Birra calabrese: dieci realtà da imparare a memoria


il luppolo

il luppolo

di Giovanni Gagliardi

Spesso in Calabria, per sopperire magari a difficoltà produttive, ci rifugiamo nei “tempi che furono”, nel glorioso passato, quasi a giustificarci delle mancanze dell’epoca che viviamo. L’esempio più lampante è la promozione del vino e del Cirò in particolare. Per anni si è fatto riferimento all’epoca della Magna Grecia e a quella storia, magari anche vera, secondo cui gli atleti greci venivano premiati con il Krimisa, l’attuale Cirò appunto.

Anche nella birra a quanto pare è avvenuto qualcosa di analogo: la fondazione, da parte di benedettini calabresi trasferitisi in Belgio, del primo corpo da cui sorse in seguito l’Abbazia d’Orval, luogo divenuto icona nella storia brassicola, e la dedica al Santo protettore calabrese Francesco di Paola che sta nel nome della Franziskaner.

Oggi un nuovo fermento sembra voler scrivere, dentro i confini di questa regione, un capitolo che traccerà importanti cambiamenti, partendo anzitutto da una gran voglia di fare.

Per comprenderlo bisogna risalire alla fine degli anni Novanta. In principio era un brewpub, il Titanic di Lamezia Terme, nato proprio nel fatidico 1996, anno di fondazione del movimento italiano: è da lì che sono partite a macchia di leopardo in tutta la regione piccole prove di homebrewing, poi sfociate nella fondazione di microbirrifici.

Di questa dinamica non fa parte la storia, comunque cruciale, dei fratelli Barritta di Spilinga, Pasquale e Francesco, che come tanti giovani calabresi negli anni ‘60 si spostarono all’estero per cercare fortuna, trovando impiego in New Jersey nel microbirrificio Heavyweight Brewing sotto la guida del mastro birraio Tom Baker. Un’esperienza che, come da loro stessi poi ammesso, gli permise di maturare quella “tranquillità spirituale che ci portò a tornare e stabilirci nella nostra terra di origine”. L’emigrazione insomma come percorso catartico che produsse nei due fratelli la voglia di ripercorrere la strada al contrario portando con sé quella conoscenza tecnica che gli permettesse di replicare ciò che avevano imparato oltre Oceano: produrre birra. Se non si contano dunque il Titanic, l’Orval e la Franziskaner, il primo esperimento birrario calabrese dell’era moderna è proprio quello dei Barritta a Spilinga con il Birrificio Cunegonda, che nel 2005 comincia a produrre le prime birre e, nel 2006, ne inizia la commercializzazione.

Negli stessi anni prende avvio anche la collaborazione tra l’appassionato homebrewer Loconte di Catanzaro e la famiglia di Annetta Giglia, titolare di un pub sulla costa jonica in cui si sperimentavano cotte per uso privato: nel 2006 viene allestito un birrificio con una sala cottura importante, che dà ufficialmente inizio a questa nuova produzione calabrese. Oggi i vecchi soci si sono separati, ma la famiglia Giglia continua sotto l’insegna Esperia la produzione di una piccola selezione di birre (una lager chiara e una ambrata, una ale scura e, d’estate, una Weiss) pensate e realizzate per un’esperienza di bevibilità immediata.

A San Lucido, dall’altra sponda della Calabria, nel 2009 nasce Gio Bi, con la doppia anima di microbirrificio e brewpub, che gioca con produzione e comunicazione sul valore della calabresità e della propria identità agricola: tra le tante birre si fa notare la “Birra Ardente”, realizzata con il peperoncino per cui i calabresi sono famosi. Queste due esperienze imprenditoriali segnano l’epoca dei pionieri calabresi, gettando le basi di un fenomeno che negli ultimi due anni è esploso in regione con la nascita di quattro nuovi birrifici e una beerfirm.

birra Brass Weiss

birra Brass Weiss

Ma andiamo con ordine.
Nicola Ferrentino prova e riprova in casa, per più di quattro anni, per perfezionare la sua idea di birra. Nel 2012 decide di fare il passo fuori dalle mura domestiche e fonda il birrificio Limen Brewery, laboratorio situato a Siderno, in provincia di Reggio Calabria (sul confine nord, il “limen” appunto in latino, tra le Serre catanzaresi e l’Aspromonte). Nicola è un giovane che ha investito nella sua passione e i primi risultati sono già importanti: la Wit, la Pale Ale e l’American IPA, legate con vigore al taglio angloamericano senza disdegnare la contaminazioni con altri stili.

