Morte di un ristorante di provincia. Fuori dal circo dei piccoli chimici: ecco perché abbiamo chiuso La Maschera di Avellino


Antonella Iandolo con i fratelli Ciro (a sinistra) e Gino Oliviero (Foto Giulia Cannada Bartoli)

Domenica scorsa abbiamo raccontato la storia di Antonella Iandolo e dei fratelli Ciro e Gino Oliviero che hanno deciso di chiudere il ristorante gourmet La Maschera ad Avellino e di aprire una casa di campagna. Dietro questa scelta due temi di fondo: la sostenibilità di un progetto simile in una piccola città del Sud priva di flusso turistico e il rapporto mai tranquillo con la critica, soprattutto con quella esercitata dai blogger. Ne è scaturito un dibattutito al termine del quale è intervenuto con un lungo post il patròn, Gino Oliviero. Il suo scritto è molto interessante perché la una “voce di dentro” del mondo della ristorazione e per questo abbiamo pensato di riproporlo.

di Gino Oliviero*

Caro Luciano, voglio, innanzitutto, ringraziarti di tutto cuore. Ringraziarti per aver colto e trasferito con tanto amore e chiarezza l’essenza più intima del progetto NUOVO di Antonella e nostro. A seguito degli interventi dei tuoi lettori debbo però necessariamente fare alcune precisazioni, dato che a parlar di me e di quello che voglio faccio sicuramente meglio io (interpretazione autentica!).


In primo luogo la crisi economica non c’entra assolutamente nulla nella nostra scelta di chiudere la Maschera, o meglio direi, come sanno i miei veri amici, che la Maschera è SEMPRE stata in crisi, ed anzi meno male che negli ultimi quattro anni c’è stata Antonella con la sua svolta tradizionale territoriale: ci ha consentito di resistere un po’ di tempo in più alla terribile situazione economica degli ultimi anni.

Ma la semplicità, la essenziale squisitezza della sua cucina non si sono forse mai conciliate con l’aspetto comunque troppo formale della Maschera e non siamo riusciti, purtroppo, a far dimenticare l’immagine consolidatasi nei primi anni di vita del ristorante, e di cui mi assumo interamente ogni responsabilità, e cioè di un luogo non per tutti e per tutti i momenti ma costruito ad uso e consumo dei “cosiddetti gourmet” e di quei “pericolosissimi piccoli chimici vaganti”.


Ricordo ancora l’ansia di far da mangiare al blogger enogastronomico di turno o il nervosismo per una recensione ingiusta o giusta che fosse, piuttosto che la tensione per la visita delle guide gastronomiche: questo ricordo s’associa oggi in me ad una amara risata ed ad un ancor più amaro rimpianto: non aver fatto dieci anni fa la scelta che abbiamo fatto oggi. Perché noi oggi ABBIAMO finalmente SCELTO: scelto consapevolmente e felicemente di fare quello che piace a noi e non quello che piace agli altri.

Perché accogliere nella nostra nuova casa amici vecchi e nuovi cui piace mangiare bene e stare sereni, spensierati fa star bene, sereni e spensierati anche noi, stanchi ma non stressati di affrontare ogni giorno questo fantastico ma anche durissimo mestiere.

antonella iandolo

Ma soprattutto perché a noi piace tantissimo la CUCINA di Antonella, la mangiamo con gusto ogni giorno e non smettiamo mai di stupirci per la sua bontà e per la gioia che ci dà. Perché la cucina di Antonella è una cucina d’AMORE e di RICORDO senza fronzoli e sovrastrutture che mira al cuore e non alla testa della gente.

