Enfasi 2009 Fiano Cilento doc


Carmine Botti

AZIENDA AGRICOLA BOTTI

Uva: fiano
Fascia di prezzo: da 5 a 7 euro
Fermentazione e maturazione: acciaio

E che ne parlammo a ‘ffa. Di Carminuccio Botti si è già detto tutto, o quasi. A lui si devono, in massima parte, il rilancio e la riscoperta della vitienologia cilentana a cavallo degli anni ‘70-‘80, insieme con un ristretto manipolo di ex giovani volenterosi, tra cui Ciccio Rotolo, il papà di Alfonso. I vari Maffini, De Conciliis, Barone, ecc. sono arrivati dopo. Personaggio storico, con un background importante alle spalle, quindi, che ostenta sempre e comunque un atteggiamento umile, semplice e genuino.

 Nonostante qualche incipiente acciacco, dovuto all’età non giovanissima, è ancora in piena attività. Per sua fortuna la figlia Emiliana ed altri parenti si prodigano incessantemente, prestando la loro indispensabile collaborazione. Il posto è la stupenda, marinara e saracena Agropoli, in pieno Cilento agro, ittico ed eno produttivo, dove esiste da sempre un legame forte tra passato e futuro. Qui la storia infinita e primordiale nasce dai sogni degli uomini miti, schietti e ancora intenti a curvarsi fino a terra per zappare un terreno non sempre benevolo nei loro confronti. Una storia che è unione di affetti, amicizie, condivisioni, comprensioni e incomprensioni. Un’eco di lingue e di culture antiche che permea questo angolo di mondo benedetto.

In una calda mattinata di inizio settembre sono andato a fare visita a Carmine nella sua azienda agricola, dove produce anche un ottimo olio, frutta e verdura. Seduto in veranda a bere un aperitivo, sono rimasto particolarmente affascinato alla vista degli ordinati filari di vite che assediano, come soldati una trincea, il limitato spazio antistante la casa nei quattro lati. Sembra quasi che i turgidi grappoli d’uva pendenti possano essere raccolti direttamente dall’abitazione, stendendo semplicemente il braccio!  All’inizio di ogni filare è radicato un roseto che sorveglia e controlla come una vigile sentinella le uve nelle sue evoluzioni temporali, segnalando, se è il caso, eventuali malattie. Accanto, in divenire, si sta costruendo la nuova cantina, che sarà sicuramente più funzionale ed attrezzata. Intanto, in quella già esistente, sempre vicino alla casa e alla vigna, ferve tutta la preparazione per l’imminente vendemmia. Carminuccio, infatti, è molto indaffarato, quasi tarantolato e si comporta come un elastico: va e viene dalla cantina, dall’ufficio e dal vigneto. Per fortuna arriva poco dopo la figlia Emiliana, che solo per un attimo, però, può prestarmi attenzione, perché pure lei è molto impegnata. Arriviamo, quindi, subito alla degustazione dei vini, senza perdere ulteriore tempo.

L'azienda vista dall'alto

Assaggio naturalmente prima i bianchi, poi il rosato e i rossi, accompagnati da alcuni stuzzichini. Tutti, indistintamente, mi appassionano e mi conquistano. Adesso capisco perché questi vini hanno trovato così largo favore sul mercato regionale e nazionale. Si nota la mano fatata di Carminuccio, coadiuvato dall’enologo Marco Stefanini e dal nipote Pippo Greco, laureando in enologia. La bottiglia che decido di portare in risalto è quella del Cilento bianco doc Enfasi del 2009. L’uva è quella classica del Fiano cilentano, chiamata in loco “Santa Sofia”. Il terreno è sempre il solito: calcareo-argilloso, o flysch cilentano, sedimentato qui da millenni, tipico di questa zona collinare adiacente il mare. Anche la forma di allevamento del vitigno è il classico guyot. Per la vinificazione si procede ad una pressatura soffice delle uve precedentemente selezionate. La fermentazione si ottiene, poi, a temperatura controllata a circa 15-17 gradi in acciaio inox. L’affinamento prevede la durata di tre mesi sempre in acciaio e altri tre in bottiglia. La gradazione alcolica si attesta intorno ai 13 gradi.