Troviamo una storia simile a Zagarise, nella Sila catanzarese, dove sempre nel 2012 un altro giovane, il trentenne Anselmo Verrino, fonda la Gladium. Tutto era nato in casa con le prime prove e le prime cotte, poi la voglia di fare lo ha portato a frequentare i corsi del Centro di Eccellenza per la Ricerca sulla Birra di Perugia e a cercare la formazione pratica con stage in microbirrifici italiani. Anselmo ha il suo birrificio in un angolo di Calabria dove si dice ci sia l’aria più pura d’Europa, condizione certificata dal laboratorio Nanodiagnostics di Padova. Se a questo punto di forza si aggiunge l’acqua incontaminata che arriva direttamente dai monti, le birre Gladium possono vantare un primato assoluto in qualità di materie prime. Il birrificio produce quattro etichette: la Hera, una belgian golden ale; la Whitelady, una hefeweizen; la 1059 O.G., anch’essa belgian golden ale; e infine la Symphony, una belgian dark strong ale da 8,0% vol.

Un po’ più a nord si trova Blandino, nel territorio che un tempo era quello del Marchesato Crotonese, caratterizzato da molti corsi d’acqua provenienti dalla Sila e dalle colline mozzafiato che diradano verso lo Jonio tanto care a Pasolini, il quale volle ambientarci uno dei suoi film più rappresentativi: il “Vangelo secondo Matteo”. In questa zona straordinaria, ma periferica anche rispetto alla Calabria stessa, Amedeo Blandino, a Strongoli, dopo essersi occupato per qualche anno dei terreni di famiglia impiantati a vigneto e uliveto, ha fatto una scelta radicale lasciando tutto per diventare mastro birraio. Si è iscritto anche lui al Centro di Eccellenza per la Ricerca sulla Birra di Perugia, facendo poi esperienza presso il birrificio della BBC Inox a Treviso, l’Acelum. Tornato in Calabria ha ottenuto l’autorizzazione per fondare il proprio microbirrificio, passo che gli sta consentendo di sperimentare e firmare una gamma di birre artigianali anche fortemente caratterizzate dal punto di vista territoriale. Con il suo birrificio Blandino produce due birre: una belgian ale da 4,8° alc. chiamata Denis e la Fraden, una tripel di 11° alc.

Accanto a questi tre giovani alfieri della nouvelle vague calabrese, occorre citare altri due eclettici personaggi della scena regionale: Eraldo Corti e Francesco Donato, brewers molto diversi fra loro, anzi speculari per alcuni versi; introverso e riflessivo il primo, espansivo e dinamico il secondo. Per anni hanno solcato il terreno vergine della birra bruzia, favorendo la formazione di un pubblico di appassionati calabresi. Francesco, riconosciuto come uno dei giovani più attivi della scena birraia meridionale, ha dato vita alla beer firm Calabrewers in partnership con Rocco Caridi (titolare de La Cantina del Macellaio) e Gaetano Ungaro (che si occupa di distribuzione di food&beverage). Francesco e Rocco avevano inoltre già collaborato assieme ad altri soci in Malto Gradimento, ristorante-pub dedicato alle artigianali nel centro di Reggio Calabria. Per il momento la produzione è concentrata su di una golden ale (4,2°) realizzata con malti e luppoli inglesi e con aggiunta in fase di bollitura di scorze essiccate di bergamotto provenienti dalla Calabria grecanica, antico agrume di cui si hanno tracce nel territorio reggino fin dal XII° secolo.

