Master sulle Tecniche di Cantina Secondo Incontro da Alois con Carmine Valentino: la vinificazione in rosso


Vinificazione in rosso al secondo incontro del Master sulle Tecniche

di Annito Abate

Carpe diem! Cogliere l’attimo fuggente in Cantina, entrare nel backstage di un’Azienda Vitivinicola nel momento giusto per capire ed approfondire il “progetto” di un vino in compagnia del suo “architetto” e del “committente”.

Questo è il racconto del secondo di quattro incontri (qui il resoconto del primo) per essere nel posto giusto al momento giusto, ad esempio, dopo la vendemmia dei chicchi purpurei quando cominciano le prime pratiche di cantina per i rossi.

Gli argomenti trattati. La raccolta delle uve, la diraspatura e la pigiatura, la vinificazione in rosso; la maturazione tecnologica e fenolica, il mosto con vinacce, i trattamenti, i lieviti, la fermentazione, la svinatura, la malolattica.

Per saperne di più sulla vinificazione in rosso è utile fare qualche riflessione in compagnia dell’enologo; io l’ho fatto, per la seconda volta, alla Fattoria Alois di Pontelatone.

Cortile della Cantina meno assolato della volta precedente, si sente che il tempo sta cambiando; sotto il porticato la luce è meno evidente ma non riesce a celare la massa purpurea mossa a rotazione dalle pompe nella vasca candida di Casavecchia rosso in evidente fase di rimontaggio, bramoso di ossigeno e vendemmiato intorno alla prima decade di ottobre e vinificato, come si deve fare, lo stesso giorno della raccolta. Il Pallagrello rosso, mi dicono, in buona parte è già stato vinificato e ne manca solo una piccola quota, quello bianco, di cui la scorsa volta abbiamo assistito alla vinificazione, ha smesso di fermentare da circa una settimana e sosta sulle sue fecce più fini.

Carmine Valentino arriva trafelato ed anche un tantino arrabbiato, è l’enologo che segue molte Aziende Vitivinicole in varie parti del territorio regionale e quest’anno, in alcune zone le cose “non stanno andando benissimo” e quindi vanno seguite costantemente.

L’annata 2013, infatti, è stata particolarmente piovosa ed i grappoli sono arrivati alla fine, a ridosso dell’epoca della vendemmia, non proprio maturi con una parte fondamentale del ciclo annuale fatto senza la protezione delle foglie, con temperature basse e forte umidità.

La massa purpurea mossa a rotazione dalle pompe nella candida vasca è il rimontaggio che preleva la massa liquida dal tino rimandandola in alto ad irrorare il cappello di vinacce

La diraspatrice è silente mentre viene spiegata la fase appena vissuta dalle uve: «si vendemmia quando il livello di maturazione è ottimale, quando la materia, tannini ed antociani, sono alla concentrazione giusta; ovviamente già in vigna si pone grande attenzione all’acidità ed al pH».

Nella vinificazione in rosso le uve vengono diraspate (eliminati i raspi e vinificati solo i chicchi), a differenza da quello visto la volta scorsa per i bianchi, non si separa la parte solida da quella liquida e la buccia dell’acino viene leggermente rotta per permettere l’estrazione del colore. «Inizio sempre con due rimontaggi al giorno, di cui uno in ossigenazione ed uno in riduzione» dice l’architetto del vino. Si assiste, infatti, al lavoro delle pompe che estraggono il liquido dai serbatoi e poi lo rilasciano ricadere dall’alto a rompere il cappello di vinacce formatosi in precedenza.

La Cantina è pervasa da profumi vinosi ma già, per la forte eccitazione molecolare, si possono avvertire netti i sentori di fiori e frutta rossa ed anche piacevolissime note di liquerizia.

Carmine Valentino l’enologo della Fattoria Alois che segue anche molte altre Aziende Vitivinicole in varie parti del territorio regionale, alle prese con la difficile annata 2013

La prima fase della vinificazione è meccanica, si tolgono i raspi e gli acini “sgranellati” vengono raccolti e convogliati sulla rulliera e quindi trasportati in pompa che li spinge verso i fermentini.

La fase di diraspatura è importante nella misura in cui si considera che questa parte legnosa del grappolo contiene solo acqua e nessun elemento zuccherino, pertanto è infermentiscibile e potrebbe cedere sostanze eccessivamente astringenti al vino; di contro va detto che qualche vantaggio deriverebbe dall’azione di ossigenazione esercitata sulla massa liquida.

La seconda fase è quella della fermentazione alcolica con macerazione, il tino viene riempito per circa l’80% in modo da permettere la formazione e la risalita del cappello di vinacce che sarà spinto in alto dall’anidride carbonica; a tino chiuso il serbatoio non contiene ossigeno che viene immesso nella massa, come visto in precedenza, eseguendo dei rimontaggi, a tino aperto invece la parte superiore viene a contatto con l’aria e si ossida, si eseguono, quindi, le cosiddette “follature” che sono le classiche manovre utili ad abbassare, anche manualmente, il cappello di vinacce e nel contempo a rimescolare il liquido anche per uniformare la temperatura che tende ad essere disomogenea e pericolosamente più fredda procedendo verso il fondo.