Ecco perché la nostra è un avventura NUOVA, nuova ed anche SOLITARIA ed al suo interno non c’è spazio per false amicizie e ipocrite colleganze: non abbiamo bisogno di dimostrare affetto ad alcuno se non lo sentiamo veramente. A chi non condivide questo nostro nuovo percorso, a chi dal cibo vuole altre cose che non siano bontà, genuinità e sincere emozioni, il MAI lo diciamo noi ed il suo è per noi “gioiosamente salvifico”, l’invitiamo sinceramente a frequentare sempre più i tanti posti certamente più adatti a loro e che puntualmente (con qualche importante omissione..) citano, come tacche sul calcio delle pistole dei cow boys, con la solita tronfia, ridicola spocchia da gourmet.

Sappiamo anche che la nostra scelta e il successo che già sta incontrando tra la gente e tra i VERI critici enogastronomici non fa piacere a molti e che si muoverà o si sta già muovendo, come è evidente dal tenore delle critiche, il perverso e morboso sistema chef-gourmet-blogger, il sistema delle cremine, delle sferificazioni, delle cotture sempre ma sempre più lunghe, del “vizioso vizio” del copia-incolla reciproco, del mangiare che “mi ha dato un’emozione incredibile per….” tutto tranne che per il mangiar stesso… (sistema cui mi pento di aver fatto a volte inconsapevolmente a volte forzatamente, ma mai ideologicamente parte).

Noi siamo altro da questo, siamo NUOVI e FELICI: ai piccoli chimici le emozioni senza gioia, a noi stretta stretta la nostra grande SuperCheffa e sua stupenda Pignata alla Lapiana…

*Oste Gatto Matto ed ora anche Felice
La Scuderia di San Michele di Serino

21 Commenti

  1. quoto” la voce di dentro”, finalmente! i ristoratori parlano, senza l’ansia di “piccoli chimici – blogger o critici che siano” Io c’èero la sera dell’inaugurazione e la gioia, il sollievo e la soddisfazione si leggevano in faccia ad Antonella, testarda donna e cuoca dall’anima sorridente Il l coraggio della scelta, ricordoe che Antonella quella sera cercava rassicurazioni nei volti delle persone, come per chiedersi..” ce l’ho fatta? hanno capito che questo è quello che vogliamo? si la gente ha capito, i clienti hanno capito, forse la critica non tutta, ma sono sicura lo farà. Il ritorno all’intimo, al vero, non necessariamente semplicistico, all’amore smodatoper la terra e la campagna, per il vino, per la convivialità . Il culto del Ricordo, della memoria del gusto e dei luoghi, quella che i ragazzi di oggi non hanno idea dove stia di casa. La capacità di colpire con i piatti e il sorriso dritto all’anima e all’intelligenza delle persone, via da ogni fronzolo e sovrastruttura, finalmente! Troppo spesso, io inclusa, ci lasciamo prendere dalle costruzioni gourmet, che vanno benissimo, ma bisogna saper distingure: dove ci sono davvero le basi del passato dietro e dove c’è solo improvvisazione. L’avanguardia è un arealtà, fantastica in Campania e in Italia, ma chi la fa davvero, ha profondamente studiato la cultura umanistica e le tradizioni alimentari del passato. Qui si vive la Gioia, di una donna che ha faticato tantoper diventare : SUPERCHEFFA:) non è un ode alla Scuderia ma semplicemente quelo che mi è uscito dal cuore , avendo frequentato la macshera e conoscendo Antonella e la solidità intellettuale dei Fratelli Oliviero da un po’ di anni.

