Genzano di Roma, da Pietrino e Renata, cucina schietta dei Castelli


Pietrino con la figlia Claudia

Pietrino con la figlia Claudia

di Virginia Di Falco

Genzano è un piccolo comune in provincia di Roma che rientra nella zona dei Castelli, quella tradizionalmente preferita dai romani per i pranzi della domenica. Con i suoi paesaggi campagnoli immortalati per sempre nelle opere meravigliose di Jean-Baptiste Camille Corot nel suo Grand Tour di metà Ottocento, offre ancora oggi scorci suggestivi e più di qualche motivo per organizzare una gita fuori porta.

Corot Panorama di Genzano

J-B. C. Corot, Panorama di Genzano, 1845

Uno di questi motivi è senz’altro l’osteria di Pietrino e Renata, ristoratori dal 1972 nel centro del paese. Lasciata da qualche anno la vecchia sede, sono ora in un grande locale rivestito di mattoncini che una volta era stato una grande cantina. Tanti posti a sedere ma i tavoli sono ben distanziati e apparecchiati con allegre tovaglie, tutte diverse, a quadri e righe. Arredo e complementi rustici come ci si aspetta in un’osteria dei Castelli e, soprattutto, con oste vero, Pietrino: rotondo e sornione che si muove tra cucina e sala, insieme alle figlie Claudia e Giorgia.

Pietrino e Renata, scorci della sala

Pietrino e Renata, scorci della sala

Pietrino e Renata, il pane di Genzano

Pietrino e Renata, il pane di Genzano

Ai fornelli la moglie Renata, «mani d’oro» come ebbe a scrivere giustamente Gianni Mura nella sua rubrica del Venerdì di Repubblica: cucina solida e sapori della tradizione con i quali chiunque abbia superato gli ‘anta’ ha costruito il suo immaginario di cucina romanesca.
Antipasto classico di affettati e sfizioserie locali accompagnato ovviamente dal famoso pane casereccio di Genzano IGP, dalla crosta ben cotta e croccantissima e con la mollica molto leggera. Il menu è bello ricco, esposto fuori all’ingresso mentre dentro viene recitato a voce da camerieri che appartengono alla ‘vecchia scuola’, quella della cortesia e della solerzia accompagnate dalla battuta sempre pronta.

Pietrino e Renata, pappardelle gallinacci e zucchine

Pietrino e Renata, pappardelle gallinacci e zucchine

Tra i primi piatti occupano senz’altro il primo posto le pappardelle fatte a mano, ruvide e irregolari, tenaci il giusto, sia nella versione in bianco, con gallinacci e zucchine, che quella in rosso, al ragù di lepre. Molto buoni anche i pici con i porcini in carbonara e le fettuccine con le rigaje di pollo. Piatti ben conditi, senza dubbio robusti, ma con carattere e sapore.

Pietrino e Renata, pappardelle al ragu di lepre

Pietrino e Renata, pappardelle al ragu di lepre

Pietrino e Renata, pici con carbonara di porcini

Pietrino e Renata, pici con carbonara di porcini

Pietrino e Renata, impiattamento al tavolo

Pietrino e Renata, impiattamento al tavolo

Tra i secondi piatti si impone la carne, con una griglia sempre accesa. Fa eccezione il coregone (i laghi di Albano e di Nepi sono a due passi) che viene utilizzato anche per i primi piatti.
Grigliate miste, dunque, ma anche abbacchio a scottadito, coda alla vaccinara, fegatelli di maiale, coratella con carciofi quando è stagione. Quinto quarto in tutte le sue declinazioni, qui i fan della paiata, ad esempio, non resteranno delusi. Ma anche un discreto coniglio porchettato, saporito e tenero nonostante il tratto ruspante.

Pietrino e Renata, abbacchio a scottadito

Pietrino e Renata, abbacchio a scottadito

Pietrino e Renata, coniglio porchettato

Pietrino e Renata, coniglio porchettato

Da non perdere, infine, una delle trippe alla romana più buone mai provate: cottura riuscita, ottimo pomodoro, giusta quantità di pecorino, con la mentuccia un po’ annerita proprio come nella cucina di casa, quando le erbette servivano a dare sapore e personalità al piatto, non erano insomma solo un decoro da aggiungere alla fine.

