LSDM: Matteo Baronetto, Riccardo Monco, Enrico Crippa


LSDM 2016

LSDM 2016

Di Luciana Squadrilli

 

Matteo Baronetto, cucina francescana

Matteo Baronetto – che a Torino sta conquistando tutti con la cucina del Cambio e le vierse formule annesse – punta sulla semplicità con il primo piatto, una sorta di “carpaccio” dove unisce la mozzarella di bufala tal quale con un’animella leggermente affumicata col carbone naturale, che ricorda la lattiginosità e l’aroma (esaltato dall’olio di sesamo tostato) della mozzarella affumicata: un piatto giocato sulle affinità di sapori e consistenze e decisamente essenziale, quasi “francescano” come nota il direttore Vizzari. Un po’ provocatorio, anche se altrettanto essenziale, il secondo piatto: gli spaghetti “ammollati” in acqua per due ore, poi scolati e fatti cuocere in un vasetto di burro chiarificato per 15 minuti e serviti nel piatto con il parmigiano. «So che la pasta al burro e parmigiano classica è la migliore che ci sia – dice lo chef – ma questa vuole essere una mia riflessione personale su come proporre la pasta: non un gioco né un piatto da ordinare al ristorante, ma parte di un percorso di degustazione che riflette i miei ragionamenti».

 

Riccardo Monco, la mozzarella va alla spa

Riccardo Monco, da 25 anni all’Enoteca Pinchiorri, ha visto passare in cucina quelli che sarebbero diventati grandi chef, da Cracco a Berton e Genovese. Lui tiene il basso profilo, come sottolinea Luigi Cremona, ma insieme ad Alessandro della Tommasina incanta la sala con una versione inedita e buonissima del classico “spaghetto con le vongole”, profumatissima e decisamente “agliata”. In realtà di tratta di “pici” fatti con la pasta di pane (a dare una leggera acidità) stesa come grosse tagliatelle e poi arrotolata a mano, che viene cotta e mantecata “normalmente” con le vongole sgusciate (cotte sottovuoto concentrandone in sapore). A completare il piatto, i gusci delle vongole farciti con una crema di ricotta di bufala e acqua delle vongole – straordinario concentrato di sapori “mare e monti”, da mangiare con le mani – e la mozzarella marinata in acqua di pomodoro con spinaci, aglio e basilico, sale marino. Lo chef le fa fare un “trattamento alla spa” mettendola a bagno a 50º per due ore per assorbire gli aromi della marinatura, poi facendola passare al frigidarium (congelandola) e infine grattugiandola sulla pasta.

 

Enrico Crippa, l’arte della contaminazione


Uno chef brianzolo con la residenza in Piemonte e alle spalle anche un anno di lavoro in Campania (e con un collaboratore campano, Antonio, a fargli da spalla). Se poi il suo nome è Enrico Crippa può uscirne fuori qualcosa di sensazionale. E infatti così è stato: il taco (una elaborata sfoglia di pomodoro) viene farcito con battuta al coltello di Fassona condita con olio e aromi mediterranei (polline di finocchietto, origano, peperone di Senise) e con una “crema” di mozzarella frullata e a cubetti. La “parmigiana di melanzane” è un insieme multicolore di sottili strati di pomodoro, mozzarella (e provola) di bufala e melanzane viola accompagnate da fette di melanzane in agrodolce, con cialde di Parmigiano croccanti, erbe (basilico, timo, timo limone, maggiorana, origano), olio di cipolla bruciato, mozzarella e pesto di basilico: un piatto che sembra un quadro, irriverente ma fedele all’originale nel sapore, nato dal ricordo “dell’estate, e dei pic-nic al mare. Infine il dessert, ancora allo studio al contrario degli altri piatti che sono già in menu: questa volta la sottile sfoglia a base di acqua, maizena, olio, zucchero, farina mandorle leggermente tostate e ceci tostati viene lavorata a mo’ di conchiglia (o di mandorla) e farcita con il ripieno classico a base di ricotta (di bufala) semolino, zucchero e canditi. Ma accanto c’é il kailan kichi candito, cavolo invernale che cresce nel suo orto.