L’arancia staccia di Tursi con quattro ricette dolci di Federico Valicenti


di Federico Valicenti

La Storia ci racconta che gli arabi arrivarono in Basilicata durante l’anno 900 e l’anno 1000 da Bari, sede di un loro emirato dall’ 847 all’ 871. Si spinsero all’interno dell’Italia meridionale e sfruttando i fiumi come zone percorribili penetrarono in Basilicata.

I Saraceni crearono a Tursi un insediamento ancora esistente chiamato Rabatana, da ‘Rabhàdi’, borgo, o Arabum tana a ricordo dei loro villaggi arabi. Questi quartieri ancora intatti testimoniano, al pari di Pietrapertosa e Tricarico dove esistono ben due rioni arabi la Rabata e la Saracena, della lunga permanenza della popolazione islamica proveniente dall’Africa settentrionale, soprattutto Berberi che vennero coinvolte nell’espansione dell’Islam verso l’Occidente cristiano in funzione di contingenti maghrebini islamizzati. I Saraceni lasciarono profonde tracce nell’architettura e nel dialetto di Tursi. Le arance chiamate anche “portuall” ad indicarne le origini e la provenienza , ancora oggi in arabo la parola usata per parlare delle arance è burtuqāl che ha soppiantato del tutto la parola persiana nāranğ da cui deriva arancia, che letteralmente significa “frutto favorito degli elefanti”. Non si deve però dimenticare che in arabo burtuqāl indica l’arancia dolce, mentre nāranğ l’arancia amara.

Questa la Storia. La leggenda narra che i Saraceni portarono in dono le arance che mangiavano a fette con la cannella , cipolla , condite con un filo d’olio buttando le bucce. Le bucce delle arance venivano raccolte dagli abitanti del luogo e bollite in acqua dolce cosi da preparare il “giuleppo “ che, per non farle mangiare agli arabi musulmani, friggevano con il maiale. In seguito, durante le crociate, l’ arancia venivano usata anche per ornare la testa del maiale ed esposta alla finestra per far sapere che in quella casa non vi abitavano musulmani. Tra tante varietà presenti nei giardini di Tursi , jardin in arabo, una in particolare attira l’attenzione, l’arancia “staccia”. Questa particolare arancia si presenta con delle caratteristiche uniche sotto molti aspetti, ha una forma oblata e schiacciata ai due poli, una buccia grossa, senza semi ed ha un peso medio molto elevato intorno ai 300g per frutto. Propria la sua forma contribuisce al nome dato all’arancia che sembra derivare da un vecchio gioco che ha origine molto antiche simile al gioco delle bocce ma fatto con delle pietre a forma schiacciata chiamate “stacce”. Le notizie storiche sono poche e frammentate tramandate per lo più da tradizioni orali.

La magnifica Rabatana di Tursi, il quartiere costruito dagli arabi

L’unico dato certo è che in una pubblicazione del 1962 si fa riferimento all’arancia staccia riferendosi al fatto che questa cultivar ha esclusivamente un mercato locale ed è coltivato essenzialmente per il consumo famigliare, anche perché per le dimensioni non è possibile la sua commercializzazione. Frutto che non avendo un grande mercato rischia di estinguersi, alla faccia della biodiversità. Bisogna mettere in presidio i frutti in via di estinzione per non perdere la memoria delle tradizioni.

ARANCIA IN PROSA
“ Sono entrata in una foresta di arance.
Mi e’ stato aperto il grande cancello che ho varcata sperduta.
Di fronte il sole, come un grande disco rosso, si nascondeva un poco
alla vista, lanciando nella foresta di arance un rosa carico che scivolava
nell’intrigo dei rami e restava sospeso, come impigliato tra gli alberi.
Di fronte il viale, di lato alberi fitti e frescura e odore e colore filtrato,
col mio passo che indugiava a sondare il terreno.
Scuro, con foglie morbide come un tappeto, da cui si avvertiva una linfa che lasciava presagire una primavera dolce e tenera.” Mila Ambroselli da ( L’ incontro- anno 5° n°3 15/30/11/1996)

Lola
Sotto un arancio lava
fasce di cotone.
Ha gli occhi verde
e la voce viola
Ah, amore
sotto un’ arancio in fiore!
L’acqua del canale
scorre piena di sole;
nell’oliveto
un passero canta
ah, amore,
sotto l’arancio in fiore!
Quando Lola
avrà finito il sapone
verranno i toreri
Ah, amore
sotto l’arancio in fiore!
(Federico Garcia Lorca)

Tango
Come arance rosse
assaporo i giorni
ora che ho incontrato te.
Dolce e profumata
ora è la mia vita
e per questo: grazie a te.
Ora io cammino tra le rose
e quando è sera accanto a te riposo.
Non è mai tempo di versi tristi
e non verrà la stagione delle piogge.
E non verrà la morte triste
alla nostra porta a cantare le sue canzoni.
(Luisa Zappa Branduardi – Tango-)

Le ricette

Salsa d’arance
20 arance (3 kg)
3 kg di zucchero
1.500 lt acqua
250 gr di rhum
Con un punteruolo bucate le arance e mettetele in acqua per 4 gg avendo cura di cambiare l’acqua 2 volte al giorno.
Quindi prendete le arance e tagliatele a pezzi avendo cura di togliere i semi.
Pesarli per regolarvi con lo zucchero che deve essere di uguale misura delle arance spezzettate mentre l’acqua della metà.
Mettete a bollire le arance e dopo 10 minuti versate lo zucchero rimestando in continuazione . La salsa è pronta quando versandone una goccia su di un piatto questa si rafferma. Aggiungete il rhum o qualunque altro liquore di
vostro piacimento e conservatela in appositi vasi di vetro.

Scorzette di arance al cioccolato
Le bucce possono essere usate privandoli totalmente del bianco della pellicina,
tagliate a listelli immergerli nel cioccolato fuso, scolate e asciugate su un
foglio di carta oleata


Bucce di arancio al cioccolato

1 arancio
1 pezzo di cioccolato fondente
Sciogliere in una casseruola il pezzo di cioccolato a bagnomaria
Lavare molto bene le arance .
Togliere le bucce e tagliarle a tocchi uniformi,senza asportare eccessivamente il bianco, quando il cioccolato è denso e caldo versare le bucce e farli bollire per qualche minuto. Toglierle ad una ad una con una pinzetta e farli raffreddare quindi servire

Liquore all’arancia

500 gr alcol puro
500 gr zucchero
1 lt e mezzo di acqua
1 arancia grossa
10 chiodi di garofano
una retina

In un capiente vaso con chiusura a tappo versate l’alcol, prendete l’arancio, lavatela ben bene, anche con uno spazzolino se necessario, e “inchiodatela “ con i chiodi di garofano .
Mettete l’arancio in una rete e sospendetela nel vaso con l’alcol, la rete con l’arancio deve lambire l’alcol; chiudete il vaso con il tappo a vite e fate stare cosi fin quando l’arancio non si sarà rinsecchita e l’alcol non diventerà torbido. Quindi mettete a bollire l’acqua e sciogliete lo zucchero, fate raffreddare e aggiungete all’alcol. Mischiate il tutto e imbottigliate.
A volte per cambiare sapore alla ricetta aggiungete all’alcol una bustina di zucchero vanillina.

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