Pietrino e Renata, trippa alla romana

Pietrino e Renata, trippa alla romana

Si chiude con dolci della casa e un conto che si attesta sui 30 euro a persona.
Nel complesso una esperienza soddisfacente perché sapori e atmosfera sono proprio quelli che ci si aspetta da un’osteria tradizionale; si sta rilassati e si affronta col giusto spirito una carta dei vini con qualche etichetta locale e vino della casa servito nelle brocche di vetro. Guardare i camerieri impiattare la pasta al tavolo è sempre uno spettacolo; le patate al forno sanno di rosmarino e di casa, fretta e caos restano fuori, a debita distanza. Chissà, forse la coperta di Linus è un patchwork. E alcuni pezzi sono in posti come questi.

Pietrino e Renata, patate al forno

Pietrino e Renata, patate al forno

Pietrino e Renata
Via Generale Lordi, 70
Tel. 0697249478
Aperto a pranzo e a cena
Chiuso lunedì
www.pietrinoerenata.com

 

8 Commenti

  1. C’è molta fuffa nella ristorazione italiana: e, addirittura, alcune proposte presentate con enfasi sui food blog sono dei veri bluff.

    Questa recensione è, per certi versi, simile a quella del Cilento, la locanda del barone.

    Non c’è bluff.
    Non c’è fuffa.

    E’ una ristorazione non tanto di moda.

    Ma la sento VERA.
    Qui non ti prendono per c…

    Complimpimenti ai 2 autori.
    E complimenti ai ristoratori.

  2. Quanto tempo che ci manco………ma credo fosse ancora la vecchia sede…..brava davvero Virginia.

  3. Perché contrapporre sempre queste trattorie con l’altra (e anche alta) ristorazione, in un continuo, quanto vano e inutile, gioco di epiteti che si riassumono nel bluff contro verità, nella moda contro la tradizione… Ci sono mode e tradizione, bluff e verità nella ristorazione, anche la più alta, come ci sono nelle trattorie (dove il bluff impera a destra e a manca): sarebbe ora di capirlo e forse accettarlo. Non è mai troppo tardi. Così come saper trovare e raccontare (e sottolineo “sapere”, ché mica le cose accadono per caso…) pezzi di tela e di cuore come questi, che, anche attraverso la sola descrizione (a proposito quando uno è bravo è bravo, alla faccia dei patentini…), non possono fare che bene.

    1. Fabrizio,ti racconto una storia:ci sono 2 amici e uno chiede all altro “Pascà ma secondo te con le donne conta più averlo lungo o saperlo usare?”…..”Sicuramente saperlo usare Vincè”…….”Lo sapevo,un altro che o ten piccirillo”.
      Versione moderna della fiaba della volpe e l uva…..e comunque (e non mi riferisco al pezzo qui sopra ma un discorso generale) chi scrive bene ma non ha conoscenza del cibo (studio,non patentini) è un bravo scrittore ma la critica gastronomica seria presuppone conoscenza del cibo.E non si ha per grazia infusa.

      1. L’ennesima spocchiosa, sorda, riduttiva osservazione del cazzo. Letteralmente. E non parlo in generale ma proprio del tuo commento, Marco. Stammi bene.

        1. Fabrizio sei tu che con pervicacia degna di migliori fini, non perdi occasione per ribadire che non serve studiare per scrivere di cibo (ossia sfruculei a mazzarella…)…e fai pure l’offeso se uno ti risponde……bè, almeno quando ti incazzi, si capisce bene cosa hai voluto dire…..ed è già qualcosa…..stammi bene.

  4. “Ci sono mode e tradizione, bluff e verità nella ristorazione, anche la più alta, come ci sono nelle trattorie (dove il bluff impera a destra e a manca)”(F Scarpato)
    Mi fa piacere che il mio commento abbia stimolato questo pensiero, che condivido totalmente.
    .
    ” sarebbe ora di capirlo e forse accettarlo” (F Scarpato)
    Questo vale per TUTTI. Per me, come per il critico più famoso o i FOOD BLOGGER più rinomati.
    Voglio VEDER TRADOTTI nei fatti(articoli, post, recensioni ecc…) queste parole.

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