Il Governo di Castellare


Tanta frutta esotica, marasca, cuoio, pelo selvatico, pipì di gatto, agrumato, intensità e persistenza, note affumicate, morbidezza e chi più ne ha più ne metta. Va bene, va bene tutto purché si parli di vino. Ma vi siete mai chiesti, così per caso, dove mai sono andati a finire i mitici fiaschi con la paglietta a cui il Chianti deve la sua fortuna in tutto il mondo? Ce ne sono in giro, certo, ma non nelle enoteche o nei ristoranti che contano, oggi nessuno avrebbe mai l’idea di riproporlo al pubblico degli appassionati. Era un Chianti, lo ricorderete, beverino, niente di complesso e complicato, blend di svariate uve, spesso bianche e rosse insieme, così come si era uso fare in tutta la campagna italiana prima del successo delle vinificazioni in purezza e le concentrazioni. Ecco allora una proposta per la Pasquetta: una bottiglia semplice, vendemmia 2004, da uve sangiovese, malvasia nera e canaiolo a cui si presta attenzione moderna attraverso l’abbassamento della resa per ettaro sia, ovviamente, attraverso la vinificazione in acciaio a temperatura controllata. Siamo sotto i dieci euro e il vino si chiama Governo di Castellare. La chicca per gli appassionati è nell’antico metodo recuperato qui a Castellina, nel cuore del Chianti dall’azienda Castellare di Paolo Panerai nata nel 1978. Usando uva appassita, dunque più zuccherina, si procede più rapidamente alla seconda fermentazione del vino, la malolattica, indispensabile nei rossi per abbassare l’acidità e raggiungere una certa morbidezza che è sempre l’anticamera della piacevolezza, apprezzata soprattutto dai palati del Nord. Visto? Tutto qua: prima il vino pronto in primavera consentiva un incasso rapido, quel cash che le aziende in crisi hanno poi cercato con il novello negli anni Ottanta e di cui oggi molte hanno nuovamente bisogno. Un Chianti antico, insomma, riproposto nella chiave moderna della bottiglia da una azienda molto apprezzata dagli appassionati: il suo vino di punta, I Sodi di San Niccolò da uve sangioveto e malvasia nera, miete riconoscimenti e successo commerciale ormai da parecchi anni. Ma queste sono altre storie. Intanto a Pasquetta, sulla pizza chiena, il tortano, le frittate di maccheroni e altri rimasugli del pranzo domenicale, questo rosso allegro e spensierato è sicuramente un buon abbinamento da consigliare ai nostri bravi lettori. E per lanciare, perché no, anche un segnale a tanti produttori meridionali abbagliati dal loro momento favorevole che stanno ancora alzando i prezzi: attenzione amici cari, studiate le ricerche del professore Eugenio Pomarici della facoltà di Agraria a Portici, dedicatevi ai vini facilmente accessibili alle tasche di tutti e di buona qualità. E, in particolar modo sottolineiamo, imparate a comunicarli.