I dieci pizzaioli che hanno davvero fatto tendenza e colto il senso della modernità nella pizza napoletana


di Tommaso Esposito

Ecco, ora ve lo dico io chi sono veramente e perché i dieci pizzaioli che hanno colto il senso della modernità nella pizza napoletana.

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Alessandro Condurro

Alessandro Condurro nella Antica Pizzeria da Michele

Alessandro Condurro nella Antica Pizzeria da Michele

Lui, economista, non è un pizzaiolo, ma ormai è come se lo fosse.
Ha recuperato dentro e su di sé la storia ultracentenaria dell’Antica Pizzeria da Michele in via Sersale.
Insomma, messi un po’ da parte algoritmi e calcolatrice, ha fatto un corso accelerato in pizzeria per dichiararsi, fare outing: la pizza napoletana non ha bisogno di mutare camicia. Va amata per quella che è così come è nella tradizione dei Condurro: Marinara e Margherita.
Lunga lievitazione con pasta di riporto, vero fiordilatte di Agerola, buon pomodoro, olio di semi, forno a legna, disco e cornicione sottile ‘a rota ‘e carro. Format per ora replicato a Roma e a Londra. Prossimamente nel mondo con il brand Michele in the World.
E se va bene così dal 1904, ditemi voi se non durerà in eterno.

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Enzo Coccia

Enzo Coccia Pizzaria La Notizia

Enzo Coccia Pizzaria La Notizia

È lui l’artefice del nuovo corso della pizza napoletana.
È lui che ha sfornato la prima Pizza Napoletana Nuova, quasi il prototipo della Stg.
Impasto diretto con lievito di birra, farina 00, lievitazione entro le dodici ore, grandi materie prime per la guarnizione a partire dagli oli evo e dai pomodori.
È il primo che ha dato valore e spessore scientifico al suo lavoro di artigiano.
La pizza Napoletana è anche una formula matematica.
Tende all’infinito.
Non ha limite.

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Gino Sorbillo

Gino Sorbillo a Via Tribunali carro

Gino Sorbillo a Via Tribunali

E mo’ si sapeva che cosa fosse la pizza napoletana senza di lui.
Quando ancora imperava il Nokia 70 si è messo fare foto, a cogliere qualsiasi occasione per dire: ci sono. Io e la mia pizza di Via Tribunali.
La strada lungo la quale, dal 1700 a Zia Esterina c’è stata sempre la più alta concentrazione di pizzerie storiche.
E così giorno dopo giorno le cose sono cambiate.
Il vero senso della comunicazione, della condivisione 2.0 l’ha colto lui prima degli altri.
E così le luci della ribalta si sono accese.
La pizza napoletana è diventata una star.
Che brilla di sostanza, però, non soltanto di luce.

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Francesco & Salvatore Salvo

Salvatore e Francesco Salvo

Salvatore e Francesco Salvo

Pizzaioli da tre generazioni.
Si mettono a lavorare sodo riuscendo a trasformare una pizzeria di quartiere di provincia in un vero e proprio modello di pizzeria moderna che non ha perduto nulla di popolare e familiare.
Grandi numeri, altissima qualità, una vera e propria macchina da guerra gestita tecnologicamente senza perdere mai un colpo.
Impasto tradizionale alleggerito, grandi materie prime, dimensioni generose del disco, in linea con la loro stazza.
Vini e birre popolari, ma anche grandi etichette e bollicine.
Servizio eccezionale.
What else?

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Franco Pepe

Franco Pepe

Franco Pepe

Il ruolo di patriarca glielo si deve riconoscere.
Non c’è stato un trend innovativo nel mondo della pizza che lui non abbia avuto la capacità di cogliere prima degli altri: l’impasto a mano, le farine nuove, la filiera corta, il territorio, il luogo della pizza e così via.
Lascia la pizzeria di famiglia fondata dal papà per ritirarsi nel palazzotto del borgo antico di Caiazzo.
Porta con sé, senza mai rinnegarlo, bensì rielaborandolo creativamente, il know how ereditato (pensate al ripieno di scarola).
Immagina un resort, dove ospitare per far vivere dal di dentro l’esperienza gastronomica.
Self made man.
Con la pala di legno anziché con la pascoliana piccozza.