Eraldo Corti scopre il mondo dell’Homebrewing – con relative prime sperimentazioni – alla fine degli anni ’90. L’interesse e la passione s’intensificano fino a spingerlo a creare un sito internet (nabbirra.net) per trovare altri beer lover sul territorio. Nel 2008, con l’aiuto prezioso della moglie Maria Luisa, avviene il grande salto: la fondazione di Nabbirra, primo beershop di Cosenza. Pian piano, in un territorio completamente vergine, l’interesse verso la birra artigianale cresce anche grazie al loro prezioso lavoro di educazione: da poco i coniugi si sono trasferiti in un locale più ampio dove, oltre alla mescita della Riulì e di altre 400 etichette, è possibile degustare e abbinare le etichette a specialità del territorio. La Riulì di cui si diceva poc’anzi è la prima birra di Eraldo, prodotta in un birrificio campano su ricetta originale ad alta fermentazione, rifermentata in bottiglia sull’idea di una American Pale Ale e realizzata con una luppolatura poco “ortodossa”.

Eraldo Corti birraio di ‘A Magara

Eraldo Corti birraio di ‘A Magara

Nella sua attività di publican Eraldo ha avuto la fortuna di incontrare i Ferrini Ventura di Nocera Terinese, imprenditori marco-calabresi che in Calabria hanno avviato una nuova azienda agricola. Marco Ferrini, agronomo, ha infatti scelto di emigrare “al contrario” verso sud intraprendendo una strada eclatante e rivoluzionaria: arricchire un’azienda agricola a produzione integrata con una locanda molto raffinata che completa l’intera filiera di produzione, dal campo al piatto.

Da questa sfida è nata CalabrialCubo, che oggi rappresenta un esempio di eccellenza regionale di produzione, ristorazione e ospitalità. Grazie al rapporto anche di amicizia nato tra i Ferrini ed Eraldo Corti, la spinta verso la costruzione di un microbirrificio è inesorabile, con il nuovo connubio consolidato con Alchimia Calabra e il progetto ‘A Magara. Il birrificio di nuova costruzione si trova all’interno dell’azienda agricola Fangiano, accanto al frantoio e al laboratorio per la produzione di sottoli. L’azienda da qualche anno coltiva anche luppolo. Il territorio è la chiave di lettura di questo percorso e si esprime sia nell’utilizzo di materie prime locali (come l’arancia), sia con la ricerca di un gusto che sostenga gli abbinamenti ai piatti della tradizione gastronomica del territorio.

 

SE LA BIRRA INCONTRA IL BERGAMOTTO

Parlando di birre territoriali, ovvero di quei prodotti capaci di raccontare un territorio, non possiamo non citare, in terra calabra, la Beergamot. Presentata ufficialmente a dicembre del 2013, è stata la prima birra del progetto reggino Calabrewers. Ispirata alle golden ale, si presenta di un bel colore dorato con schiuma compatta e persistente. Una volta versata nel bicchiere mostra sfacciata la sua aromatizzazione fresca e stuzzicante portata in dono dalle scorze di bergamotto provenienti dall’Azienda Agricola reggina Paolo Papalia, che ben si fondono a note erbacee. Tanta tanta freschezza che ritroviamo anche in bocca, dove ritornano a danzare le note citriche. All’assaggio è scattante e leggiadra, aromatica ma non stancante, con la sua gasatura cremosa, la secchezza finale e il grado alcolico contenuto (4,2° alc.). Pregi che hanno convinto Slow Food a riconoscergli, nell’ultima edizione della “Guida alle birre d’Italia”, il premio di Birra Quotidiana, che menziona quei prodotti particolarmente apprezzati per equilibrio, semplicità e piacevolezza.

 

1. A Magara
Contada Fangiano snc
88047 Nocera Terinese (CZ)

2. Birra Olimpo Artigianale
Via dei Maniscalchi 2
87012 Castrovillari (CS)

3. Blandino
Viale delle Viti Aminee, 3
88815 Strongoli Marina (KR)

4. Brasseria del Borgo
Via Manzoni 4
89038 Palizzi Marina (RC)

5. Calabrewers
Via Giuseppe Melacrino 32
89125 Reggio Calabria (RC)

6. Cunegonda
Contrada Sant Onofrio
89864 Spilinga (VV)

7. Esperia
Via Lorenza Anania, 3
88100 Catanzaro (CZ)

8. Gio’ Bi
Via Strada Prov. snc
87038 San Lucido (CS)

9. Gladium
(Birrificio Artigianale della Presila)
Via Roma Seconda Traversa n° 5
88050 Zagarise (CZ)

10. Limen
Via Circonvallazione, 78
89048 Siderno (RC)

 

Articolo pubblicato su Fermento Birra Magazine