Napoli, la protesta dei pizzaioli da Sorbillo contro il Gambero Rosso


Pizzeria Sorbillo

Pizzaioli napoletani sul piede di guerra dopo l’esclusione delle pizzerie partenopee dal podio dell’eccellenza stilato dalla nuova edizione della Guida Gambero Rosso. Oggi, nella sede della storica pizzeria Sorbillo ai Tribunali, si sono ritrovati alcuni tra i rappresentati della tradizione pizzaiola napoletana, il presidente dell’Associazione Pizzaiuoli Sergio Miccù e il commissario regionale dei Verdi Francesco Borrelli.

La protesta da Sorbillo a via dei Tribunali

Diversi i cartelli contro i risultati della Guida: da «Gambero Rosso vergogna» a «Vogliono rubarci anche la pizza» fino a quello esposto da una rappresentanza del movimento Insorgenza Civile «151 anni dopo anche la pizza andò a ingrassare la refurtiva nordica risorgimentale». «I risultati del Gambero Rosso – ha detto Borrelli – sono l’ennesima occasione di violenza verso la nostra città e le nostre tradizioni. Il fatto che il Gambero Rosso non abbia trovato nemmeno una pizzeria napoletana da porre ai primi posti è vergognoso. Questa è un’operazione di razzismo culinario e un’azione politica per distruggere Napoli e il turismo richiamato proprio dalla tradizione pizzaiola».

La protesta da Sorbillo

 I pizzaioli, attraverso il presidente Miccù, hanno ricordato «la lunga battaglia» che è stata portata avanti per riuscire a ottenere il riconoscimento Stg ed hanno sottolineato come «sebbene la pizza sia patrimonio dell’umanità, la sua origine è napoletana e sono proprio i pizzaioli partenopei che in questi anni hanno insegnato ad altre popolazioni questa arte». Una vera e propria sfida quella che oggi i pizzaioli napoletani hanno lanciato al Gambero Rosso. I redattori della guida, infatti, sono stati invitati a venire a Napoli, a mangiare una pizza gratis e «poi a giudicare». «L’esclusione dall’eccellenza – ha concluso Gino Sorbillo – è un vero furto alla nostra città e offende tutti quelli che in questi anni si sono impegnati, lavorando, per proseguire un’antica tradizione, ma noi, come sempre, saremo più fortì.(ANSA).

29 Commenti

  1. non condivido a pieno quello che scritto la rivista del gambero rosso ma negli ultimi tempi si è pensato molto alla forma e non alla sostanza,non giova alla verace pizza napoletana di cui tanti pizzaioli napoletani non portano avanti il nome della Vera Pizza Napoletana.

  2. Due cose. La prima che la “vibrante protesta” tutta “napolicentrica” sta cominciando a diventare stucchevole. Su Fb i fratelli Salvo, rammaricandosi per la valutazione del GR, si chiedono, e chiedono a tutti, in cosa il sistema “pizza napoletana” sta sbagliando, se sta sbagliando, e cosa occorre fare, capire, correggere per recuperare credito, sempre che abbia senso recuperalo presso il GR. Comunque i Salvo si pongono dei dubbi, fanno una riflessione, ed è cosa buona e giusta. Il folklore non interessa.
    La seconda cosa: non ho letto la guida, ma mi chiedo e chiedo a voi se il settore “Pizza” è circoscritto alle famose quattro pizzerie o se invece considera una classifica, se considera la pizza napoletana un campionato a parte, se valuta altre realtà con due spicchi, uno spicchio, un mozzico… e così via. Forse aiuterebbe a capire, senza crociate francamente da retroguardia e alla fine penalizzanti per la stessa pizza napoletana.

  3. Chissà che pizzerie ha messo in testa il Gambero Rosso. Io fuori Napoli ho mangiato delle pizze discrete ma non certo buone come le migliori di Napoli.

