Dieci anni di Torre del Pagus ed il suo Impeto 2010-2001: quando l’Aglianico è poesia


Pasquale Carlo, Marina Alaimo, Luciano Pignataro e Giusy Rapuano al Veritas per la verticale dell Impeto 2010-2001 (foto di Sara Marte)

di Sara Marte

L’Impeto è protagonista! A Napoli, nell’accogliente ed elegante ristorante Veritas, l’aglianico del Taburno, della cantina Torre del Pagus, si lascia scoprire. Attraverso dieci annate seguiamo il suo sviluppo in bottiglia dalla 2001, data di nascita dell’azienda e del vino, fino all’ultimo giovane sorso del bicchiere 2010. Luciano Pignataro, giornalista e moderatore ci guida attraverso questo percorso assieme al giornalista Pasquale Carlo, grande conoscitore del suo Beneventano e riferimento Slow Wine per il Sannio. Con loro la sommelier e wine writer Marina Alaimo, Giusy Rapuano, produttrice e Maurizio De Simone, enologo aziendale. E’ proprio Giusy Rapuano che, conpassione ed emozionata dolcezza parla dell’azienda. Sfiora soltanto gli sforzi e le difficoltà e lascia soprattutto parlare il legame con la sua terra e le radici attraverso un’immagine forte e tenera della propria famiglia.

La forte immagine di famiglia. Giovanni Rapuano sulla sinistra e Giusy tra i nonni

Palpabile è la presenza e non semplice ricordo di Luigi Rapuano, fratello di Giusy e anima della cantina, scomparso a 28 anni nel 2007. La storia di Torre del Pagus passa attraverso successi e sorprese. Pasquale Carlo racconta alla sala gremita quando nel 2002, proprio la Falanghina di Torre del Pagus, nella prima uscita, vinse una competizione di vini del Sannio. Pochi anni dopo, nel 2005, l’azienda portò a casa il primo posto tra 300 vini del Sud proprio con l’Impeto 2002 che vinse la competizione organizzata dall’Ersac

Uno spicchio dei tavoli in attesa dell'Impeto e godendo della storia di Torre del Pagus (foto di Sara Marte)

Sembrava che per Luigi non ci fosse alcuno stupore; questo non è semplice ciarlare ma sono racconti simbolo dello slancio dell’azienda e di come Luigi riuscì a guardare lontano con i suoi vini schietti e sinceri capaci di rappresentare il territorio.  Il vino però ha altrettanto da dire e allora spazio al viaggio tra i bicchieri.

Maurizio De Simone, enologo aziendale (foto di Sara Marte)

Affianco alle degustazioni di Marina Alaimo veniamo letteralmente travolti dalla verve di Maurizio De Simone e ci immergiamo nella vigna più alta dell’azienda, sul monte Taburno a 480 metri sul livello del mare.  Qui le uve subiscono una doppia raccolta. Una prima parte è vendemmiata ad ottobre per produrre l’Aglianico base, mentre il resto delle uve rimane su pianta almeno fino alla prima decade di Novembre. Da qui nasce Impeto. La vinificazione – badate bene- con i raspi, avviene in tini di castagno così come si usava da tradizione.  L’invecchiamento, in seguito, sarà in barrique di terzo e quarto passaggio per evitare che i vini siano invasi dal legno.  Ci piace poi la filosofia aziendale che permette ai propri vini di essere in commercio non prima dei due anni per i bianchi ed almeno 4 per i rossi.

I bicchieri in degustazione di Impeto nelle dieci annate dalla 2010 alla 2001 (foto di Sara Marte)

Impeto 201o
Annata buona, con una primavera giustamente piovosa, un agosto secco e settembre ed ottobre caratterizzati da piogge “rinfrescanti”. Ottime le escursioni termiche. Campione da botte, è chiaramente un vino ancora in assestamento che sarà in bottiglia non prima del prossimo anno. Ha sentori giovanili come la frutta fresca e piacevolmente si scopre un legno già integrato e non prepotente che parla di un uso sapiente e moderato delle barrique. Sorso agile, di concezione moderna, con una bella acidità e una buona sapidità. Ti aspetti un bicchiere difficile da bere e ti ritrovi una bottiglia su cui puntare in prospettiva con chiarezza. Pronta a scommetterci.

Impeto 2009
Piogge scarse a maggio con un certo recupero a giugno e nei mesi estivi. Le uve riescono ad arrivare a maturazione comunque senza stress idrici. Un ottobre leggermente piovoso e la vendemmia avvenuta con successo nei canonici primi dieci giorni di novembre. Nel bicchiere abbiamo un campione da vasca , tutte in cemento che, dice Maurizio De Simone, creano quelle condizioni di “micro cantina”. Si sente subito la ciliegia nera, una certa predominanza di note terrose, gelso nero con dei soffi interessanti di sottobosco e spezie dolci. Ovviamente rispetto alla precedente bottiglia abbiamo un sorso più composto con una buona freschezza e un tannino presente.

