Hamburger artificiale, indovinate perché tutti lo chiamano Googleburger


Hamburger artificiale

Forse è iniziata la rivoluzione alimentare promessa dall’ideatore di questa speciale polpetta di carne, lo scienziato Mark Post, dell’università olandese di Maastricht, che ha realizzato l’hamburger di manzo coltivando in laboratorio cellule staminali prelevate dal muscolo di un bovino.
«Pensavo che fosse più morbido in consistenza, c’è qualcosa di intenso nel gusto», ha detto la critica gastronomica Hanni Ruetzler. La  degustazione – in realtà un importante esperimento scientifico costato 250 mila euro – è stata presentata in diretta con milioni di persone che la seguivano in tv e internet da tutto il mondo. Due cuochi hanno servito il piatto con la carne fatta in laboratorio, accompagnata, come si raccomanda per ogni hamburger, da pane, lattuga, e pomodoro a fette.

Sergey Brin

 

Il colore sembrava proprio quello rossastro inconfondibile della carne, sebbene – hanno precisato cuochi e scienziati che hanno lavorato nell’ultima fase del progetto a stretto contatto – siano state aggiunte spezie per ravvivare la tinta tendente al grigio.

Per arrivare sino a qui sono serviti lunghi anni di ricerche. La scienza delle cellule staminali ha permesso di moltiplicare migliaia di filamenti che poi sono stati uniti creando la speciale polpetta. I detrattori lo hanno già chiamato  «frankenburger», per sottolineare come si tratti di qualcosa che non esce dalla natura ma da un laboratorio, con tutti i rischi del caso. Ma c’è chi oggi ha coniato un altro soprannome per la polpetta: «Googleburger»: Sergey Brin, il miliardario co-fondatore di Google, ha investito circa 230 mila euro. Lo ha fatto perchè la carne prodotta in laboratorio evita sofferenze agli animali rinchiusi negli allevamenti. Brin ha già messo i suoi soldi nei progetti più originali.
Secondo le previsioni, grazie al Frankenburger e agli altri tipi di carne «sintetica» che verranno prodotti e venduti tra 10-20 anni su larga scala, si ridurrà del 99% la terra destinata agli allevamenti, fra l’82% e il 96% l’acqua, e si produrranno fra il 78% e 95% in meno di gas serra.