More Maiorum 2007 Fiano di Avellino docg


MASTROBERARDINO

Uva: Fiano di Avellino
Prezzo: dai 10 ai 15 euro
Fermentazione e Maturazione: legno e bottiglia

Con note sul 2000 e sul 1999

Il Fiano è un vitigno straordinario, tanto straordinario da non passare inosservato sulla scena mondiale lasciandoci oltretutto presagire un suo futuro “internazionale” visti i continui avvistamenti di sperimentazioni in giro per il globo, dal sud America all’Australia che ricalcano le già riuscite interpretazioni made in Italy di alcune aziende del sud, pugliesi e siciliane in testa.
Il Fiano di Avellino (docg dalla vendemmia 2003) però è, e rimane prima di tutto “cosa nostra” ed i risultati della enorme evoluzione stilistica che questo vino ha assunto di anno in anno, di vendemmia in vendemmia, di terroir in terroir esprime null’altro che il grande plusvalore che un vino acquista quando lo si riesce a collegare strettamente ad una area di origine e di questa divenire manifesto unico ed irripetibile.
Naturalmente siamo ancora lontani dall’idea di esigere una classificazione della tipologia come dire – alla borgognona – seguendo un po’ ciò che i francesi hanno intuito ed espresso già oltre cento anni fa, creando terroir straordinari come Montrachet, con tante piccole facce di uno Chardonnay di inarrivabile qualità, distinguendone i cru di Puligny da Chassagne, quelle di Batard dallo stesso comune omonimo, ma sempre più spesso ci capita di pensare e di parlare di questo vino non più come genericamente “di Avellino” ma ricercandone anche gli areali di produzione a conferma di una diversità tangibile e di una particolare e maggiore vocazione: a seconda che ci si ritrovi dinanzi ad una bottiglia proveniente da Pratola Serra piuttosto che da Montefalcione o da Montefrèdane, Cesinali, Summonte e via discorrendo sino a Làpio, tutte terre d’elezione per il Fiano. L’ultima in particolare – dove nasce appunto il More Maiorum della famiglia Mastroberardino e dove il vitigno appare baciato, più che dal sole dalla madre terra che gli conferisce una mineralità capace di forgiare un vino bianco votato a sfidare il tempo senza eguali in Campania e forse in Italia. Il colore è di un bel giallo paglierino cristallino e si presenta nel bicchiere con una buona consistenza. Il primo naso è intenso e persistente su note fruttate eleganti e fini, dapprima mela verde, note agrumate, poi banana, continuando a stupire su di una complessità eccelsa ed abbastanza profonda chiudendo su leggere sensazioni vanigliate e nocciolate. In bocca è secco, abbastanza caldo e particolarmente fresco chiudendo dopo una lunga e piacevole persistenza con un sapore decisamente mandorlato. Carattere da vendere da consegnare tra poche settimane a quel mercato finalmente ritornato sui suoi passi con una ritrovata esigenza di acidità e mineralità a discapito di bianchi “tuttifrutti” dalle rotondità burrose stucchevoli tanto serbevoli quanto anomini e scipiti. Da bere fresco tra i 12 e 14 gradi in calici generosi nell’esaltare l’ampiezza olfattiva espressa, da abbinare a piatti importanti, mi viene in mente la sorprendente interpretazione delle Alici marinate con ricotta, melanzane e caponatina in salsa di prezzemolo di Oliver Glowig dell’Olivo del Capri Palace.

More Maiorum 2000 Fiano di Avellino doc
Il More Maiorum è vino a me caro del quale però mi mancava sempre di riuscire a coglierne l’evoluzione nel tempo, ha pagato lungamente l’utilizzo eccessivo dei legni che ne marcavano troppo l’imprinting iniziale prima di essere lasciato “solo” appena dopo un paio di anni, ma questo è stato un limite interpretativo comune a molti bianchi campani (ed in genere italiani) sui quali si sono concentrate da metà anni Novanta tante, troppe idee rinnovatrici che passavano per forza dall’utilizzo smodato di legni di ogni genere e tostature in una rincorsa soprattutto alle barriques provenienti da tutte le zone di maggiore elezione francesi che però mai hanno concesso spazi di sopravvivenza utili, al Fiano in particolare, per esaltarne la materia prima di assoluta qualità che giungeva nella fattispecie nelle cantine di Atripalda da un cru di particolare vocazione come quello di Làpio. Il 2000 ha un bellissimo colore giallo oro, mediamente consistente ed un naso elegantissimo su note di burro di cacao, di crema di nocciola, talmente nitida che alla cieca parrebbe di spargere crema gianduia su una fetta di pane caldo. In bocca è secco, caldo e conserva ancora una certa freschezza pur rimanendo chiaramente morbido e serbevole. Mi viene in mente un piatto gustoso passatomi sotto agli occhi di recente, le linguine allo Scammaro di Lino Scarallo di Palazzo Petrucci in Napoli.

More Maiorum 1999 Fiano di Avellino doc
Abbiamo beccato probabilmente la bottiglia sbagliata nel posto giusto al momento giusto: questo ’99 infatti mostra nel bicchiere che ha chiaramente svolto il suo percorso di vita, ha note cromatiche, olfattive e poi gustative che ne manifestano la sua acclarata maderizzazione ma rimane affascinate comunque degustarlo traendone oltretutto una piacevole esperienza degustativa.
Il colore è giallo oro con bellissimi riflessi tendenti all’ambra. Il naso è sorprendente, come detto le note sono praticamente volte a sensazioni ossidative ma non mancano piacevoli nuances di frutta secca, fieno, caramello mou. In bocca è decisamente secco, assolutamente non sgradevole e non mi mordo la lingua affermando che se avessimo avuto dinanzi un bel vassoio di piccoli dolci di pasta di mandorla di Maria Grammatico di Erice o qualche bon bon di cioccolato di Gobino magari avremmo potuto, alla cieca credere di stare bevendo un vecchio Moscadello di Montalcino o, perché no, un Madeira 10 anni e convincerci di stare in estasi.
Questa scheda è di Angelo Di Costanzo

Sede ad Atripalda, Via Manfredi, 75-81
Tel. 0825.614111, fax 0825.611431
Sito: http://www.mastroberardino.com
Email: [email protected]
Enologo: Piero Mastroberardino e Denis Dubordieu
Bottiglie prodotte: 2.700.000
Ettari: 200 di proprietà e 60 in conduzione
Vitigni: aglianico, piedirosso, fiano di Avellino, coda di volpe, greco di Tufo, falanghina