E’ inutile dire che la fermentazione in ambiente chiuso (riduttivo) sarebbe da preferire in modo da poter “intrappolare” la CO2che, come noto, è un protettore naturale; ed a proposito di sistemi di protezione, più o meno naturali, all’avvio della fermentazione si addiziona la massa sia con metabisolfito di potassio o anidride solforosa, un antimicrobico nonché selezionatore della flora spontanea sulle uve, sia con i lieviti, in genere selezionati, sia, ancora, con alimenti come l’azoto ad esempio.

Si avvia così la fase di fermentazione e si forma la parte solida in alto detta perciò cappello di vinacce e la parte liquida in basso; con i rimontaggi si addiziona ossigeno, fondamentale nella parte iniziale della fermentazione favorendo la proliferazione dei lieviti che consumando lo zucchero lo trasformano in alcol. I rimontaggi durano di più nella fase iniziale che è tumultuosa, andando poi a ridursi con il trascorrere del tempo di fermentazione. Le pompe prelevano la massa liquida dal fondo del tino e la rimandano dalla sommità andando così ad irrorare il cappello di vinacce che si decompone a beneficio del vino in divenire.

La durata totale della fermentazione è legata alla quantità di zuccheri, nei primi giorni il lievito fermenta e si eseguono tre rimontaggi, si passa poi a due da circa 15 minuti fino all’azzeramento della “dolcezza” delle uve; la temperatura in queste fasi è di circa 26-28°C e serve per l’estrazione del colore e dei tannini.

Un vino da invecchiamento deve lavorare a queste temperature e se le uve sono sane ed integre può convenire fare anche quella che viene chiamata macerazione prefermentativa, a temperature più basse (12-14°C), in soluzione detta acquosa in quanto l’alcol non è ancora presente, in questo modo si favorisce l’estrazione cromatica e delle sostanze; si procede poi all’inoculo dei lieviti con partenza della fermentazione graduale e temperatura che sale in maniera più dolce con i lieviti che si prendono più tempo per compiere il loro “dovere”.

Il tempo che i lieviti impiegano a consumare tutto lo zucchero presente nelle uve è variabile, in genere, naturalmente impiega circa 7-14 giorni.

Azzerati gli zuccheri si ottiene il “vino fiore”, quello non pressato che si può mescolare, a seconda del vino che si vuole ottenere, a quello torchiato; questo liquido idroalcolico postfermentativo è molto “feccioso” ed ha quindi bisogno di decantazione e successivi travasi. La feccia residua è molto utile per innescare la fermentazione malolattica che può essere spontanea o, appunto, indotta mediante inoculo di batteri lattici selezionati.

Dopo la svinatura, infatti, in presenza di particolari condizioni (temperatura 18-20°C, pH 3,2-3,3, solforosa quanto più bassa possibile < 20-30 mg) può “partire” un altro tipo di fermentazione detta malolattica in quanto si degrada l’acido malico presente trasformandosi in un acido più “dolce”, quello lattico che esercita, col tempo, un’azione “ammorbidente” sui vini; anche questo tipo di fermentazione è, in qualche modo, tumultuosa e varia al variare delle condizioni, ad esempio, con un pH basso e un tenore alcolico alto può impiegare anche dei mesi per raggiungere la fase di adattamento.

Dopo la fermentazione malolattica il vino viene “solfitato” per essere stabilizzato e protetto dall’azione dell’ossigeno: «è questo il momento per decidere se farne un vino da invecchiamento o di beva più pronta da mettere, quindi, subito in commercio. Il tempo di affinamento dipende dalle caratteristiche del prodotto ed è importante per stabilizzare il “gusto”» dice l’enologo.

I tre vini degustati: Trebulanum Terre del Volurno Casavecchia Fattorie Alos, Tausasi Contrade di Taurasi-Cantine Lonardo e Taurasi Donna Paolina

Terminata la “vinificazione”, come ormai tradizione, passiamo all’atto pratico degustando i vini preparati per l’occasione: una inaspettata quanto didattica miniverticale di Trebulanum Terre del Volurno Casavecchia I.G.T. di Fattorie Alos delle tre annate 2010 (naso con fruttato fragrante, in bocca fresco con un tannino ancora “verde”, note delicate di spezie dolci), 2009 (al naso frutta già più matura, in bocca si avverte lo spostamento verso le morbidezze) e 2007 (domina ancora la frutta che si fonde a delicati sentori di liquirizia, il tannino risulta “levigato”  e la bocca non perde freschezza), del Tausasi DOCG 2005 di Contrade di Taurasi-Cantine Lonardo (naso fine e balsamico con frutto ben integrato e note speziate, in bocca fresco di acidità) e dell’altro Taurasi DOCG 2007 di Donna Paolina (un vino ben equilibrato con frutto maturo che ritorna aromatico soprattutto come bellissima e rossa ciliegia, un taurasi sottile, elegante che non ha volontà di mostrare i suoi muscoli).

Una bellissima esperienza che si replicherà con il prossimo incontro, il terzo, previsto per la metà di dicembre, quando si potranno scoprire le evoluzioni che i nettari di dioniso, ora a riposo, sanno regalare.