I ristoranti della camorra fanno schifo. Lo dicono anche in giudici di Napoli in un provvedimento


La cascata di prosciutto, tipico piatto di gusto camorristico nella estetica

Etica ed estetica vanno a braccetto. Non ho alcun dubbio su questo: oggi anche la delinquenza organizzata è cafona e rampante come i nuovi ricchi, non ha alla base le solide tradizioni rurali di qualche tempo fa. Almeno nella fase pre-umanoide  primordiale in cui versa la camorra napoletana. Dai giudici di Napoli il giudizio è abbastanza chiaro: la ristorazione è scivolata nel cattivo gusto perché fatta da improvvisatori dediti al riciclaggio di danaro sporco.

Una intera pagina del Mattino è stata dedicata all’argomento con una intervista anche ad Alfonso Iaccarino. È il Tribunale Riesame di Napoli ad inquadrare le «dinamiche familistiche della nuovissima imprenditoria partenopea versata nel settore della ristorazione». Poche righe per tastare il polso di società ed economia napoletana, nel corso dell’inchiesta sul presunto riciclaggio di denaro sporco, quella che ha colpito alla fine dello scorso giugno alcuni ristoranti riconducibili alle famiglie Iorio e Potenza. A senso unico i provvedimenti adottati dai rispettivi collegi: confermati arresti e sequestri. I giudici non hanno dubbi: Napoli è agonizzante anche a causa di quella imprenditoria rampante, portatrice del cattivo gusto imperante.

Il sequestro dei ristoranti sul lungomare di Napoli


L’analisi è impietosa. A Napoli niente concorrenza, c’è un monopolio imprenditoriale che soffoca il mercato. Città lontana dagli standard europei: «Il coacervo degli elementi indiziari emersi ha portato sulla soglia della valutazione incidentale cautelare lo spaccato più autentico delle dinamiche familistiche di quella nuovissima imprenditoria partenopea versata nel settore della ristorazione, che potendo investire gli ingenti capitali accumulati per effetto delle pregresse attività illecite, ha invaso il mercato della ristorazione di dozzinali ed improvvisati punti di consumo». Poi il Riesame aggiunge: «Si tratta di punti di consumo dedicati certamente più al riciclaggio di capitali illeciti che all’arte culinaria, seguendo il binario dell’approssimazione e cattivo gusto proprio della peggiore ed ormai monopolistica imprenditoria rampante post criminale di un capoluogo in agonia».

Lo stile, insomma, è alla Scarface: esibizionismo, gusto dell’eccesso, mancanza di riferimenti gustativi certi, scarsa qualità dei prodotti.

11 Commenti

  1. Io però trovo questo discorso un po’ generico. Io ho frequentato il ristorante Pizzamargherita (nella foto) prima che lo chiudessero e devo dire che non era male. Niente di eccezionale, si intende, ma un passabile posto per mangiare una pizza o un piatto di pesce. È vero che la media della qualità di questi ristoranti sul lungomare è bassa, ma il locale a cui sembra riferirsi l’articolo forse non era il miglior esempio da portare.

    1. Giusto per chiarezza: non siamo noi che ci riferiamo ai locali ai quali sono stati messi i sigilli. Ma i giudici del Riesame che hanno accolto tutte le richieste della Procura.
      E comunque il discorso è generale
      Per esempio: l’uso alberghiero del dado nel pacchero con il dentice è un altro dei sapori tipici della camorra
      Ah, il vecchio Pascalone di Nola che mangiava ‘a zuppa ‘e fasule e suffritto

      1. Quello del dado è colpa dei prof delle scuole alberghiere, con le dovute eccezioni, ovviamente!

    2. Io credo che nn si possa nemmeno definire ristorante(ovviamente parlo di quello in foto)poichè,a partire dal personale che è stato assunto nn per bravura ma per amicizia ,se poi addirittura li si va a mangiare pesce,tra l’altro esposto e conservato male allora vuol dire che siamo alla frutta ma la cosa che mi lascia veramente perplesso e che purtroppo la recensione di Bruna così come tante altre nn è veritiera assolutamente lasciando però intendere a qualc’uno che nn ci è mai stato che il ristorante in questione è buono…….quindi come vedete,purtroppo le recenzioni.lasciano il tempo che trovano

  2. Un minimo di cultura (lontano da patenti e diplomi che non ci interessano) intesa come conoscenza, memoria, curiosità, rispetto, gestualità, sacralità, familiarità, semplicità (laddove il contrario di ogni parola indica una carenza) non consentirebbe mai di umiliare in quel modo un prosciutto, nemmeno il più scarso.