  4. La questione merita un approfondimento, la pizza come metafora di Napoli. Da un lato almeno quattro o cinque pizzerie di altissimo livello che il Gambero ha sbagliato a non inserire, forse perché davvero non le conosce nonostante la presenza della Città del Gusto sostenuta con fondi pubblici. Credo obbedendo alla tipica logica salottiera romana in cui la realtà diventa una entità gassosa nella quale tutto si confonde. Da questo lato c’è il lavoro di ricerca sulle farine e gli impasti, sulle tecniche di cotture e sulle materie prime. Dietro queste pizzerie, c’è una quantità sterminata, dico almeno trenta, quaranta, pizzerie che sono a livello di quelle premiate dal Gambero.
    Il tipo di protesta invece scelto stamane da Sorbillo è profondamente sbagliato: anzitutto perché sposta la questione sul terreno politico che a me non sta proprio bene, poi territoriale e a me sta ancora meno bene. Io mi sento italiano sopra ogni cosa, il resto serve per scherzarci sopra o approfondire temi particolari. Infine perché non serve urlare in questo modo quando si ha ragione: in fondo il Gambero è una Guida privata e può far quel che vuole, anche dare otto punti in più a Vittorio a Brusaporto o assegnare 88 e 91 in due pubblicazioni contemporanee a Ilario Vinciguerra.
    Non a caso l’Associazione Verace Pizza si è tirata fuori da certi toni e ha scelto di non partecipare.
    Io avrei reagito alla napoletana: una bella pizza dedicata a Clara Barra, al notaio Perrotta, a Gigi Salerno e a Paolo Cuccia.
    Capisco la rabbia, però: vedere snobbata una delle cose che funziona significa vincere il Campionato e non vederlo scritto e annunciato in tv. Persino Dissapore, che è tutto dire in superficialità e scarsa competenza, ha fatto il giochino del campionato partendo dall’assunto di fare da una parte Napoli e dall’altra il resto d’Italia.

    1. quoterei tutto il suo discorso e stigmatizzerei la reazione del duo borrelli/sorbillo se non vivessimo in italia!!!è brutto a dirsi ma negli affari italiani,in qualunue campo,,la dietrologia a volte,purtroppo,si rivela essere la verità

    2. Sono daccordo Lucianone, avrei preferito molta più ironia nella risposta, magari con una pizza chilometrica offerta gratuitamente ai passanti davanti alla città del gusto, purtroppo di questi tempi le tensioni accumulate sono tali che la gente non riesce ppiù, forse giustamente, a contare fino a dieci prima di rispondere. angherie quotidiane di tutti i tipi e ti viene dal cuore di diventare intollerante.
      un pò come la mia famosa risposta al tuo articolo su Vespa, in altri tempi non sarei stato certo così “verace” ma molto più “democristiano” nella risposta.
      Ribadisco la mia solidarietà ai pizzaioli napoletani e la mia sempre più siderale lontananza dal Gambero rosso

