Giù al Nord la migliore pizza si mangia a Legnano (MI) da Bruno de Rosa


– del Guappo del Faro –

Ormai sono anni che se ne parla in tutte le lingue, ma lui, Bruno de Rosa ha il pedigree in ordine e nulla da temere, perchè è  originario di Tramonti, mica di Livigno. E allora vogliamo sdoganare definitivamente questa Pizzeria al rango che gli compete? Questa è una pizza meravigliosa, con le mille variabili che questo cibo può sopportare o gradire, partendo da dozzine di diverse farine assemblate in altrettante miscele, se è vero che in origine non si poteva pretendere di avere sempre a disposizione una determinata farina piuttosto che dieci rimanenze frutto di cereali diversi.

Bruno de Rosa

Se è inoltre vero che la farina va impastata con acqua e deve venire messa a lievitare,  e preferibilmente a lungo , o no ? Bene, allora su questo tema a Bruno non glielo mena nessuno,  perchè arriva a far sonnecchiare i suoi impasti anche diversi giorni prima di sottoporli alla prova del fuoco. Ho scritto prova del fuoco, siamo a Legnano, cittadina della signora della Prova de Cuoco,  la Clerici , riferimento quindi non compatibile, neanche con la Pizzeria cult della cittadina piazzata sulla rotta Milano Varese, quindi meglio specificare.

Se è anche vero che gli ingredienti aggiunti in cottura sull’impasto steso a mano si dovrebbero “fondere” e piacevolmente confondere con la base che si muove dolcemente a contatto col calore,  e allora anche su questo tema a Bruno non gli deve insegnare niente nessuno, perchè i suoi bellissimi impasti si aprono disponibilmente come cortigiane provocando bolle e anfratti, dove i formaggi, gli oli, le verdure, i salumi, le erbe e i profumi del mare andranno ad infilarsi creando quella simbiosi che è la magia della pizza orgasmica.

L’unico vezzo di Bruno sono le aromatizzazioni naturali degli impasti, che possono variare dal finocchietto allo zafferano, dal peperoncino alla scorza di limone, ma senza invadenza,  come farebbe una bella signora per non annoiare il suo compagno abituale, eccitandolo solo con un delicato profumo che sia ricordo del mediterraneo o della cultura del nord.

... nell'attesa...

in bianco, al finocchietto selvatico o con mais otto file

Le versione ultraclassiche ovviamente sono ugualmente proposte, ma non è questo il punto. Non è filologico il punto cruciale.  Il punto è che  quando ti avvicini a queste pizze vieni inesorabilmente attratto dal profumo delle nobili e costose  materie prime usate, che unite alla  fragranza spontanea del loro sostegno invita all’assaggio plurimo e continuato.

Dimenticare sensazioni dolciastre o ultra sapide, dimenticare lattosio o elementi lievitanti ambigui.

Niente, il sapore sarà quello del solo impasto messo a cuocere , quello che riapre la porta dei sapori primari, tutti quelli che dovrebbe avere un impasto lievitato e cotto in forno con i condimenti prescelti , senza altre deviazioni aromatiche fasulle.

Stavolta ne abbiamo messe sei sul tavolo, a partire dall’abbinata di “bianche” , una al finocchietto selvatico e l’altra al mais otto file, solo per accompagnare qualche fetta di prosciutto di Cinta Senese, per poi sperimentare una “cecina” , di farro e farina di ceci, che farebbe la felicilità di qualsiasi intollerante al frumento senza togliergli un grammo di piacere gustativo e di pari fragranza. Fragranza, non croccantezza o biscottatura, questa è una pizza cotta, cotta bene, che rivela fragranze vere e non biscottature eccessive o spiacevoli mollezze rivelatrici di cotture troppo frettolose o di eccesso di elementi liquidi e acquosi che ne comprometterebbero le buone consistenze. Quel che desiderate sia poi la caratterizzazione, la personalizzazione, diventa quasi una tappa secondaria rispetto allo splendore di un pane buono, di qualsiasi tipo di farina sia figlio.

Però, però l’ultima delle sei arrivate ce la siamo mangiata in un lampo, un grande spicchio a testa, nonostante le cinque precedenti, perché la napoletana fatta con queste materie prime vale il viaggio: l’impasto appena aromatizzato al finocchietto selvaggio e poi via in un trionfale percorso tra San Marzano e Pachino, fiordilatte a fette, una spruzzata di parmigiano, olio aromatizzato all’aglio e basilico , alici del Cantabrico, origano di montagna.

Giù il cappello, e se non vi sembra tutto ciò abbastanza napoletano ci sono anche i dolci di Salvatore de Riso in carta, e anche una diligente pastiera napoletana fatta in casa.

