Bigné? Camillino? La nonna preparava la fricassé de coquillages, con salsa di burro. Lo fa star bene, si spera. Rosso, spara la grande scoperta: una cipolla flambée con alcol di pera in una fonduta di pralinata di nocciole (?). L’affaticatissima Audisio, appuntato il numero del chirurgo, pur “fonduta” ma su di morale, sfoderando il suo punch, avanza un perfidamente ironico: molto pratica per una donna che torna a casa stressata dal lavoro. Oui, c’est fantastique: risponde Passard, impassardable.

I bolliti

Ma vaffarti ‘n risotto. Gira, manteca, sballotta: su e giù, dal basso in alto. Sereno risotto, o risopra: ripassa, sopra i pensieri. Ridi, col riso, al salto mortale, carpiato, nel vuoto dell’imponderabile. Ma sincero, come ha da esser ‘l riso.
Upside down, felicità dove meno te lo aspetti: càpita e il bicchiere di vino con un panino sarà sopra, forse sotto, magari di lato o un contrario di se stesso, nel tuo cielo capovolto. Scapicollare di capriole, su e giù, tra alti e bassi, pieni e vuoti, dell’anima e dei piatti spazzolati, delle idee che hai mangiato: briciole, avanzi di felicità, rivoluzione appena intravista, ma niente affatto trascurabile.  Dove sta la felicità?


Emanuela Audisio: Più energia con mele e cipolle, così lo stress si batte cucinando – La Repubblica
Nerbone – Mercato Centrale di San Lorenzo – Firenze
Carapina – Gelateria in via Lambertesca – Firenze
Trattoria Capelli – Rivalta di Lesignano de’ Bagni – Parma

La felicità raggiunta: quel che resta dei bolliti

13 Commenti

  1. storie di trippa, storie di panza, però vuoi mettere la verticale di asparagi di Passard?

  2. Io ho molto riso, finalmente!! La ganjia coltivata a bargecchai effettivamente fa miracoli. Me ne regalo’ una piantina direttamente bob marley, a quel grande concerto di San siro, 1000 anni fa.

    1. C’ero anch’io !! 27/06/1980 !

      ma a te convien star zitto chè hai l’INTERPOLLI alle calcagna… ;-)

  3. No, no Fabrizio, se voglio continuare a leggere i tuoi post, due sono le cose : o li leggo direttamente nello studio del mio psicanalista dal suo pc, “dimodocchè” c’è l’ho pronto alla bisogna, oppure ti devo conoscere per decodificarti, così come ho fatto per il Guardiano, che ormai è un libro aperto per me! Per Giancarlo non è proprio così, ma quasi… ;-))

    1. Lello hai sempre il mio sostegno e non ti deve spaventare questo ermetismo post bevuta che prende questi signori. Grazie Roberto per avermi ricordato della partita di stasera, io ovviamente tifo per i neroazzurri (o eto’oazzurri che dir si voglia).
      Saluto tutti augurando un buon week-end lungo fino a lunedì per chi potrà.

  4. Gran bel posto Capelli, anche se incline a chiudere la sera quando gli pare.
    Un martedì sera, dopo una registrazione a Parma, mi ricordai del suggerimento di Stefano Caffarri e mi precipitai lì, ahimè senza prenotare (ma la prenotazione, com’è scritto sul loro bel sito, è “gradita”, non obbligatoria). Arrivato alle otto e qualcosa, vedo tutto chiuso. Chiedo a una signora nell’aia della cascina lì a fianco, e mi dice che non sempre è aperto la sera. Provo a vedere la porta, ma sembra sprangata. Al che m’incazzo e penso: “Ma il giorno di chiusura indicato per legge non è il giovedì”? Morsicandomi la lingua per i 20 km di strade tortuose che ho fatto grazie al navigatore, me ne vado. A Parma, una mezz’oretta dopo, trovando chiusa anche la Clinica del Panino (al che sento che sto per avere un tracollo), vedo che c’è aperto il Cannon d’Oro, ove faccio una cena discreta.
    Discreta, ma volevo andare da Capelli! Peccato, sarà per la prossima volta.

    1. Sì, Tommaso, è un bel posto. Non so, sarà che quando sono andato io, a pranzo, era una domenica di sole, le stanze piene di famiglie classicamente riunite dai nonni ai neonati, ma ho respirato aria buona, senza frastuono, serena, tutto sommato, dai vini alle vivande, viva e contemporanea: come dire, dinamica classicità, senza contadinismi.

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