    3. GENT.MOLIUCIANO,
      SONO PARZIALMENTE DACCORDO SUL TUO COMMENTO PERCHE’ QUANTO DICI SUL TERRENO POLITICO E SULLA TERRITORIALITA’ MI TROVA MENO CONSENSIENTE . OGGI COME TU SAI , TUTTO E’ POLITICA ANCHE FARE UNA GUIDA O UN COMMENTO SU UNA GUIDA O DIRE SE QUESTA PIZZA E’PIU’ BUONA DI QUELLA E COSI’ VIA .
      PERO’ QUELLO CHE MI TROVA MENO DACCORDO E’ IL DISCORSO SULLA TERRITORIALITA’ ,ALMENO DA COME HO INTERPRETATO IO IL TUO GIUDIZIO-
      TU HAI SCRITTO , TRA GLI ALTRI, LA GUIDA AI MIGLIORI VINI DELLA CAMPANIA . NON HAI SCRITTO LA GUIDA AI MIGLIORI VINI DEL PIEMONTE !! E PENSO CHE TU L’ABBIA FATTO PERCHE’ SEI PIU’ AL DENTRO DEL TERRITORIO CAMPANO CHE PENSO TU CONOSCA MEGLIO . SE IL TERRITORIO CAMPANO NON DESSE DEI VINI TRA I MIGLIORI D’ITALIA PROBABILMENTE CI SAREBBE POCO DA SCRIVERE
      E QUINDI IL PRODOTTO DI CUI TU SCRIVI E RIFERITO AD UNA SUA TERRITORIALITA’ ..PUR ESSENDO ITALIANO ED E’ RAPPORTANDO TUTTO A QUESTA TERRITORIALITA’ ED A CHI OPERA IN ESSA ( I VIGNAIUOLI ) CHE SI IDENTIFICA IL PRODOTTO . E COSI’ E’ PER LA PIZZA .
      NASCE IN UN POSTO UNICO E NON PUO’ ESSERE LA STESSA FATTA IN U ALTRO . QUINDI IL PRODOTTO VA SEMPRE IDENTIFICATO NELLA SUA TERRITORIALITA’ E SE DEVE ESSERE DIFESO CIO’ DEVE ESSERE FATTO RIFERENDOLO AL SUO TERRITORIO E NON ALLA SUA NAZIONALITA’ PERCHE SE NO SI ARRIVA AL QUALUNQUISMO CULINARIO ; IL TERRITORIO E’ TUTTO PER UN PRODOTTO CHE VI NASCE , QUINDI PRIMA VA DIFESO IL SUO TERRITORIO E CHI VI OPER POI IL SUO PRODOTTO . QUINDI NON SI PUO’ RAPPORTARE IL DISCORSO PIZZA RIFERENDOLO ALLA NAZIONE ITALIA PERCHE’LA PIZZA NAPOLETANA E’ PRIMA UN PRODOTTO NAPOLETANO POI, ..EVENTUALMENTE ITALIANO.
      UN CARO SALUTO

      ALBERTO

  5. Purtroppo la fredda logica agonistica innescata dalla mania delle classifiche a tutti i costi comincia a fare acqua da tutte le parti. Sarebbe ora di cominciare a capire che tutte le classifiche, a qualunque livello, lasciano sempre il tempo che trovano e non meritano quella assolutizzazione che porta, purtroppo, a quelle forme incontrollate di risentimento o delusione. Io non mi ci roderei tanto il fegato. Si, credo che una bella pizza, fatta bene, interamente dedicata alla combriccola del GR, sarebbe stata la risposta migliore. E di certo la più dignitosa.

  6. Concordo con Luciano, penso che Sorbillo abbia fatto l’ennesima trovata pubblicitaria… Visto che dedica più tempo ai media, facebook e altro che alla pizza!
    Le guide le conosciamo… L’importante che siamo coscienti di essere i primi nel mondo.

  7. Quoto luciano e aggiungo che certi toni non fanno bene alla vicenda, non dal punto di vista napoletano. Alla fine, tra chi non sa cosa sia una pizza “napoletana” ( e sono tanti) certi toni rischiano di accreditare l’immagine del napoletano inefficiente e pure lamentoso. E non credo faccia bene, ne’ a napoli, ne’ alla pizza. Io credo invece, nell’utilità di una riflessione, come quella ipotizzata dai Salvo, anche se guardando le foto sul sito della pizza dei tigli (dell’impasto, non degli ingredienti aggiuntivi) io continuo a chiedermi che tipo di pizza hanno in mente al gambero. E’ vero, come qualcuno ha detto, che dovrebbero incazzarsi pure i milanesi perchè il miglior panettone e’ ormai quello campano: ma si tratta di panettone MILANESE, anche se realizzato in altra parte di Italia. E non colomba travestita da panettone, come accade un po’ per quella pizza.

