L’Aglianico di Zì Pasqualina: strepitosi 1990 e 1995


Taurasi Alvino 1995

Badate bene: non stiamo teorizzando il ritorno al fiasco, a quelle atmosfere pre-metanolo in cui il vino era alimento naturalmente presente a tavola. Sappiamo bene che non è più così, soprattutto adesso che il salutismo vale più di un viaggio dell’anima.

Però vogliamo anche dire che non tutto il passato è fenomeno da baraccone da buttar via. Perché se Antonio Mastroberardino metteva in commercio il 1968 con le etichette di ricambio prevedendo la sua lunga durata, e se queste bottiglie le ritrovo poi dalla mitica osteria Zi Pasqualina ad Atripalda, paesone attaccato ad Avellino stracresciuto attorno alla piazza, allora vale anche la pena di bere il vino non etichettato proposto a una tavola ben addestrata. «Venite, berremo il Taurasi 1990 di mio padre» ci dice Sabino Alvino, l’oste con gli occhi vispi e il caveau pieno di formaggi, salumi, bottiglie da Irpinia, Piemonte e Francia. Credo non ci possa essere invito più importante e carico di significati di questo per un meridionale: condividere un atto concreto della memoria del proprio genitore è gesto che va oltre il commercio, è cultura condita da amicizia. Ecco perchè dopo la spettacolare verticale di Mastroberardino tenuta all’Hotel de La Ville nell’ambito della manifestazione Irpinia da Amare il viaggio continua, condito dal piacere di essere serviti da una sommelier di eccezione, Adriana Amodio, suocera di Sabino. Definirlo Taurasi magari non è normativamente corretto, si tratta di vino fatto in proprio da aglianico di Montemarano, ma è questo l’idealtipo dei cugini finiti in bottiglia etichettati.

Provata la 1995 e la 1990, fresche, buone, succose, sicuramente capaci di accompagnare ’o tiano di carne e i fusilli conditi con il ragù. Ma soprattutto indispensabili per comprendere come l’Aglianico, anche senza lavorato senza particolari accorgimenti, è sempre più forte del tempo, capace di accompagnare ciascuno di noi per tutta la vita nelle grandi annate. Per provarlo non avete altro da fare che venire qui, smettendo di pensare che tutto si trova sempre e dappertutto: è questa la prima regola per bere e mangiare bene.

Via Pianodardine, 112
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