Il risultato finale è un giallo paglierino brillante in bella vista. Profumi agrumati fini  ed eleganti, con note di ginestra, camomilla, gelsomino e frutta a polpa bianca. La bocca, poi, fa festa per l’ottima spinta acida che conferisce a tutto il palato una verve godibilmente fresca. Non manca, poi, una buona sapidità. Toni intrecciati di una dimensione finemente slanciata e una dinamica tenacemente incisiva, con chiusura integra e profonda. Gran bel bere, credetemi. Per l’abbinamento suggerirei subito una bella mozzarella di bufala campana grondante latticello o un caciocavallo fresco. Sta bene anche insieme con un risotto alla pescatora, scialatielli ai frutti di mare, frittura di pesce di paranza, legumi e verdurine. Chapeau!

Questa scheda è di Enrico Malgi

Sede ad Agropoli – Contrada Moio, 3 – Tel e Fax: 0974/822195 – Cellulare 3356737341 – [email protected]www.cilentovini.it – Enologo: Marco Stefanini – Ettari di proprietà: 5 – Bottiglie prodotte: 20.000 – Vitigni: Aglianico, Primitivo, Cilegiuolo, Sangiovese, Barbera, Fiano, Trebbiano e Malvasia bianca.

15 Commenti

  1. questo non l’ho provato mentre ho trovato ottimo l’impervio, un aglianico dal grande rapporto qualità prezzo.Purtroppo però nelle enoteche non sempre è facile trovarlo,al pari dei vini d altri produttori cilentani,forse dipende dal fatto che non ne fanno molto.Le 20000 bottiglie di Botti sono niente in confronto ai numeri di certi produttori irpini o sanniti.Vabbè,una scusa in più per scoprirle in loco,anche d’inverno.

  2. Oltre tutto questo vino ha un nome splendido. Oltre il fatto di essere figlio del Cilento. No? : ) Complimenti Enrico

  3. @Marco hai ragione, Botti produce altri ottimi vini, tra cui l’Impervio con un full di Aglianico, l’altro Aglianico tout court barricato, il rosato blendato con Aglianico, Sangiovese e Primitivo e due vini da tavola, un bianco assemblato con Fiano e Trebbiano e un rosso con lo stesso encépagement del rosato.
    @Monica (Piscitelli, o scognomata?), hai colto nel segno. Infatti, il nome del vino bianco Enfasi rievoca una dimostrazione, o meglio, un’esibizione (nel caso specifico proprio del vino in questione), che vuole mettere in evidenza l’appartenenza a questo meraviglioso territorio cilentano. Tieni anche presente che questa storica azienda è da sempre fedele al suo ideale primitivo nel produrre la stessa gamma di bottiglie dall’inizio. E questo, come sai , non è di poco conto, con tutte le mode che vanno e che vengono, anche in questo campo specifico. Abbracci.

    1. Enfasi 2009 Fiano Cilento doc : mai un vino con tale nome avrebbe potuto incontrare un “recensore” più
      appropriato!!! ;-))
      Si Enrico, la rece è , come al solito, precisa e puntuale, ma… qualche dato tecnico in più e un po’ di “romanzo” in meno non guasterebbe…filosofia slowine, Enrico!!!

  4. Carissimo ed imperdibile Lello, penso che dal punto di vista tecnico-cognitivo sia stato abbastanza esaustivo, anche se tu la pensi diversamente. Ad abundantiam, secondo me bisogna anche saper descrivere il territorio e, soprattutto, tratteggiare segnatamente il personaggio principale, così come mi hanno insegnato i miei maestri, in modo particolare il grande Antonio Ghirelli. Abbracci.

  5. Lello, la stessa domanda te la potrei fare io a proposito del Fiano Irpino. Io penso che, a parte qualche piccola sfumatura quasi tutti questi vini sono uguali. Con la differenza che quelli del Cilento sono molto diversi da quelli avellinesi, ma tra loro si somiglaino parecchio. Bisogna ammetterlo, comunque, in giro c’è una forte omologazione ed appiattimento. Anche se non tutto va a discapito della qualità intrinseca del vino prodotto. Ma questo, purtroppo, vale anche per altri vini, non necessariamente campani. Nel caso specifico, io salverei comunque l’areale di Arianiello che, secondo me, rappresenta il vero e unico territorio privilegiato per questa tipologia di vino. Tenendo, comunque, sempre presente che il Fiano si presta ad essere coltivato in ambienti e territori diversi, anche fuori della Campania, con risultati non certamente disprezzabili, anche se tu non vuoi ammetterlo…Abbracci.

