De Conciliis, aglianico e merlot fanno il Merlanico


9 giugno 2001

No, decisamente no. Non si è ancora esaurita la spinta creativa dei produttori campani: ogni mese, quasi ogni giorno spuntano novità che spiazzano gli esperti e gli appassionati. Prendiamo il caso del Merlot, che aveva già fatto capolino in Campania nel Montevetrano di Silvia Imparato insieme al Cabernet e ad una spruzzata di Aglianico. Eravamo comunque fermi al Merlot di Aprilia di Casale del Giglio (strada Cisterna-Nettuno, chilometro 13, Le Ferriere. Telefoni 06-5746359 e 06-92902530), la straordinaria azienda di Paolo Santarelli che sta sperimentando alla grande in provincia di Latina Cabernet, Chardonnay, Petit Verdot e Shiraz (il nostro preferito). Ebbene, da quest’anno il vino campano più costoso è proprio un Merlot, si chiama Patrimo (versione dialettale irpina che significa «mio padre) è prodotto dai Feudi San Gregorio (Cerza Grossa di Sorbo Serpico, tel. 0825-986266).
Mentre giù, nel Cilento, quel diavolo di Bruno De Conciliis (località Querce, 1 a Prignano Cilento. Tel. 0974 831090) ha fatto da sacerdote nel matrimonio tra il Merlot e l’Aglianico da cui è nato il Merlanico. A questo punto Gigi Marzullo porrebbe una domanda fondamentale, di quelle che fanno tremare le vene ai polsi: per dimostrare di essere davvero bravi (o meglio, per conquistarsi la visibilità sulle riviste Usa specializzate) è necessario dimostrare di saper lavorare i vitigni internazionali o intestardirsi su quelli autoctoni?
Possiamo rispondere con una chiara indicazione, proprio come faceva Sandro Mazzola quando gli chiedevano un pronostico sulla partita: possiamo vincere, perdere o pareggiare. Insomma, tutte queste discussioni cominciano ad annoiare un po’ e soprattutto non importano granché ai consumatori. L’importante è fare un grande vino, immediatamente riconoscibile quando si ficca il naso nel bicchiere.
Scusate, mi correggo: l’importante non è fare, ma bere un grande vino.