Masseria Felicia ed il suo Falerno del Massico


Il vigneto Ariapetrina di Masseria Felicia

di Marina Alaimo

La breve e felice storia di Masseria Felicia, nell’Ager Falernus, è legata alla caparbietà di Felicia Brini, che aveva programmato di fare tutt’altro nella vita. E’una storia che sento raccontare sempre più spesso, quella legata ad una donna che sa riscrivere le sorti della sua famiglia con successo, legandosi con amore e passione al lavoro in vigna. Felicia è laureata in storia del teatro, ha vissuto in città, a Napoli, e veniva nella piccola tenuta dei nonni in campagna nei periodi di festa, per godere dell’aria campestre.

Stanca della vita frenetica di città, sente forte il richiamo delle proprie origini, i nonni erano coloni e lavoravano personalmente la terra,  decide quindi di stabilirsi in campagna e di diventare produttrice di vino ed olio. La piccola azienda nasce ufficialmente nel 2002 con appena 5 ettari di terreno, oggi ne sono 7. Arrivando a San Terenzano, dopo aver percorso la via Appia dove sui cantoni si contano i chilometri che ci separano da Roma,  si nota la piccola casa colonica di colore rosa, deliziosa, sembra uscita da una favola.

E’ circondata dall’uliveto e dal vigneto che salgono dolcemente verso il monte Massico. Il vigneto è suddiviso in piccolissimi cru dalle caratteristiche ben definite per la composizione del terreno e per la sua posizione. Il vino prodotto esprime con fedeltà il territorio del Falerno del Massico, ed i risultati nel bicchiere sono molto interessanti. Masseria Felicia, oltre ad aver riscontrato un buon successo in Italia tra gli appassionati del settore, esporta il 50% della  produzione negli Stati Uniti, grazie ad una fortuita circostanza, ed, ovviamente, alla piacevolezza dei suoi vini. E’ accaduto infatti che un giovane appassionato del mondo del vino abbia fatto provare il Falerno Etichetta Bronzo a Robert Parker, il quale ha apprezzato notevolmente il vino in questione e lo ha recensito dando ben 92 punti al millesimo 2005, e 94 punti al 2006.

Marina Alaimo e Felicia Brini

Inutile dire che da quel momento in poi le sorti della piccola Masseria Felicia sono state travolte dal successo. Il lavoro iniziale nel vigneto è stato impostato dall’agronomo Nicola Trabucco, oggi l’azienda è seguita dall’enologo Vincenzo Mercurio con grande entusiasmo.  La natura vulcanica del terreno ed un attento lavoro per niente invadente, sia in vigna che in cantina, generano vini di carattere e di forte tipicità territoriale. L’azienda è a conduzione biologica, pochi gli interventi in cantina, dove i lieviti sono autoctoni e non si effettuano filtrazioni.
Le etichette prodotte sono il Falerno del Massico bianco, rosso e rosato (Rosalice), poi i cru Falerno del Massico rosso Ariapetrina ed Etichetta Bronzo. Su questi ultimi voglio soffermarmi.
Ariapetrina è una piccola vigna, appena 1,5 ha, a 200 metri sul livello del mare, il terreno è caratterizzato dalla forte presenza di ceneri, lapilli e tufo giallo dovuti alle remote eruzioni del vulcano spento di Roccamonfina. E’ una vigna di 8 anni, dove a guyot e guyot rovesciato si allevano all’80% aglianico e al 20% piedirosso, come previsto per la produzione del Falerno rosso. La resa è del 70% e se ne producono appena 7000 bottiglie all’anno.