    1. Altolà !!! Fai molta confusione, caro Enrico : punto primo l’areale Arianiello di Lapio è una delle tante zone nelle quali si estrinseca il carattere del Fiano di Avellino, che non mi stancherò mai di notificarti diverso dal Santa Sofia cilentano, e forse nemmeno una delle più caratterizzanti . Punto secondo non mi pare che ci sia tutta questa omologazione del gusto, soprattutto in Irpinia, dove si stanno facendo delle cose interessantissime in termini di crus , zonazioni, uso di lieviti autoctoni e quant’altro, ma mi risulta anche nel Cilento. Naturalmente come in tutti
      i settori, anche nella vitivinicoltura ci sono delle aziende che si impegnano riuscendo a fare delle cose molto particolari e caratterizzanti ed altre che vivacchiano facendo, sia chiaro, anche dei buoni prodotti, ma che sono fatti in “laboratorio” e con i sentori ” a comando”. Punto terzo tutti i vitigni si possono coltivare quasi in ognidove, bisogna vedere poi cosa ne esce, e se i cloni del Fiano di Avellino si definiscono autoctoni, una ragione ci sarà pure, che ne dici carissimo Enrico? Ma non fa niente, quasi quasi per rinfrancarmi dalla fatica mi vado a fare una bella percoca puteolana con un grande bianco. Indovina quale!!! ;-))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))

  6. Cattivello di un Lello, ma non ti accorgi che tu ripeti le stesse cose che vado dicendo io? Non solo il Fiano, ma io ho voluto apposta generalizzare, per affermare che ormai dappertutto e con tutti i vitigni autoctoni o alloctoni si fanno vini pianificati ed omologati. Naturalmente, come dici tu,e lo ribadisco pure io, ci sono, a seconda delle aziende e del prodotto che si vuole lanciare sul mercato, tante diversificazioni che riguardano i territori specifici. Bisognerebbe, comunque, sempre tener presente la qualità di quel prodotto che si vuole presentare. E qui io ho affermato che l’areale di Arianiello di Lapio (non solo Clelia Romano) esprime uno dei migliori Fiano in assoluto. Comunque, si potrebbe scrivere e parlare all’infinito, ma non sempre il confronto porta ad un incontro… Abbracci.

    1. ” E qui io ho affermato che l’areale di Arianiello di Lapio (non solo Clelia Romano) esprime uno dei migliori Fiano in assoluto”… E non è vero!!! Hai mai sentito parlare di Ciro Picariello, di Guido Marsella, di Villa Diamante, di Vadiaperti, e ultimanente dei crus di Filadoro, di Villa Raiano, di Cantine del Barone ecc. ecc., tutt’altri areali…poi se dici una cosa e ne vuoi intendere un’altra, beh fallo pure!!! ;-))

  7. Carissimo, amabilissimo e stimatissimo Lello, noto nelle tue parole un accenno di polemica fuori posto. Ma come,vuoi disconoscere che Clelia Romano, insieme con tutti quelli che hai citato tu ed in più ci metto anche Pietracupa e Rocca del Principe che tu hai dimenticato di menzionare, non faccia un grande Fiano? Per anni, e per fortuna lo è ancora, è stata la vessillifera di questa tipologia di vino, con premi, ricoscimenti ed altro che lesono arrivati da tutto il comparto vitivinicolo nazionale. Ma, non ti accorgi che è da tempo che sto affermando le stesse cose che dici tu? Il Fiano di Avellino, e lo ribadisco per l’ennesima volta, è insuperabile ed unico, va bene? Che poi lo faccia meglio Tizio o Sempronio è puramente accademico. Riabbracci.

    1. Probabilmente non sono felice nell’esprimermi . Il concetto che sto tentando di spiegare è che non sono d’accordo con te quando affermi che Arianiello sia meglio di Montefredane o che so, di Summonte o di Cesinali…
      non sto dicendo che Clelia Romano o Rocca del Principe o Pietracupa non facciano un buon Fiano(forse qualche anno fa erano a dei livelli un tantinello più alti), ma ti vorrei far riflettere sul fatto che la ragion d’essere degli areali è proprio la caratterizzazione di ogni singola zona o sottozona rispetto ad un determinato fattore, per cui sono tutti buoni, ma ognuno ha le sue specificità da far valere sul mercato, a seconda del gusto del consumatore più orientato verso la “mineralità terragna e fumè” dell’areale di Summonte piuttosto che verso “pienezza polposa” dell’areale di Arianiello, o verso l’elegante freschezza
      della zona di Cesinali, Contrada e Aiello…

  8. é proprio vero, il Cilento nasconde tante virtù, spesso poco conoscute, tra i piatti tipici e i vini, l’ospitalità dei luoghi si apre su un panorama tipico rurale, che ipnotizza i visitatori, per il piacere di vivere a contatto con la Natura.

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