  8. Sinceramente non capisco tutta sta caciara per una classifica del cazzo di una guida che poi alla fine ben pochi conoscono o consultano, l’importante e’ che noi ben conosciamo il valore e la bonta’ della pizza che si mangia a Napoli e provincia e quindi dico a tutti i pizzaioli di Napoli di sbattersene una mazza di questa guida da quattro sesterzi e di continuare a lavorare seriamente e con impegno affinche’ questo patrimonio unico al mondo che qui abbiamo possa raggiungere livelli sempre piu’ alti di patagruelica bonta’, viva Napoli e la sua pizza!!!

  9. Premessa 1: la battaglia è sacrosanta.
    Premessa 2: abito a Monteforte d’Alpone, a pochi chilometri da San Bonifacio, quindi sono potenzialmente di parte.
    Detto questo la cosa che proprio non riesco a mandare giù è l’accanimento nei confronti di Simone Padoan. Frasi come quella di Sorbillo riportate dal Corriere “Non a caso vengono premiate pizzerie del Veneto da sempre territorio e base elettorale leghista” non hanno senso, perdonatemi. E sono offensive nei confronti di un lavoro di anni fatto da Padoan, e magari fatte senza mai aver messo piede ai Tigli. Dobbiamo decisamente rispolverare la regola delle 4P (prima provare, poi parlare). Poi possiamo discutere fino all’infinito se quella dei Tigli (parlo dei Tigli perché è quella che conosco meglio) sia pizza o meno. Qualche dubbio ce l’ho pure io, così come possiamo discutere in eterno se la vera pizza sia solo ed esclusivamente quella napoletana, escludendo magari la romana, o le mezze vie come La Gatta Mangiona di Roma. Ma per favore non venitemi a dire che I Tigli hanno preso il riconoscimento grazie alla Lega. Chi lo dice si fa del male da solo.
    Sani.davide

    1. Soprattutto le frasi s schiovere come diciamo noi, ossia pronunciate a pioggia senza pensare, sono sensa senso se pensiamo che
      1-tre su quattro sono del Centro Sud
      2-Uno è del Sud
      3-i curatori della guida sono del sud
      Si è trattato, ripeto, delle tipica cazzonata di salotto romana tesa a punire Bonci, premiare Padoan per dargli la spolverata nazionale e la pizzeria Pepe per fare una cosa chic e fuori dalla norma.

  10. Non capisco tutto questo accanimento contro qualcosa di totalmente superfluo e inutile come il gambero rosso.
    Quanti di voi hanno mai consultato il gambero rosso prima di andarsi a mangiare una pizza ?

  11. NON DATE ECCESSIVA IMPORTANZA A A CIO’ CHE DECLAMA IL GR .
    FORSE NON AVEVANO ALTRO MODO PER FARE PUBBLICITA’ ALLA LORO GUIDA .
    POI VORREI PROPRIO SAPERE CHI SONO QUESTI ESPERTI IN PIZZA DEL GR E SE VERAMENTE HANNO GIRATO PER I VICOLI DI NAPOLI IN CERCA DELLA VERA PIZZA NAPOLETANA . IO CI SONO STATO E PENSO CHE IL MIO PALATO ED IL MIO OCCHIO IN FATTO DI PIZZA ” NAPOLETANA ” NON SIANO DA MENO DI QUELL I DEGLI ” ESPERTI ” DEL GR. SOLTANTO CHE IO NON FACCIO UNA GUIDA QUINDI IL MIO PARERE NON E’ VIZIATO DA NESSUNA RESTRITTEZZA EDITORIALE –
    ANDATE A NAPOLI SE VOLETE GUSTARE LA VERA PIZZA NAPOLETANA MA ANDATECI SENZA PREGIUDIZZI .E VEDRETE CHE LI’ TROVERETE QUALCOSA CHE A VOI ANCORA MANCA –
    UN CARO SALUTO

  12. IRI, BOCCONI, DIRETTORE FINANZE DI BANCA DI ROMA; VICEPRESIDENTE DI CAPITALIA… NEL CURRICULUM DI PAOLO CUCCIA… COLUI CHE DIRIGE LA HOLDING DEL GAMBERO ROSSO… NON MANCA NULLA.

    ed ora ripetetemelo….”che c’entra la Pizza col Risorgimento?”

