In ricordo di Mario Monicelli: ecco le sue scene sul cibo e la tavola


Mario Monicelli

di Leo Ciomei

L’amico Leo Ciomei, spesso nostro piacevole compagno di scorribande gastronomiche, mi chiede in qualità di free-lance di scrivere due parole in ricordo di Monicelli.  Come si dice: riceviamo e molto volentieri pubblichiamo:-)

Fra ieri e oggi i quotidiani sono stati riempiti di necrologi (chissà da quanto sono pronti…) per il Maestro Mario Monicelli – lo possiamo chiamare Maestro ora che non c’è più, prima lui non voleva e si incazzava pure – ma, nonostante il fatto che a quell’età fosse prevista la partenza, è riuscito a spiazzare tutti con il suo inaspettato (?) suicidio.

Scrivo inaspettato con il punto interrogativo perchè già suo padre Tomaso, scrittore e giornalista, si sparò nel 1946 e Mario al riguardo qualche anno fa in un’intervista disse queste parole:
Ho capito il suo gesto. Era stato tagliato fuori ingiustamente dal suo lavoro, anche a guerra finita, e sentiva di non avere più niente da fare qua. La vita non è sempre degna di essere vissuta; se smette di essere vera e dignitosa non ne vale la pena. Il cadavere di mio padre l’ho trovato io. Verso le sei del mattino ho sentito un colpo di rivoltella, mi sono alzato e ho forzato la porta del bagno. Tra l’altro un bagno molto modesto.

A noi piace ricordarlo, oltre che per il suo impegno sociale (e forse quei maledetti tagli alla cultura, oltre al tumore alla prostata, un po’ di colpa ce l’hanno…), per i suoi meravigliosi film dove l’aspetto gastronomico non mancava mai.  Come possiamo dimenticare la convivialità dei pranzi nel casale di Speriamo che sia femmina o quella, ben più grottesca, della cena natalizia di Parenti serpenti ? ma in tutti i film ci sono momenti in cui i protagonisti si trovano a tavola: lo sformato e le sottocoppe di peltro in Amici miei, il brodo “corretto” in Amici miei atto secondo, il triste pranzo finale fra Totò e Fabrizi in Guardie e ladri, la divertente scena a tavola ne Il Marchese del Grillo e pure la mortadella che non passa la dogana Usa nell’omonimo film con la Loren e Proietti.

Il momento gastronomico più conosciuto della filmografia di Monicelli resta però quello della pasta e ceci mangiata da Capannelle nel finale de I soliti ignoti mentre quello indimenticabile è la frase che l’ufficiale austriaco enuncia sprezzante davanti a Vittorio Gassman/Giovanni Busacca e Alberto Sordi/Oreste Jacovacci ne La grande guerra e che ridà dignità ai nostri soldati: “…courage?! Fegato dicono… Quelli conoscono soltanto fegato alla veneziana con cipolla, e presto mangeremo anche noi quello!”

In questi giorni comunque guardando fuori in strada un sorriso gli sarebbe comparso sulla bella faccia toscana e, socchiudendo gli occhi, avrebbe alzato sulla fronte i suoi famosi occhiali scuri…

15 Commenti

  1. un uomo di grande coraggio, ironia e apertura mentale, ha sempre detto con grand libertà le verità sul nostro paese, per questo, oltre che per il suo male, non ha resistito

  2. Non ha resistito …. e secondo me ha dato per l’ennesima volta dimostrazione di cosa pensava del nostro paese OGGI !!!

    Un uomo dalla forte personalità…. ho imparato da lui, da quello che esprimeva attraverso la pellicola ….che

    “La vera felicità è la pace con se stessi. E per averla non bisogna tradire la propria natura.”

    Il mio ricordo per Mario Monicelli

  3. Un grande uomo, un vecchietto dall’intelligenza ancora vivissima ed acuta è costretto a suicidarsi per non soffrire le ultime, inutili, dolorosissime pene procurategli dal cancro.
    La nostra Repubblica Teocratica Italovaticana pervicacemente continua ad insistere nel negare una fine con dignità ai propri cittadini.
    Ennesima dimostrazione di quanto questa nostra Italia sia bloccata dalla squallida ingerenza vaticana, dalla penosa subalternità della nostra classe politica ai suoi stupidi ed anacronistici desiderata.
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    Il mio incondizionato plauso va al Presidente della Repubblica ed alle sue parole di verità. Oggi, come durante il caso della povera Eluana Englaro, il suo timone è in mani salde e laiche.
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    Ma andiamo a parlar di cose più lievi: il caro Leo non si smentisce mai, è proprio bravo. Questo post ne è la conferma.
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    Peccato che in rete non tutti abbiano saputo valorizzare la sua bravura. Forse difetta un po’ in audacia, non getta mail il cuore oltre l’ostacolo, è troppo misurato, ma va bene lo stesso.
    Ci conosciamo da anni ed abbiamo condiviso in rete molte cose, come nella vita reale alcune ottime tavole.
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    Benvenuto caro amico Leo, spero tu sappia, voglia, possa, rimanere a lungo in questo blog.
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    Ciao

  4. il cibo, l’arte e la passione, ennesima dimostrazione di un uniccum indivisibile.
    il primo film che mi hanno portato a vedere non è stato un cartone animato ma “Speriamo che sia femmina” insieme a mia madre e le mie zie.ricordo ancora la graffa fritta mangiata dopo.
    addio maestro.

  5. Ho sempre avuto l’impressione che Monicelli, almeno ultimamente, si ostinasse con la caparbietà e la severità nota, a indossare la maschera del cinico, dello scostante. Impressione, perché a me i suoi occhi hanno sempre dato la sensazione di smarrimento, tenerezza e commozione (dicono che ormai fosse quasi cieco, e forse a questo era dovuta quella luce). Ecco perché penso che oggi gli facciano piacere gli omaggi di tutti , soprattutto della gente del suo rione Monti, un po’ meno quelli del mondo del cinema e della politica, ai quali avrebbe risposto con le parole di Gino, cui Monicelli prestò la sola voce, ne Il ciclone di Leonardo Pieraccioni.
    La voce di Gino (Mario Monicelli) e Levante (Leonardo Pieraccioni) :
    Gino!
    Dimmi Levante!
    Quant’anni tu c’hai?
    Settantasette!
    Come tu ti senti?
    Bene!
    Ho visto la bara!!!
    Ma vaffanculo vai!

    Non ha mai fatto parte del teatrino.

    P.s. benvenuto Leo.

  6. che bello spaccato d’Italia che ci hai trasmesso Leo, sia con le parole che con le immagini. ha ragione vignadelmar: la tua discrezione non ti rende giustizia ;-)

  7. Mi associo alle manifestazioni di giubilo per il pezzo di Leonardo ed alla tristezza per la scomparsa di Monicelli, che mi fa venire in mente una vecchia canzone degli anni ’60.

    …………Ed infine una notte si uccise
    per la gran confusione mentale.
    Fu un peccato perché era speciale,
    proprio come parlava di te.

    Ora dicono fosse un poeta
    e che sapesse parlare d’amore.

    Cosa importa se, in fondo, uno muore
    e non può più parlare di te!

  8. quando ho sentito la notizia sono esploso in una fragorosa risata. monicelli l’aveva messo in quel posto a tutti. assolutamente perfetto.

  9. Ringrazio tutti dell’accoglienza.

    Il pezzo era veramente sentito perchè Monicelli è sempre stato un esempio per noi appassionati cinefili.

    Come dicono i francesi, à bientot !

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