Impeto 2008
L’enologo parla dell’annata del secolo per il Taburno. O almeno su carta è un’annata perfetta con la sua primavera giustamente piovosa fino a giugno, ancora un settembre con 60 mm di pioggia e grandi escursioni termiche. Questa è la bottiglia attualmente in commercio. E’ certamente un bicchiere ricchissimo che lascia a lungo parlare di sé. La complessità del naso attacca con la frutta tra cui la prugna e la marasca . I tannini sono decisi ed elegantissimi. Chiare le note di cacao e un complesso glicerico e concentrato per una bocca verticale e orizzontale, avvolgente e piena. Lunghissimo il finale.

Veritas, la sala

Impeto 2007
Questa è stata tra le annate più complicate in assoluto. Difficoltà ,fino alla fine, di portare le uve a giusta maturazione. Pochissima la pioggia con luglio, agosto e settembre con soli 7 mm di precipitazioni.  Il tutto vede picchi che superano i 40°C ed escursioni termiche limitate. Ovviamente nel bicchiere ritroviamo tutto il “seccume” ,come lo definisce l’enologo, che ha caratterizzato l’annata. Il risultato però è quello, almeno per me, di un vino affascinante ed originale. Il naso è ovviamente meno complesso del precedente, cupo e terroso. Emergono principalmente le spezie ed il sottobosco, humus e poi i chiodi di garofano. Al sorso ci sono tannini maggiormente presenti ed austeri. Un vino maschio e affilatissimo.

Impeto 2006
Questa è un’annata esattamente agli antipodi rispetto alla precedente. Grande piovosità ed escursioni termiche limitate, generando un vino certamente più diluito. Viene definito così , confrontato con altri e non in assoluto giacché anche questo sorso ha tanto da dire. E’ un vino fruttoso, intenso, con tannini morbidi, gradevole e con le spezie ben fuse. Si può certamente definire un bicchiere da bere adesso, molto composto e , seppur meno “prepotente” ha grande piacevolezza ed un ottimo equilibrio.

Dentro i bicchieri di Impeto (foto di Sara Marte)

Impeto 2005
Una primavera poco piovosa seguita da un agosto, settembre ed ottobre caratterizzati dalle giuste precipitazioni. Escursioni termiche molto importanti e grappoli raccolti ben concentrati . Colore vivace e vivo, esprime frutta croccante, fiori come la violetta ed una spezia molto ben integrata. Il tannino è giustamente presente ed il sorso è agile e succoso. Termina lungo. Pare sia tra i preferiti della sala. Io attendo ancora un paio di annate più in là!

Impeto 2004
Molto simile all’annata 2008, quindi una grande annata, ha una primavera giustamente piovosa, luglio e agosto secchi seppur rinfrescati da lievi piogge. Settembre caratterizzato da 30 mm di precipitazioni. Unica nota stonata fu l’ottobre oltremodo piovoso. Il naso si esprime con note di spezie e lievi sentori balsamici. Ancora si percepisce la foglia di tabacco. La frutta è sovrammatura ed il palato ha tannini presenti ed un sorso appagante. Un bel bicchiere di indiscussa materia e personalità.

Impeto 2003
(Eccolo!)Vicini alla 2007: annata secca e certamente anomala per questo territorio. Arriva poi ad Ottobre la pioggia. Il naso ha una grande intensità verticale. Parte riluttante e un po’ cupo , continua poi con sentori di goudron, china e note balsamiche. Ancora si ritrova la polvere di caffè e un sorso che esprime un tannino vivo e certamente un bicchiere molto vigoroso.  Per me il preferito.

Giusy Rapuano e Maurizio De Simone verso il coinvolgente finale di serata (foto di Sara Marte)

Impeto 2002
Inverno secco fino a marzo. Da maggio, piogge ininterrotte con temperature altalenanti. Purtroppo dando un’occhiata al panorama enologico generale si può parlare di un’annata che ha prodotto vini poco espressivi. Maurizio De Simone la definisce drammatica. Il naso ha frutta sotto spirito e si propone con sentori abbastanza evoluti. Poi il sorso ti sorprende con un tannino che ha ancora voglia di farsi sentire ed un bicchiere che in fondo è aiutato dalla forza dell’aglianico che tira fuori il coraggio anche nelle condizioni più difficili.

Impeto 2001
Certamente un’ottima annata. Primavera sufficientemente piovosa.  Il naso ha sottobosco, spezie e frutta sottospirito tutto in buon equilibrio. Man mano che sosta nel bicchiere si esprime con bella complessità. Ancora note balsamiche, l’eucalipto ed il cuoio si susseguono fino ad un sorso di tannino ancora vivo. Davvero una gran bella prova per la prima annata in uscita di quest’azienda. Mi sa però che qualcuno ci ha insegnato a non stupirci del risultato!

L’ottimo vino, declinato nei dieci anni di cantina, ha fatto il salto oltre il bicchiere, lasciandosi alle spalle le bacche e le spezie, poichè capace di raccontare una storia. Questo l’ha reso unico.

Il primo articolo sul Mattino, 2004.