Questa piccola area è stata sempre chiamata Aria Petrina perché in tempi lontani, lungo la facciata del monte Massico che guarda il vigneto, fu trovato un altare dedicato a San Pietro. Il millesimo 2006 è un vino di pronta beva, dove comunque ben si esprime l’austerità dell’aglianico, con profumi speziati di pepe e chiodi di garofano, ben definita la mineralità sulfurea, poi timida la violetta ed i piccoli frutti rossi.
I tannini sono piacevolmente ruvidi, di buona verve acido sapida. Etichetta Bronzo 2004, prodotto sempre con 80% di aglianico e 20% di piedirosso, provenienti dalla vigna posta sul lato sinistro della casina rosa. Viene fatto fermentare in botti di castagno tronco coniche da 15, 13 e 10 ettolitri, prodotte dalla famiglia Epistolato a Boscotrecase, sul Vesuvio. Solo 3000 bottiglie all’anno. Il vino ha un vivace colore rubino, al naso è intenso ed ampio, esordisce con profumi di terra bagnata, notè fumè e balsamiche, poi i sentori fruttati di visciole ed amarene, sottile il cardamomo ed il pepe verde. Il sorso è austero, con tannini fitti e graffianti, vibrante la verve acida, esprime un vino ancora molto giovane. Masseria Felicia produce anche due oli extravergine d’oliva, uno dalle cultivar sessanella (varietà locale), frantoio, leccino Carolea (dalla Calabria), itrana, l’altro è un monovarietale Itrana.

L’azienda ha sede in via Provinciale Appia – Loc. San Terenzano – Carano di Sessa Aurunca CE. Tel. 0823 935095 www.masseriafelicia.it Enologo: Vincenzo Mercurio. Bottiglie prodotte: 30.000. Vitigni: aglianico, piedirosso, falanghina.

7 Commenti

  1. Ma quale vino parkerizzato?!?!? L’ha mai assaggiato?!? E la recensione l’ha letta?!? Botti grandi, tannino piacevole ma che non ha paura di farsi sentire, acidità vibrante, frutto vivido e via di questo passo… Assaggiato di recentissimo in due occasioni e annate diverse: mutevole e dinamico, grande vino, meglio in bocca che al naso e non ha paura degli anni! Di sicuro alla cieca in una degustazione di Taurasi se la giocherebbe benissimo! A sentirne parlare dalla produttrice, poi, piace ancora di più, perché percepisci la passione e il piacere nel fare il proprio lavoro.

  2. Non è affatto un vino omologato. Purtroppo non ricordo il prezzo, ricordo una fascia media più che avvicinabile. L’aglianico si esprime in tutta la sua esuberanza, dinamicità e rustica eleganza. L’ho abbinato domenica scorsa ad una ottima lasagna.

  3. qui di omologato non c’è nulla, dalle persone, alle vigne, alla terra con gli animali, ai vini che vengono fuori , che somigliano assolutamente alla non omologata famiglia Brini che conosco da anni, a partire da Papà Alessandro, Felicia, mamma Pina, il marito Fabrizio che, oltre a fare il suo lavoro, ormai ha sposato anche la cantina e la piccola”pestifera” Alice alla quale è dedicato un notevole rosato. Felicia è una donna di gran cultura, apertura mentale e sensibilità umana, lavora determinata, dritta per la sua strada, coerente e incurante dei risultati della critica, se arrivano cattivi ,si interroga e cerca di andare a fondo , se arrivano buoni , si mette a piangere dalla felicità come una “criatura”.in quanto allo stile parkeriano, spesso in Italia, ancora capita di leggere fuori da questo blog recensioni dallo stile un po’ distaccato, insomma un mordi e fuggi dei nostri tempi, dei forzati a scrivere…
    per me non omologazione 35/35.

    1. Credo alla sua recensione, ma dovrà ammettere che quando un enologo di “nobile” provenienza diventa anche “onnipresente” quanto meno il dubbio della non omologazione è legittimo. Riguardo allo stile parkeriano, è vero, fortunatamente sembra fuori da questo blog, ma il riferimento non era alla recensione distaccata, quanto al suo ormai indiscusso “potere” di stabilire chi è buono e chi è cattivo, il tutto con criteri preminentemente “commerciali”.

  4. Concordo in pieno: grandi vini, come ho affermato nella mia recensione del 14.01.2011 a proposito dell’etichetta bronzo 2006, e persone squisitissime, appassionatissime, simpaticissime e competentissime. Ad majora!

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