Garantito IGP. Soda & Soda, ovvero bevande gassate


bevande gassate

di Kyle Phillips

Quel che (almeno per me) più attira delle manifestazioni come il Salone del Gusto a Torino sono i Laboratori del Gusto. Chi sfoglia il catalogo sarà sicuramente attratto dal confronto fra i grandi vini della Borgogna e quelli delle Langhe, o dalla scoperta di pregiati formaggi di malga invecchiati, o forse vecchi Champagne (compreso il dégorgement di una bottiglia durante il laboratorio, con una sciabola). Sarà forse meno attratto dalle bevande gassate. Ma se avesse provato curiosità – come ho fatto io un paio d’anni fa – si sarebbe trovato molto bene.
Per bevande gassate intendo bevande analcoliche imbottigliate, e la stragrande maggioranza di quelle in commercio adesso sono industriali e banali. Tuttavia esistono produttori artigianali, che si rifanno alle prime bevande introdotte e le loro offerte possono essere molto interessanti.


Le bevande gassate condividono, ci hanno spiegato, una radice comune coi gelati ed i sorbetti, mentre il nome Selz deriva da Seltzer, una città tedesca. Era già risaputo che si potesse ottenere una bevanda gassata aggiungendo bicarbonato di soda ad acqua ferma (da cui il termine acqua di soda), ma attorno a Seltzer usavano una tecnica diversa, immettendo ad elevata pressione l’anidride carbonica (CO2), prodotto di scarto della fermentazione, in vasche d’acqua per renderla gassata.
L’acqua gassata così ottenuta veniva distribuita ai farmacisti, che vi aggiungevano sciroppi per poi vendere le bevande come toniche rinfrescanti o curative. Quelli di Atlanta aggiunsero cocaina e cola alla loro acqua per renderla stimolante, chiamandola Coca Cola, mentre quelli che hanno sviluppato la Pepsi miravano, all’inizio, ad una cura per dispepsia.

Ma i produttori artigianali di gazzosa e chinotto esistono e con loro le cose possono diventare molto interessanti, principalmente perché non lesinano gli sciroppi. Secondo la legge italiana una bevanda a base di frutta deve contenere almeno il 12% del dato succo, ma loro ne mettono di più.
Il laboratorio del gusto è cominciato con un confronto fra chinotti artigianali. Erano tutti di varie tonalità di marrone aranciato, un colore derivato dal caramello o dallo zucchero bruciato. Per quanto riguarda gusto e aroma, il chinotto è un pochino desueto e ci si deve abituare; presenta note agrumate assieme ad arancia amara e un amaro molto intenso, quasi combattivo. Le bottiglie erano sorprendentemente variabili, con alcune relativamente delicate, e altre, in particolare una siciliana chiamata Polara, molto più amara.

bevande gassate

Dopo il chinotto ci hanno somministrato la gazzosa, che somiglia per certi versi alla limonata, e, se la concentrazione di frutta è sufficiente, è molto rinfrescante: lascia il palato pulitissimo, come fa un buon sorbetto al limone. In questo caso la frutta era di qualità perché Lurisia si serve di limoni amalfitani, gli stessi utilizzati per fare il limoncello, mentre Polara utilizza limoni siciliani altrettanto carichi di sapore.
Una cosa da notare per quanto riguarda la gazzosa è la sua maggiore versatilità rispetto ad altre bevande gassate; è una buona opzione per coloro che desiderano bollicine analcoliche che non sovrasteranno il cibo come può fare una cola, e si può anche servire fra portate come un sorbetto. Inoltre, alcuni la prediligono dopo piatti saporiti a base di pesce perché lascia il palato pulitissimo.
Una bella esperienza, sebbene abbia provato, mentre assaporavo le gazzose – le ho finite quasi tutte, trovandole molto più avvicinabili dei chinotti – una notevole tristezza per il fatto che negli anni ’50 i produttori italiani abbiano impoverito le loro bevande per aumentare i profitti. Se non lo avessero fatto, credo che al giorno d’oggi la gazzosa sarebbe tanto popolare quanto la famiglia dei cola.
Nel 1892 è stata inventato il tappo a corona e la produzione è aumentata a dismisura nel Regno Unito e negli Stati Uniti.
Ma non in Italia, dove i farmacisti hanno continuato a produrre sciroppi da aggiungere all’acqua gassata fino all’inizio degli anni ’20. La prima bevanda gassata italiana è stata la gazzosa, a base di limone. E’ stata introdotta fra le due guerre, come anche il chinotto, che viene prodotto da un piccolo agrume molto amaro chiamato chinotto (è tanto amaro da far pensare alla quinina, sebbene non ve ne sia). Il Chinotto è diventato popolare dopo la Seconda Guerra Mondiale, quando sono state anche introdotte altre bevande, fra le quali una prodotta dalla ditta Copacabana nell’hinterland milanese, chiamata Ginger, fatta con arance amare (niente zenzero) e ispirata a Ginger Rogers.
A dire il vero, il futuro pareva roseo per i produttori italiani: i prodotti erano buoni e di carattere. Purtroppo, per aumentare lo share gli industriali abbassarono i prezzi (e, riducendo la quantità di sciroppo, i costi). Dato che costavano poco le bevande avevano mercato, ma con l’arrivo delle più saporite bevande americane negli anni ’50 e ’60, i consumatori preferirono i nuovi arrivati.
La situazione è rimasta pressoché invariata da allora; la stragrande maggioranza delle bevande gassate nei supermercati italiani moderni è a base di cola, con minori quantità di aranciata e limonata. Qualche gazzosa, e qualche chinotto, ma poco più. Per farla breve, i produttori italiani di bevande gassate si sono dati la proverbiale zappa sui piedi, e non si sono mai ripresi del tutto.

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