Montepulciano d'Abruzzo 2001 doc



Il grande viticoltore Edoardo Valentini, scomparso nell’aprile 2006
VALENTINI
Uva: montepulciano
Fascia di prezzo: oltre i 60 euro
Fermentazione e maturazione: legno

Hai sollecitazioni diverse quando bevi le bottiglie del tempo. C’è l’aspetto immediatamente edonistico, del piacere al palato e del consenso conquistato a tavola. Ma sono vive anche le sollecitazioni mentali, molto simili a quelle espresse da una foto d’epoca, o semplicemente andata negli anni. Per esempio, oggi è facile inchiodare le guide e sicuramente, grazie a internet, Edoardo Valentini sarebbe diventato famoso, come lo è stato, grazie al tam tam webbico (rivendico la paternità di questo neologismo) mediante il quale si formano ampolle di consumo compattamente orientate nel gusto e in grado di indirizzarsi su produzioni estremamente caratterizzate. Ma quando esplose il fenomeno Valentini il cellulare era ancora uno status symbol e difficilmente senza i Tre Bicchieri del Gambero questo grande viticoltore, scomparso nell’aprile 2006, sarebbe mai stato conosciuto oltre la cerchia degli amatori. Ecco allora il primo sintomo di grandezza, essere punto di riferimento e oggetto di venerazione, nell’era del cartaceo come in quella del web. I motivi sono due, complementari: l’aver letteralmente rovesciato l’idea che si aveva dei vini abruzzesi, la sua fama partì anzi nel Trebbiano in legno allora proposto anche nei primi livelli Ais all’inizio anni ’90 e, nel contempo, essere stato fermo sul progetto di vino ribadendo le proprie convinzioni e riuscendo a traghettare le sue bottiglie verso la modernità dopo aver attraversato il deserto, ossia quella moda delle barrique senza se e senza ma che lo vide contrapposto a muso duro con Gianni Masciarelli, l’altro grande abruzzese, morto prematuramente lo scorso anno, e famoso per aver perseguito, con altrettanta determinazione, un modello rovesciato ma non meno rigoroso e conclamato. Entrambi hanno dettato la rinascita, starei per dire la nascita, della viticoltura abruzzese imponendo anche alle grandi realtà aziendali di territorio un ritmo qualitativo diverso. Sarebbe come se oggi nascesse un grande produttore di Locorotondo doc capace di affascinare tutto il consumo dell’Occidente o, per fare un esempio campano, una cantina di Solopaca doc in grado di rilanciarne l’immagine fortemente appannata dalle bottiglie a 2 euro nella grande distribuzione. Queste condizioni di successo non sono modelli astratti, bocconiani, ma si creano nelle cose reali e presuppongono anzitutto forti personalità dietro ogni bottiglia, uomini capaci di non farsi influenzare ma di influenzare la critica, forti del sopportare i rovesci, determinati nel mantenere la barra dritta anche quando sembra che tutto il mondo abbia preso una diversa deviazione, una rotta alternativa. Ecco il paragone più calzante è proprio quello marino per quest’uomo terragno: in una regata lunga vince solo chi cattura il vento, non chi guarda gli altri cosa fanno. Se regioni come l’Emilia e la Sicilia avessero avuto il loro Valentini negli anni ’90 molto cose oggi sarebbero diverse. Già, perché oltre alla personalità, al progetto, è necessaria anche una predisposizone di mercato, un humus di attesa, oggi praticamente inesistente o quasi per via di questa crisi molto pesante i cui effetti stanno entrando in tutte le case, una situazione difficile in cui il mondo del vino italiano è già immerso dai tempi dell’attacco alle Torri Gemelle.
C’è inoltre la bottiglia. E questo è ancora un capitolo a parte, perché poi quando la apri, al di là della storia che racconta o che ti hanno raccontato, ti deve anche piacere, eccome. Altrimenti passi la notte pensando al portafoglio e non al bicchiere e la mattina dopo ti senti in perdita, non arricchito. Non è il caso della 2001 di Valentini, la prima annata ad entrare in commercio dopo la sua morte, rosso che, secondo la consuetudine aziendale rispettata dal figlio Francesco, va in scena invecchiata molti anni dopo la vendemmia. Ben oltre quel che prevede il disciplinare ma questo non c’entra. Ben oltre il tempo ufficiale richiesto a Brunello, Amarone e Taurasi. Quello che colpisce allora di questo Montepulciano al naso è la robusta complessità, una narrazione lunga quanto la serata, in bocca la freschezza energica quasi inaspettata rispetto agli aromi espressi all’olfatto. Com’è nostra abitudine, abbiamo alternato diverse tipologie a ché un vino prepari il successivo in una sorta di interminabile scambio di ping pong, stavolta giocato sul tavolo della Magnolia di Forte dei Marmi con il rosé di Selosse. Ciascuno sparring partner dell’altro a seconda delle portate preparate dallo chef Andrea Mattei, giovane promessa ormai consolidata in Toscana.
Le generalizzazioni, soprattutto in un mondo artigianale qual è il vino ad un certo livello, sono sempre sbagliate, ma l’esperienza italiana, sostanzialmente nata dopo la crisi del metanolo, sembra affermare con sufficienti assaggi di come sui tempi lunghi il cosiddetto stile internazionale importato caricaturalmente dal Nuovo Mondo nel nostro paese arranca, le bottiglie sono spesso monocordi, la materia ricorda il consolidamento statico più che la fluida dinamicità. Il 2001 di Valentini, sebbene non si possa parlare in questo caso di tempi lunghi, ma medi, può essere usato da chi crede nelle vinificazioni tradizionali e non spinte come una prova a proprio favore. Il Montepulciano, complice il millesimo straordinario, l’ultimo veramente grande registrato un po’ ovunque in Italia, si libera di quelle note di caffé e di cacao rilasciate dal legno per riproporre in tutta la sua fragranza uno strepitoso frutto rosso immerso in un effluvio di spezie e di note balsamiche molto gradevoli. Al primo impatto rimbalzano persino note floreali. Con il passare del tempo, e dei piatti, tornano invece le note che avevano impressionato i degustatori alle sue prime prove di naso. In bocca il Montepulciano è un vino dai tannini vellutati, ben estratti, solenni, mentre la freschezza pur dettando il ritmo della beva non è preponderante, al palato è solo un elemento che contribuisce poi a determinare il timbro complessivo. Il piacere regalato da questo vino è stato immenso e condiviso con i miei compagni di tavola, la sommelier professionista Sara Blandamura responsabile eventi a Palazzo Brancaccio di Roma e il collega di Vini Buoni Touring, ex Ais, Andrea De Palma, responsabile di Abruzzo, Molise e Puglia. Cosa avrei chiesto ancora a questo vino abbinato ad agnello di Ziro, maiale di cinta e guancia di vitello? Dal mio punto di vista, personale, un tocco di eleganza in più, o meglio, di finezza: la frutta generosa dell’annata 2001 ha in fondo recitato la parte della protagonista e non poteva esser diversamente visto i toni del millesimo, potente ma equilibrato. Credo che il cammino di questo rosso sarà lunghissimo e che, invecchiando, potrà solo guadagnare in questa direzione da me auspicata. Staremo a vedere.

Sede a Loreto Aprutino. Via del Baio 2
Tel. e fax 085.8291138
Enologo: Francesco Paolo Valentino
Ettari: 4 di proprietà
Vitigni: trebbiano, montepulciano