Allora, glielo diamo il passaporto di pizzaiolo doc  a Bruno de Rosa?

gdf

RISTORANTE PIZZERIA MONTEGRIGNA
Via Grigna, 10/12
20025 – Legnano (MI)
0331.546173
Chiuso il lunedì

14 Commenti

  1. Leggendo GM pochi post fa pensavo peggio :-)))))))))))). Invece Roberto sei sempre inappagabile, con qualsasi mise ti presenti. Visto che Legnano è vicino a Gallarate, dove a fine mese debbo ritornare per affetti familiari e/o professionali, sicuramente farò una capatina là. Non ci hai parlato dei prezzi, comunque. visto che quasi tutte le pizzerie di quella zona milanese-varesotta che conosco io praticano prezzi abbastanza elevati. Abbracci.

  2. E certo che si!!! E’ una delle poche volte che non vedo una pizza made in Padania, sottile e croccante, ma soffice e fragrante, come scrivevi tu, caro Roberto’. E cioè come dev’essere una vera pizza napoletana!!!
    Bruno de Rosa? Mah, ” questo cognome non mi è nuovo”…
    P.S. Ma la pizza aromatizzata al gin-tonic non la fanno? ;-))

  3. … i prezzi partono da 8-9 euro in su, e alcune speciali sui 14-15 euro , meglio andarci a pranzo comunque, la situazione è più calma…

    1. Esatto, meglio andarci a pranzo per godersi appieno la pizza e il resto.
      Abito a 150 metri e ci vado spesso. Le pizze sono eccellenti, impasti super e materie prime introvabili in altre pizzerie della zona e non solo.
      L’unica cosa che a volte ‘stressa’ un pochino e’ l’attesa infinita in tante occasioni serali e l’entropia che purtroppo si genera a causa del loop in cui casca il personale di sala, travolto dalle troppe ordinazioni per sfornate (molto) lente.
      Forse il bravo Bruno dovrebbe, almeno nei momenti di maggior affollamento, delegare la cassa ai suoi collaboratori, evitando cosi’ accumuli di secondi, minuti, ore che si riversano sui tavoli in attesa.

      Pizza super comunque!

      1. Confermo quanto dice Gianluca. Ci sono stato una sola volta e ammetto di aver goduto immensamente. Notte passata egregiamente, nonchè mattina seguente, che per un iper intollerante al lattosio come me, è una prova fondamentale. Ma non ci sono più ritornato. Un’ora e tre quarti di attesa, anzi, forse due ore, mi snervò. Nel locale poi il rumore è notevole.

  4. Concordo con l’autore, ottima pizzeria (chiamata anche TRIC TRAC il vecchio nome della pizzeria quando era in centro a Legnano) che utilizza ottimi ingredienti (solo una scelta incomprensibile: come mai le alici del cantabrico e non quelle stupende di Cetara e la sua colatura? e qualche mancanza nell’assortimento dei vini tipo il Gragnano) per il resto ne vale veramente la pena!!!
    L’attesa spesso lunga (evitare il fine settimana) , dovuta anche al fatto che spesso il buon Bruno fa anche da cassiere, (mi viene in mente il film di Totò dove un giovanissimo Carlo Croccolo chiede se lo stipendio decurtato è quello di cuoco, cocchiere o cameriere…) è compensata da una pizza deliziosa, addirittura alcune tipologie come la Zeus sono più buone tiepide.
    Per chi transita da quelle parti una sosta è vivamente consigliata, si trova ad un paio di chilometri dall’uscita autostradale di Legnano.,

    CARPE DIEM

  5. Ah ecco, come Tric Trac mi era nota, anzi notissima. Le pizze sono belle, forse poco cornicionate leggermente unte, ma vorrei sapere della prova definitiva: come si passa la notte.
    Come diceva Maffi ieri a proposito di un locale lucchese, rivendicare lievitazioni di 72 ore, materia prima eccellente, non basta se poi la digestione è difficile. Tra l’altro forse si potrebbe distinguere tra arsura, per scarsa lievitazione, e pesantezza. O sono la stessa cosa? Lieviti ancora vivi e affamati lavorano e chiedono acqua anche molto tempo dopo la consumazione: non gliene frega niente se sul tavolo del pizzaiolo o nel nostro stomachino.

    1. La digeribilità dell’impasto è ottimo nonostante alcuni ingredienti di farcitura non siano di semplice assimilazione (colatura etc), non ci si alza a bere nella notte ed il giorno dopo si ritornerebbe volentieri.
      Personalmente l’unica cosa che mi tiene lontano dalla pizzeria è il suo rumore ed l suo affollamento ma il mio stomaco ci ritornerebbe volentieri più spesso.
      Le foto, soprattutto la prima, rendono onore al risultato del bravo e paziente pizzzaiolo di Tramonti.

  6. Guappo mi hai convinto. Vuol dire che invitero’ maffi sempreche’ accetti l’invito.

  7. A me puiace tanto la “fantastica” di grano enkyr e quella bianca con le noci nell’impasto ed il prosciutto cotto.

  8. ho solo qualche dubbio riguardo alle aromatizzazioni. cioè se si sentono poco a che servono ? e si sentono molto ,che c’azzeccano ? una spiegazione un poco piu’ complessa la vorrei ,gdf ,su questo tema, se possibile. .

  9. Hai presente la delicata finezza dell puligny di mercoledì?

    le aromatizzazioni delle farine sono rapportabili a ciò.

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