Diario del Salento. 2- Suggestioni d’arrivo e foto di cibo


Salento, la terra e il cielo si prendono per mano

di Tommaso Esposito

Eccomi quaggiù tra Porto Selvaggio e la Palude del Capitano, in questa parte del Salento dove da anni il tempo dell’ozio mi trascina prendendomi per il cuore e per la mente.

Ho con me un libricino del 1641, Della Dissimulazione onesta,
recuperato su di una bancarella delle occasioni, scritto da Torquato Accetto un filosofo pugliese, (nacque a Trani e visse ad Andria, un po’ più a nord di dove mi trovo) riscoperto da Croce.

In esso si discetta della dissimulazione, materia ben nota ai politici di alto lignaggio e ai loro numerosi emuli di condominio. E si ritiene che: “La dissimulazione
è una industria di non far veder le cose come sono. Si simula quello che non è, si dissimula quello che è.”

E si discetta pure dell’ozio: “Pitagora, sapendo parlare, insegnò di tacere; ed in questo esercizio è maggior fatica, ancorché paia d’esser ozio.”

Lo metto un po’ da parte in attesa che qualcuno taccia sapendo ben parlare e si dedichi così all’ozio sapiente.

Prendo l’altro libricino che con me avevo già portato l’anno passato e che ritrovo in fondo alla borsa del notebook.

Il pane di ieri di Enzo Bianchi, il priore della comunità monastica di Bose.

Prende spunto padre Bianchi dal proverbio che la mamma gli ripeteva: “ el pan ed sèira, l’è bon admàn, il pane di ieri è buono domani” perché “le grosse pagnotte che venivano conservate per più tempo non si prestavano a essere mangiate fresche, ma davano il meglio del loro gusto un paio di giorni dopo essere uscite dal forno.” Ma il proverbio va oltre e allude al fatto che “il nutrimento solido che ci viene dal passato è buono anche per il futuro”

Ozio tra gli olivi

Nascono così le tante storie del tempo che fu quando “il cibo, a ben guardare, oltre che un nutrimento necessario è anche qualcosa di cui si deve aver cura. La tavola è luogo di incontro e di festa
e la cucina è un mondo in cui si intrecciano natura e cultura. Preparare il ragù può diventare allora un momento di meditazione e la bagna cauda un vero e proprio rito in cui gli ingredienti che lo compongono rappresentano uno scambio di terre, di genti, di culture.”

Ecco, ho deciso: Il pane di ieri sarà quest’anno il breviario che scandirà il tempo della mia sosta salentina.

Mi accolgono un mare cupo e un cielo uggioso.

Ma poi un sole deciso squarcia le nubi e illumina i fiori e i cespugli dei capperi che crescono selvatici lungo i sentieri fino al mercato di Sant’Isidoro dove mi incontro con le cose buone di questa terra e di cui tenterò di farne un diario.

8 Commenti

  1. “il nutrimento solido che ci viene dal passato è buono anche per il futuro”
    E’ importante che si colleghino passato e futuro, anzichè, come spesso si fa erroneamnete, il passato col presente: da un lato perché la memoria è conoscenza e conoscere, sapere, è necessario per poter proporre e costruire il nuovo; dall’altro perché in fondo il presente non esiste, è passato nel momento in cui lo consideri, e, nel mentre, un altro attimo si fa futuro.
    Passaggi, visione dinamica della storia e anche del cibo e della cultura del cibo: che non si deve fossilizzare in schemi precostituiti, in rifiuti aprioristici, nel c’era una volta o com’era buono il vino del contadino. Sono strutture rigide, ferme, senza storia.
    Sempre secondo me, ovviamente :-)

  2. Quest’anno ho trascorso tutti i finesettimana di luglio raggiungendo la famiglia a Porto Cesareo, proprio a due passi da Porto Selvaggio (che bel posto!) e dalla palude del Capitano… strane coincidenze: ho visto che anche Antonio Tomacelli c’e’ stato ed ha scritto entusiasta, su Dissapore, delle pescherie di Porto Cesareo… ma su questo non siamo stati molto d’accordo…

    1. @ fabrizio
      sottoscrivo. non c’è nulla di più stupido di sostenere com’era buono il vino del contadino. poi un futuro che non sappia riconoscere la pluralità delle radici e delle culture del cibo è misero.
      @ romualdo
      ho seguito il post sulle pescherie della movida a porto cesareo sono d’accordo con te. Il pesce fresco è da cercare con il lanternino. cozze buone e quache sgombro. ieri l’altro ottimi calamaeretti di paranza.

      1. Caro Tommaso, perchè non ce lo fai tu un report sul pesce fresco di Porto Cesareo e anche di Gallipoli (dove sono stato più volte, e a me montanaro non sembra tanto cattivo) dall’alto della tua esperienza ittica partenopea? Buone vacanze!

      1. ci provo anche se questa settimana cominciano a riposarsi i pescatori

        1. Se vai a Porto Cesareo la mattina presto, spalle al mare, sulla estrema sinistra guardando la strada delle pescherie, arrivano le barchette dei piccoli pescatori, che non riposano mai, lì forse puoi trovare il pesce…appena pescato. A Gallipoli, al porto, alla sinistra della Capitaneria, si svolge un mercatino del fresco niente male. Grazie, se poi il giorno della tua partenza dal Salento ti va di fare un po’ di scorta per un monitoraggio a più bocche sulla freschezza, sulla strada per Napoli, esci ad Avellino Ovest dieci minuti e sei da me… Ciao

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