  3. Ah che ricordi… Sorì San Lorenzo allungati (erano troppo aspri, ndr) con la Coca-cola, di Sassicaia per intingerci i cantuccini a fine pasto. La lira, benedetta lira…

  4. La cascata di prosciutto e melone!!!! E la foto sembra pure recente…

  5. Altra presenza tipica in questi ambientini kich è lo champagne, spesso pizzottato, tanto nessuno di loro ne capisce un’acca. Si dicono tante belle parole a proposito di LEGALITA’, anzi diciamo pure che è un argomento di grande tendenza dopo l’attenzione accesa sul problema dal grande Roberto Saviano. Ma mentre lui ne ha fatto un modus vivendi, per la maggior parte delle persone è solo l’argomento del momento, sul quale ci si riempie la bocca di buoni propositi e dolci parole. La realtà è ben diversa: la maggior parte di produttori del settore enogastronomico, di distributori, catering, ed altro tipo di persone che orbitano nell’ambiente, sono ben felici di fare affarri con loro in quanto ricchi, e quando gli vai a dire.” ma non sai che è un colluso con il clan tal dei tali?”, lui ti risponde puntualmente che i soldi nun tenen’ addor’. Mi è capitato più volte di prendere posizione sull’argomento ed ho trovato sempre massima omertà nel mio interlocutore. Tra l’altro ricordo un episodio eclatante: stavo svolgendo servizio di sommelier per un noto catering campano che spesso lavora per le istituzioni comunali e regionali, ben consapevole di star lavorando per una nota famiglia di cammoristi dell’interland napoletano,quando ci fu un improvviso bliz dei carabinieri che cercavano un latitante. Ci fu per alcune ore una vera e propria scena da film, i latitanti ovviamente se l’erano data a gambe prima che arrivassero, ma fu indentificato al tavolo d’onore con i cammoristi il sindaco di quel comune. Trascorsi due anni il sindaco ricopre ancora la sua carica indisturbato e quando ho esposto il problema di natura etica al mio superiore perchè non ci mandasse più a lavorare per quella gente, ha cambiato velocemente discorso lavandosene totalmente le mani. Allora di che parliamo?

  6. Se la camorra ha il prosciutto e melone addobbato a quel modo la domanda e’ : la massoneria come si comporta? Ci sara’ un ristorante in toscana che risponde alla bisogna?

  7. Sono un operatore del settore, e penso che non sia il caso di fare paragoni tra la camorra e la Ristorazione, di qualsivoglia livello essa sia.
    Usare il dado nel pacchero ai frutti di mare o alla pescatrice non penso affatto sia di stile camorristico ma bensì appartiene ad una scuola di cucina da hotel (di granndi numeri), che in egual modo non riterrei di offendere paragonandola alla suddetta malavita organizzata.
    E tantomeno trovo di buon gusto declassare “a’ zupp ‘e fasul” o il soffritto, in quanto facenti parte entrambi di una tradizione culinaria che definirei storica e culturale della nostra città!!! Non dimentichiamo che dai primordi nasce l’innovazione e se oggi si parla, si scrive, e si vende tanto sull’enogastronomia lo dobbiamo anche a quei piatti definiti tipici o regionali.
    Pertanto farei attenzione a confondere la criminalità con l’arte e la manualità dei Ns chef, che penso poco c’entrino con le vicende giudìziarie di cui si parla, e lo dico per puro amore verso la materia ed il settore, nel quale opero da 15 anni.
    Non penso che chi mangia piatti tipici sia camorrista o appartenga a quello stile di vita!!
    Permettetemi e perdonatemi, a volte si esagera pur di scrivere qualcosa!!!

  8. Egregio Dottor Pignataro, in merito all’articolo pubblicato sul suo blog, a risponderle è il direttore di Pizzamargherita. Resto molto dispiaciuto del giudizio datoci quando parla in maniera non troppo lusinghiera del nostro modello di ristorazione kitch, ragion per cui la invito a visitarci una di queste sere così potrà giudicare di persona la qualità del cibo e del servizio, anche perché in questo ristorante ci sono persone con trascorsi lavorativi di tutto rispetto e particolarmente qualificate. In attesa di una sua visita le lascio i miei cordiali saluti. Il direttore di Pizzamargherita. Giovanni Russo Saladino.

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