  2. Molto bello. E’ vero che agli operatori, il mondo del web fa paura perchè è un buco nero. Molto seguito, a volte senza consapevolezza, da tanti utenti, e anche tendenzialmente sottoposto a poco controllo e rispetto delle regole. Sono sinceramente convinta che il mondo dei gourmet dovrebbe scrollarsi di dosso questa spocchia da gran scout che ha. Il mangiare e il bere sono le cose più naturali che l’uomo possa fare e vantare in maniera violenta la propria competenza di fronte agli altri, far di tutto per alzare barriere in forza di presunte superiorità cognitive è davvero antipatico oltre che umanamente misero. I più grandi esperti sono innanzitutto prudenti. E’ giusto che esistano voti, classificazioni, guide, segnalazioni perchè sono uno strumento utile per l’utente per scegliere e muoversi. Bisogna un pò recuperare questo spirito di servizio e cercare di evitare di valutare le persone per il fatto che preferiscano una pizza, un vino o un locale piuttosto che un altro. Certo: c’è da essere felici che tanti appassionati si impegnino a tal punto da fare delle proprie esperienze qualcosa di tanto importante da credere di aver scoperto davvero qualcosa e di portarlo avanti con tanta forza da ritenere che ogni propria esperienza sia la prima, la migliore, la peggiore o l’unica. Denota passione e interesse. Ma da qui a andarci giu’ pesante o far la cosa più grossa di quella che è, ne passa di acqua sotto i ponti. Io credo che ognuno possa scegliere della propria vita, del proprio lavoro. La Maschera non doveva in tal senso assumersi la responsabilità di esistere se questa era troppo pesante. Vivere con fatica i giorni, privarsi della luce in cucina (Antonella ci ha parlato, ricordo, della necessità sua di ritrovare il sole, l’aria aperta) vivendo con ansia le recensioni. Semplicemente perchè bisogna considerare, in fondo, è più facile scrivere malissimo o benissimo che osservare con cautela, che raccontare. E’ troppo facile e piuttosto meschino ritagliarsi una fetta di consenso essendo i più cattivi, i più tosti, i più estremi, i più originali, in fondo celando una strategia di posizionamento di se stessi, cui sono sottesi puri obiettivi “commerciali”, in un mondo competitivo come l’enogastronomia. Piuttosto pesiamo ogni parola, riflettiamo, nel scriverla, da quale delle parti di noi viene e pensiamo che agli operatori della ristorazione . Senza dimenticare che molti blogger scompaiono in un amen mentre un ristorante o una pizzeria rimangono, forse, anche per sempre. E che rappresentano attività in grado di rivitalizzare un quartiere infelice, di dar linfa e speranza a giovani di talento e di contribuire animare l’economia di regioni e città. E’ un lavoro che merita rispetto. Solo con la malafede e la scarsa professionalità paventata con leggerezza e superficialità ci si può accanire all’occorrenza. Chi lavora, bene o male che sia, al meglio delle sue capacità e con tutto l’impegno possibile, va rispettato. Ovvio che queste non sono che considerazioni generali dettate dalla riflessione sulle parole di Gino Oliviero, ma anche riflessioni di tutti i giorni perchè, i guru, alla lunga, stufano anche noi altri, diciamo, del settore. L’importante è lavorare sereni, con la pace nel cuore. Siamo solo tutti uomini.

  3. Leggo con tristezza della chiusura di un locale, e poi dell’apertura di uno nuovo e più ”campagnolo” diciamo, ma noto lo stress accumulato in questo eterno rincorersi per avere una recensione di una guida, di un servizio su un giornale, o altro. Premetto, sono un cuoco che conosce ed ama il territorio.Lavoro da oltre 25 anni, e da 10 circa lavoro e lotto in un ristorante, mai censito in nessuna guida famosa; eppure da quando ho iniziato, nel 2000, avevamo si e no 20 coperti ”settimanali,” un disastro.Oggi dopo tanto lavoro, energie,lotte per riprendere tutto il perduto, oggi abbiamo una media di 50 coperti giornalieri ed in prim.estate arriviamo a 80-100. E questo ”Sempre” senza nessuna recensione in nessuna guida, ma solo con il passa parola, il buonlavoro, i prodotti freschi di tutti i giorni, i raccoglitori di funghi e tartufi,i contadini selezionati per l’approviggionamento, ed il rapporto cuoco-cliente-soddisfatto.C’e voluto tanto tempo, ma adesso lavoriamo, bene, ma nel mondo non ci conosce nessuno, ma va bene così.Stiamo almeno tranquilli:chissà se fossimo famosi avremmo sicuramente un BOTTO enorme, ma saremmo poi in grado di gestrire il lavoro, lo stress, e tutto ciò che ne deriva???????? Stiamo bene come stiamo, e se poi qualcuno vi parlerà bene di noi,ne saremo orgogliosi e questo ci basta.Un saluto, da un Modesto cuoco di Campagna………..