  13. Nulla per Napoli, credo che è la campania che non è stata selezionata dal Gambero Rosso…..per rispondere a quel cartello, il razzismo si sta creando. Manifestazione inutule, sarebbe meglio pensare a qualcosa che in Campania NON VA, NO A STERILI TIFI CALCISTICI.

  14. Direi che è tutta colpa di questa maledetta crisi, che ha messo in ginocchio l’alta cucina, convogliando i famosi carichi da novanta della comunicazione su di un prodotto che è sempre stato popolare e che ha permesso nel tempo di far sedere a tavola persone che forse non sarebbero mai entrate in un ristorante. Mi sa che con questa storia siamo arrivati al famoso corto circuito, nel senso che sta avvenendo quello che privatamente ho detto spesso ad alcuni pizzaioli: ” Fate attenzione che un giorno sarete fagocitati dalla stessa comunicazione che voi pensate di indirizzare”. Io penso che si è ancora in tempo per ritornare a fare quello che molti artigiani della pizza sanno fare e cioè fare i pizzaioli. A freddo penso che abbia fatto molto più male la protesta che il fatto che non ci sia nessuna pizzeria napoletana che abbia avuto i famosi,ormai, tre spicchi, che tanta pubblicità ha portato a quelli del Gambero Rosso, che non cercavano altro…;) Comunque colgo l’occasione per fare i miei complimenti al nostro tre spicchi, Franco Pepe, che domenica per dare seguito al suo personale viaggio di crescita, aprirà la sua nuova pizzeria, distaccandosi dalla sue sede e famiglia storica, anche questo è un bel modo di accettare le sfide…

  15. Nelle “peggiori” pizzerie di Napoli si mangiano le migliori pizze d’Italia.

  16. io consulto il gambero rosso e la cucina itliana tutta deve molto la gambero rosso, ma questa nuova gestione ho l’impressione che abbia ben poco a che fare con fondatori, che avranno avuto anche loro difetti, ma questo episodio è l’ennesima conferma dell’ineguatezza del nuovo corso

  17. a napoli e provincia sicuramente si mangia la migliore pizza napoletana, ma non tutte le pizzerie delle nostre zone rispettano il disciplinare e i clienti!