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Gianfranco Iervolino

Gianfranco iervolino a Morsi e Rimorsi Aversa

Gianfranco Iervolino a Morsi e Rimorsi Aversa

È lui che per primo ha dato significato alla pizza diversamente napoletana.
Quella per essere chiari, e rivendicando i diritti d’autore, da me teorizzata qui.
È lui cioè che ha saputo per primo dare un’anima napoletana alle pizze che nascono da farine semi-integrali, integrali o da grani diversi dal frumento.
Morbidezza e scioglievolezza sempre, dovunque, comunque.
Soprattutto oggi che le miscele se le crea lui con il suo brand e la sua voglia guardare avanti.

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Francesco Martucci

Francesco Marticci con Francesco Sposito e la pizza Esti(v)a

Francesco Marticci con Francesco Sposito e la pizza Esti(v)a

Un po’ come Carneade.
Chi era costui?
Un pizzaiolo di quartiere a Caserta conosciuto da qualche affezionato.
Poi d’improvviso dal vento rapito, cominciava a volare nel cielo infinito.
E a ragione.
Per lui l’acqua è classe.
Veramente.
Il suo impasto recupera il senso autentico che gli antichi pizzaioli davano a ‘o ‘mpasto muollo, l’impasto molle.
Se non si mangia la sua pizza non si capirà mai che cosa significhi alta idratazione.
Ecco, significa levità e sostanza.
Poi viene il resto.
Come il gioco con lo chef che lui ha saputo trasformare da occasionale show cooking a vera ricerca per una pizza a più autori.
A quattro mani anziché due

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Jonathan Goldsmith

Chicago Spaccanapoli. Jonathan Glodsmith la Margherita

Chicago Spaccanapoli. Jonathan Glodsmith la Margherita

Lui il fuoco del Vesuvio ce l’ha nel cuore, nel sangue.
Non è finzione.
Passione è il business core.
E quando c’è passione tutto sta al suo posto, quello giusto.
Sì perché lui, americano americano, ha saputo veramente mettere al posto giusto i tanti tasselli che compongono il mosaico della pizza, la sua storia, che comincia con la prima ondata di emigrazione dal Sud Italia in America, tra i quartieri di Chicago, come in quelli di New York, dove l’anima napoletana è una presenza non simbolica, non fittizia, non surrogata.
Lo si capisce da tante cose.
Leggete qui.
E lì a Chicago la pizza parla una sola lingua.
Quella Napoletana.

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Guglielmo Vuolo

Gugliemo Vuolo

Gugliemo Vuolo

I tratti essenziali della sua modernità sono la semplicità e il riserbo.
In un mondo di spocchiosi che avanzano, lui non ha mai rinnegato le cose che ha imparato dal papà Enrico: sei sempre un artigiano, ti servono il cervello, le mani e l’esperienza.
È lui che vi farà capire il senso estetico della perfetta imperfezione di una pizza.
È lui che vi farà godere assaggiando strutture basilari come la Mastu Nicola (sugna, cacio, pepe e basilico) o la Marinara (la Napoletana con pomodoro, aglio, origano, olio evo).
Il resto?
Può servire, ma basta questo.

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Nanni Arbellini

Nanni Arbellini con la sua squadra a Pizzium Milano

Nanni Arbellini con la sua squadra a Pizzium Milano

Beh, è ancora un po’ presto per capire di primo acchito perché ci sia qui pure lui.
Cercherò di spiegarvelo.
Ha appena trenta anni.
Ha lasciato Napoli, ovvero Acerra, da tempo con il mestiere di pizzaiolo in tasca.
A Milano ha girato tra banconi e forni.
Poi l’idea di un locale tutto suo e l’incontro con l’imprenditore giusto.
Per il successo poche regole: Pizza Napoletana Nuova senza se e senza ma.
Prendere o lasciare.
Ci metto la mia faccia.
Mangiate la pizza di Nanni da Pizzium.
Benedice la Madunnina.
Ed è ovèro.
A settembre Pizzium 2.
Nel 2018 Pizzium 3, Pizzium 4, Pizzium 5.
Ha spaccato.
Evviva.