  4. la domanda è una : pesa più la “ridicola spocchia di un gourmet con la pistola puntata” o l’estrema fragilità degli chef che li rincorrono ?

    ne ho vista tantissima , di questa fragilità, ultimamente. perfino in chef che piu’ “arrivati ” non si può.

    a mio parere ognuno deve perseguire un progetto in cui crede e portarlo avanti con convinzione. poi i professionisti e gli appassionati se ne accorgeranno, inevitabilmente. sarà un punto in più o in meno, ma non mi è ancora capitato un bravo chef che non abbia visto riconosciuto suo talento. se non è cosi’, molto probabilmente non vale una cicca, od è semplicemente, come il 90% dei cuochi, un bravo operaio specializzato.

    1. La fragilità sarà pure dettata da qualcosa? Forse che il tam tam dei nuovi mezzi di comunicazione può disintegrare in un amen il lavoro di mesi? Non dico che cancelli un locale, ma si, crea dei problemi. E visto che qui si lotta giorno per giorno, coperto per coperto, la stizza c’è. L’equilibrio, talvolta, è davvero precario e basta poco a far crollare tutto. E non solo perchè lo chef è bravo o no.
      Poi: sono d’accordo che uno chef di talento prima o poi finisce recensito. Fondamentalmente per una ragione che riscontro sempre tra i colleghi: quella di trovare il meglio da segnalare. Perchè, alla fine, è l’affidabilità di una recensione quella che premia di più. Come sempre per essere numeri uno bisogna semplicemente fare meglio quello che fanno anche molti altri. Non posso escludere che, in certo range di locali, ci siano chef che per essere troppo solo e solamente riversi sui propri fornelli o per essere in luogo dimenticato da Dio, possano guadagnarsi la ribalta molto tardi. Ma prima o poi…

      1. la fragilità è dettata da un qualcosa di molto più serio di uno stupido blogger che si reca ad avellino il giorno di pasqua a recensire un locale con un menu chiuso. o vogliamo attribuire ad un blog seguito da duemila persone, di cui molto professionisti, la capacità di affondare un ristorante? vogliamo scherzare, sul serio?

        se quel ristorante risente di una situazione di questo tipo, altro che fragilità. vuol dire che i presupposti, le fondamenta, erano solidi come pale al vento.

        io voglio dire, piu’ in generale perchè il caso della maschera serve solo per un discorso più ampio, che la fragilità viene dalla mancanza di cultura, di conoscenza generale, di capacità imprenditoriale, di paura di sè stessi. vedo cuochi anche affermati ,almeno a livello mediatico, farsela addosso per due foto, sbavare per due righe scritte da chiunque, accettare ricatti mini/mediatici perchè si parli bene di un evento. alcuni, furboni di sei cotte con il pelo sullo stomaco e la faccia da culo, stanno immediatamente approfittando di queste fragilità. creano blog nel tentativo di svoltare nella vita o semplicemente sbarcare il lunario, avendo furbescamente colto il terrore sulla faccia soprattutto di queste giovani generazioni di chef. ripeto: un giovane cuoco deve darsi più forza morale, umana prima che professionale. deve costruirsi una solidità umana, prima di tutto. ricordiamocelo, in fondo: uno chef esce da una scuola abbastanza povera, almeno in italia, e culturalmente parlando se va bene ,esce come un buon operaio specializzato: privo di conoscenze sul terreno umano e culturale, prima che sull’uso o meno delle tecniche. tutti noi lo sappiamo. facciamo finta di nulla e nulla diciamo ma lo sappiamo benissimo. potrei citarti quattro o cinque casi, solo in questo mese. non lo faccio pubblicamente solo perchè ho comunque il massimo rispetto per chi si sbatte 14/ 16 ore al giorno e perchè in questo paese con travi enormi, la pagliuzza, o quasi, della fragilità umana mi fa anche tenerezza, oltre che farmi arrabbiare. perfino mostri sacri, con strutture decennali e solide, si fanno prendere da questa ossessione. cause intentate o minacciate per un voto su una guida. come vuoi chiamarla , se non fragilità mentale strutturale?