 

11 Commenti

  1. Bella serata. Bellissimo vino. Grandi personaggi. Bella ambientazione e bel racconto Sara. Brava. Ne siamo usciti tutti arricchiti. Grazie a Giusy e auguri come neo-donna del vino!

  2. Come giustamente sottolineato da Luciano, sono davvero rare le occasioni, nel panorama enologico campano, per ripercorrere, confrontando i relativi millesimi, un adeguato arco temporale di vita di un’azienda; e ieri sera non solo questo è stato possibile, ma ha visto sulla ribalta un vino davvero “speciale”, un Aglianico del Taburno vinificato secondo un metodo che definirei senz’altro ancestrale (niente diraspatura, pressatura soffice in quanto non meccanica, fermentazione in tini aperti, maturazione in cemento, lungo affinamento in bottiglia).
    Questo è Impeto, emozionante anche per chi ha lunga frequentazione di Aglianico nelle sue varie declinazioni; un vino che, al di là dei lusinghieri successi già mietuti, va sicuramente proposto e pubblicizzato oltre i confini regionali, in quanto emblematico delle vette cui un vitigno così ostico può giungere, anche nei primi anni di vita della bottiglia (il 2009 ha davvero una classe superiore!)

  3. Grazie a tutti voi, a Marina, a Luciano, a Pasquale e a tutti coloro che hanno partecipato alla serata. Grazie all’accoglienza e alla cordialità del ristorante Veritas e a Sara Marte che attraverso il suo racconto ci ha fatto rivivere per intero la bella esperienza di ieri sera. Grazie allo staff “Torre del Pagus” e alla mia famiglia

  4. Con quanta femminile delicatezza ha raccontato le emozioni che, con poche semplici parole, riesce a trasmettere la produttrice Giusy Rapuano.Che bel racconto. E poi dice proprio bene , sono la storia e la parte umana che rendono, oltre ogni degustazione un vino unico. Questo lo è.

  5. Ma che mi sono perso! che peccato! E’ stupendo questo percoso di vita e di vino. Prometto che starò più attento per poter condividere serate così intense . Complimenti.

  6. Ho avuto il grande piacere di degustare sia la bottiglia 2008, sia la 2007 che la 2006. Quello che colpisce della 2008 è quanto, nonostante sia un aglianico, si esprima complesso ma comprensibile al tempo stesso, con quelle morbidezze gustose e piacione. La 2007 , mi sento proprio di scriverlo, sapendo di andare controcorrente, pure a me piace come a lei e credo che sulla lunga possa dare grandi soddisfazioni, lasciando un po’ quella terra e quel sottobosco per ammorbidirsi con tannini più docili. La 2006 invece , seppur riconoscendo in essa un grande vino , non mi ha entusiasmato come le altre due bottiglie, così diverse ma intriganti.
    Bella degustazione.

  7. Una partecipazione così sentita fa sempre molto piacere. Vi invito a visitare l’azienda, ivigneti sono splendidi.

  8. Giusy è bravissima, i vini e la squadra di Torre Pagus sono entusiasmanti e rappresentano un bellissima realtà della vivacissima comunità dell’Aglianico del Taburno!

  9. Torre del Pagus è una storia di speranza nonostante il dolore, di rinascita, di una nuova etica rurale che vede protagonisti tanti giovani nel Sud. Gli unici che non soffrono di angosce e depressioni.
    Rivedere la 2001 fatta da Luigi in perfette condizioni è stata una delle più forti emozioni mai provate da quando mi occupo di vino. Grandiosa, da incorniciare per la sua perfezione stilistica, la 2005.
    Luigi è stato un ragazzo che aveva la nozione dell’importanza del tempo come valore aggiunto indispensabile nell’Aglianico. Il destino non gli ha regalato molto tempo, ma i suoi vini si stanno prendendo la loro rivincita grazie a Giusy, a Maurizio, il Maradona dell’enologia campana, e a un territorio in cui ciascuno ha fatto la sua piccola parte, un Sannio civile e pulito dove i rapporti umani contano ancora tanto e sviluppano un senso vero di comunità.
    E’ stato bello vivere tutto questo e rivedere i fili di una storia in cui ritrovo amici e amiche.
    Di tutto questo, sul Mattino di domenica 19 nella rubrica settimanale.

  10. Oggi ero ad Ariano Irpino ,altri 300 km fra andata e ritorno c’èra una manifestazione ed ho fatto un salto, ho rivisto e salutato con molto piacere il grande Mario Carrabs di cui mi onoro della sua amicizia da più di 15 anni e la splendida sempre al suo fianco Virginia, insieme grazie a Franco Archidiacono abbiamo assaggiato un pò di etichette, ma quella che più mi ha impressionato oltre al rosato 2011 di Nifo Sarrapochiello, è stato il Pagus etichetta nera adesso non ricordo l’annata ma ricordo la gradazione 15 gradi . Volevo complimentarmi con chi ha prodotto questo vino, bravi e non appena posso vado a trovarli in azienda.

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