  18. Angelo Forgione – La manifestazione di protesta nei confronti del “Gambero Rosso” tenutasi alla pizzeria Sorbillo ai Tribunali, che ha promosso due romani e un veronese tra i migliori pizzaioli d’Italia, era un’occasione ghiotta per trovare uno spunto che mettesse a fuoco la situazione. I dubbi erano tanti, e l’assenza dell’annunciato Stefano Bonilli, fondatore di “Gambero Rosso”, li ha amplificati ancor di più. Anche perchè sulla Gazzetta gastronomica è stato proprio Bonilli a precisare con un messaggio in calce ad un articolo che non ne sapeva nulla, tantomeno dei motivi delle scelte del “Gambero Rosso”.
    Gino Sorbillo ha distribuito pizze “a portafoglio” per dimostrare che la vera pizza, quella napoletana, si piega a libretto come non si può fare con l’altra. Ascoltando le varie voci, mi è venuto improvvisamente in mente l’evento “Pizza Up”, un simposio annuale che si propone di mettere a confronto le diverse tecniche di lavorazione della pizza e degli impasti. Un evento la cui anteprima dell’edizione 2012 si è tenuta proprio a Napoli in tarda primavera. E così mi è rimbalzata in testa l’affermazione pronunciata da una relatrice: «la pizza non è esclusiva proprietà gastronomica di Napoli ed è bene che ci si convinca tutti che esistono altre pizze altrettanto buone e forse anche più conosciute e gradite di quella napoletana». La frase la pronunciò Chiara Quaglia, titolare dell’omonima azienda di produzione di farine di grano tenero per la pizza, che chiuse il suo intervento con una dichiarazione ancora più netta capace di far irritare i pizzaioli napoletani presenti: «La fama della pizza napoletana è ormai puro romanticismo».
    Dopo la vicenda del “Gambero Rosso”, quella frase illuminante mi manda alla ricerca della provenienza dell’azienda. Sede nel padovano, a Vighizzolo d’Este, nella stessa regione di uno dei premiati dal “Gambero Rosso” nonché del discusso governatore leghista Zaia. Spulcio i siti istituzionali e cosa noto? Che il “Pizza Up” è organizzato e sponsorizzato dalla SpA della famiglia Quaglia e dalla “Università della Pizza”, un’iniziativa della stessa azienda padovana, che reca sulla propria homepage l’immagine di Simone Padoan, proprio il titolare della pizzeria veronese premiata dal “Gambero Rosso”.
    È chiaro che dietro la pizza si stiano sviluppando degli interessi commerciali inimmaginabili fino a qualche tempo fa. Basta notare le diverse tipologie di farine per la pizza proposte dall’azienda padovana per capire che è in atto un processo di trasformazione che investe anche la filosofia della pizza stessa. E allora mi sono convinto che le decisioni del “Gambero Rosso” e le iniziative dell’azienda Quaglia volgono in una direzione ben precisa, quella di dichiarare una separazione ideologica tra la “pizza napoletana” e quella del resto d’Italia, fin qui non riconosciuta e sempre all’ombra della partenopea e ora probabilmente da qualificare. Non ci sarebbe nulla di strano, perchè la pizza di Napoli è ben altro gusto e qualità rispetto alle altre, ed è palese che l’Italia (ma tutto il mondo) ha acquisito il piatto nato all’ombra del Vesuvio senza però riuscire a farlo come a Napoli. Ma se un’operatrice del settore non scevra da interessi economici afferma che ci sono pizze più conosciute e apprezzate di quella napoletana, allora non siamo di fronte ad una resa di fronte ai pizzaioli napoletani ma solo all’inizio di un vero e proprio sconvolgimento di una tradizione secolare. L’Italia sta cercando evidentemente il riconoscimento della sua diversa pizza per esigenze di marketing.
    Proprio Chiara Quaglia, sul blog aziendale, usa continuamente la dicitura “pizza italiana” e non semplicemente “pizza”. È come se il Sud stimolasse il business del Pandoro e cominciasse a chiamarlo “Pandoro italiano”. E allora bisogna analizzare le finalità del “Pizza Up” che riunisce i pizzaioli di tutta Italia, mettendo quelli settentrionali a contatto con quelli napoletani e tutto il loro bagaglio disciplinare riconosciuto anche dall’Unione Europea col marchio STG. Può essere quella l’occasione per carpirne i segreti e migliorare il prodotto non STG, a prescindere dagli ingredienti.
    La pizza diventa così un nuovo paradigma della virtuale separazione del paese. E se in questa operazione qualcuno pregusta il suo vantaggio, altri rischiano di rimetterci. La parola “pizza” senza l’aggettivo “napoletana” non più riferita alla cultura gastronomica partenopea, questo è il rischio e non solo questo.
    «La fama della pizza napoletana è ormai puro romanticismo», disse Chiara Quaglia. È la parafrasi del pay-off su pizza italiana: “storie di pizzeria contemporanea”; come dire che la pizza napoletana è un concetto del passato, romantico. Sembra essere lo stesso sinistro messaggio lanciato del “Gambero Rosso”.

    1. Pensa che i farei la stessa cosa, fuori napoli la parola pizza non dovrebbe nemmeno essere consentita…sono semplicemente dei prodotti da forno, una cosa diversa ma sicuramente non una pizza.

I commenti sono chiusi.