        1. Sono perfettamente d’accordo con te. Il punto forse è che i pessimi che aprono un blog per svoltare sono noti agli addetti al settore, ma agli utenti, le loro “recensioni”, fanno lo stesso effetto di quelle serie e circostanziate. Su quello contano, infatti. C’è un pubblico anche per loro, insomma! E visto che utilizzano spesso la voce e grossa e la volgarità che sono largamente diffuse, ormai, piacciono pure tra coloro che ne condividono gli eccessi e le sparate. Questo un ristoratore evidentemente lo capisce … e trema. Non gli do’ torto che tema questi personaggi, questa umanità senza scrupoli fa paura anche a me.

  5. …se è vero che chiunque e qualunque cosa puo’ “tradire”:che sia essa un’idea,un pensiero,una”prospettiva”magari per se,la migliore dalla quale “guardare”le cose,o una convinzione seppur la più dissoluta,c’è e ci sarà sempre modo di “tornare a se stessi”,riuscire a capire che occorre ricominciare a fidarsi di se stessi,della sempre rinnovata ricerca della propria”dimensione ideale”,del proprio”star bene”.Spesso ci si arriva prendendo”botte”,cadendo ma sapendo rialzarsi sempre,orgogliosi,sulle proprie gambe,guardando davanti,davanti a sè e non in basso,non all'”inciampo”.Il “fallimento”puo’ essere solo di chi (purtroppo per lui),non riuscirà a fare propria la tenacia,la voglia,l'”avventata” e genuina volontà di chi ha saputo,nonostante tutto,non smettere di cercare la “luce”.Buona Vita a tutti…

  6. In un mondo sempre più artefatto, conciliare cuore e passione senza inquinare il tutto da assuefazione mediatica (critici,blogger etc.)che spesso affondano quell’autostima raggiunta con grande fatica, penso che sia davvero una necessità per molti ritrovarsi un un posto intimo con amici e gustare sapori semplici che appartengono alla naturalezza della nostra Terra,Lìi io e i miei amici ho trovato questo,e lo ritengo un posto mio, ciò è quello che hanno trasmesso i personaggi della casa di campagna.A loro tutto il mio appoggio ma, sopratutto alla mia GRANDE CHEFFA SUPER ANTONELLA.

  7. Dietro un’azienda c’è un progetto di grande portata, al di fuori delle capacità della sala e della cucina, servizio , buone maniere, cantina, sommelier, poesia, genialità, grande palato, doni che la vità ci regala…. fare ristoranzione è un’impegno giornaliero che coglie tutta l’energia dei leader che la conducono e lo staff… oggi devo dire che ci sono tanti piccoli Mosè fortuna che sono pochi!! e non fanno breccia tra i nostri clienti , esercitello di tanti micro-critici !! il rincorrere le guide è sbagliato! bisogna rincorrere i clienti veri fruitori delle nostre aziende( ripeto aziende perchè si parla di soldi per quanto brutto sia) che a volte si ci allontana dalle richieste che cambiano in continuazione… Il cuoco-ristoratore per ribadire a chi pensa che ha paura di scrivere nei blog non lo fà per paura, ma perchè non ha tempo, cadere nelle faziosità di chi usa la tastiera come sfogo personale è riduttivo dinanzi alle nostre capacità di patron di casa , noi ci mettiamo la faccia quotidianamente nei tavoli dunque paure?? di che?? Siamo camaleonti, sarti, istrioni siamo al servizio di tutti con amore e dedizione….
    Oggi bisogna riflettere e fare ricerche di mercato prima di aprire un esercizio pubblico di qualsiasi natura dal chiosco all’ hotel…quando si pensa di fare un piatto, menù dobbiamo pensare ai nostri clienti e non alle guide…le guide servono per guidare i clienti a trovare ciò che cercono non a sfogare le proprie frustrazioni nei confronti di chi lavora e rischia…Noi siamo sereni e la nostra clientela ci adora e ci ama…dunque?
    Il cliente vuole stare bene e pagare il giusto in proporzione ai servizi , la qualità e quantità dei cibi cucinati e serviti…non serve fare una cantina mastrodontica almeno che ti chiami Pichiiorri grande maestro del vino!! oppure ai tanti soldi come il Signor Abramovich…
    Risultano?per fare ristoranzione ci vuole prima un progetto aziendale e dopo si apre…L’approccio oggi nel 2011 con la clientela è cambiato e bisogna studiarlo da regione a regione… bisogna fare tanti progetti aziendali per affrontare i mesi e le stagioni…
    Con Stima
    Ciccio Sultano

  8. In linea di massima ho sempre pensato che il ruolo della stampa, del giornalista e quindi anche del blogger sia sopravvalutato. Il circo mediatico può creare il fenomeno, ma non si dà il caso di ristoranti scarsi elevati a esempio che abbiano resistito sul mercato.
    Come non esistono ristoranti buoni ignorati dai media.
    L’essenza è come sempre nell’equilibrio, se non hai del tuo difficilmente il critico o il giornalista te lo possono dare o togliere.
    Semmai il vero giornalista, il bravo critico, si vedono dalla capacità di capire le potenzialità dell’oggetto di cui si parla.
    Questa è la cosa più difficile perché presuppone esperienza.
    Devo dire che anche io sono stupito dall’accreditamento facile che si da a certi personaggi, ma alla fine mi rendo conto che tutto in Italia funziona così, il segno della crisi del nostro paese è proprio nel dilettantismo diffuso a tutti i livelli. Non a caso troie e manutengoli possono superare ogni sicurezza e infilarsi nel letto del presidente del consiglio scattando foto e registrando.

    Io poi sono grato sempre a chi mi attacca e mi critica: è sempre stato il momento di maggiore pubblicità:-)

  9. Ho frequentato La Maschera nell’epoca prima e durante Antonella. A me è piaciuta in entrambi i casi e mi sono piaciute anche le sue scelte tipo l’impostazione del menù. A volte la capacità impreditoriali non sempre trovano giustizia soprattutto in un periodo decrescente come gli ultimi anni e magari in una Rampa all’ingresso di Avellino, forse non troppo vocata ai gourmet. Onestamente a me dispiace, ma in questo momento forse tanti discorsi non servono, c’è solo da apprezzare la scelta fregandosene di tanti stereotipi. Auguri per la nuova avventura!

  10. prendo spunto da un pezzo molto bello di Michele Serra uscito ieri su Repubblica che parla della neo lingua della “gastro-letteratura”. Quella, cioè, che ha opposto (e imposto) negli ultimi anni le chilometriche e barocche descrizioni dei piatti nei menu gourmet alle vecchie liste da taverna. Uno degli esiti (di successo) è stato in questo caso la semplificazione mediatica di tecnica e linguaggio “alla Parodi”. Un gap, questo tra i due estremi della gastro-sofia e della semplificazione volgare alimentato da due grandi insicurezze: quella dello chef e quella del cliente (e qui sono d’accordo con Maffi).
    Ed è su queste insicurezze che scorazzano e bivaccano i critici più o meno improvvisati. La soluzione ovviamente non è riempire il gap tra i due estremi ritornando alla lista da taverna, nè cambiare mira alla pistola puntata dal critico gastronomico….. Per dirla con Serra, solo conoscendo e crescendo si impara che «la qualità è laboriosa sostanza», non ha bisogno di orpelli per convincere (e figuriamoci di blogger saccenti, aggiungo io).

  11. Cari Gino e Antonella,
    Ho pranzato in tanti posti nella vita e spesso mi sono solo alimentato.
    Vi ho conosciuto grazie a Carmine Valentino e dal primo momento ho compreso che la Maschera era un luogo speciale.
    Da Voi sono tornato sempre con piacere.
    Da Voi ho pranzato…….. e mi sono emozionato.
    Da Voi mi sono arrichito e nutrito della passione gastronomica e intelletuale.
    Del nostro ultimo incontro conservo gelosamente come una reliquia l’ultima bottiglia di ” Cerasella di Fra Ginepro ”
    aperta e bevuta insieme.
    Vi auguro la felicità e il successo che la Vostra generosità merita.
    Un abbraccio e a presto .
    Gaetano

  12. ciao gino! verrò a trovarvi anche nei luoghi di questa nuova avventura….ormai sono di casa a san michele!
    con affetto
    fs

  13. Ammiro la scelta di una collega, oserei dire avveniristica di concetto ristorativo,almeno per quanto riguarda l’ambientazione.
    i manicaretti confezionati dallo chef Antonella sono di indiscusso valore e sapore per non dire sostanza, la sua capacità degustative nell’abbinamento dei sapori sono eccezionali ,sopratutto nella ricerca del ricordo d’infanzia.
    quante volte ho sentito dire ” aah come la faceva mia mamma non la fa più nessuno”
    adesso potremmo dire” La cucina dello chef Antonella e come quella che faceva la mamma” e questo Signori è uno dei più bei complimenti che uno chef possa ricevere.
    Non capisco il commento della signora con un Mai finale che non specifica nulla. Noi chef sappiamo benissimo che non potremmo mai accontentare tutti, anche se siamo sempre disposti ad ascoltare critiche per strutturare e migliorare.
    le polemiche devono essere costruttive, se no meglio stare zitti si fa più bella figura.
    Cara, Antonella concedimi ciò in quanto collega, se sei più serena, insisti su questa strada perchè la cucina è arte
    e per creare ci vuole serenità e sentimento solo così i tuoi piatti saranno unici.
    chef Massimo Dellavedova

  14. Mi aveva colpito quella frase sulla luce, della felice scoperta della luminosità, anche interiore, e della forza della luce. Insomma come per tutte le cose, le persone sono storie, e come le cose che ci circondano, anch’esse ci offrono sempre una possibile spiegazione, un diverso punto di vista. Anche la cucina è fatta di storie, ed è una sola, senza bandiere. Bisogna metterci del nostro per captare, riflettere, intuire. Scelte, lampi, forse stronzate, chissà.
    Mi colpisce alle ginocchia che dopo tutto questo bendiddio ci si ritrovi a parlar di piccoli chimici, di patenti di autorevolezza, di cucina della mamma, di genuinità, di sferificazioni…. e il latte sale alla rotula, sciacquettando. Luoghi comuni senza storia, soprattutto senza luce. Peccato.

  15. Il cerreto è un posto speciale…cercate solo di preservare il vostro entusiasmo!! eravate i miei preferiti alla Maschera…adesso ancora di più! La vostra nuova location conserva molti ricordi felici…abbiate fede…sarà così anche x voi!!! a presto

  16. Ho mangiato alla Maschera, riscoprendo la madeleine proustiana in alcuni bocconi, con piacere ed emozione e anche ammirazione per la splendida sede, tra le più antiche in città. Quando avevo sentito della chiusura, da Avellinese lontana, ero davvero dispiaciuta. Contenta di sapere dove trovarvi ora, Serino non è poi così lontana ;)

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