Opera 2005 di Torre Gaia


Appena dieci anni fa sarebbe stato impensabile, venerdì scorso alla cena ufficiale di gala per il Columbus Day organizzata all’Astoria c’era anche la Falanghina. Nella vita ci vuole sicuramente fortuna, ma a certi livelli i margini affidati al caso sono minimi: difatti il bianco campano era in compagnia di un Pinot Grigio, un vino che sta facendo arricchire gli importatori americani, e il Chianti. Torre Gaia di Dugenta, Voga Quatro e Melini le tre aziende rappresentate nel menu tutto italiano in quella che è ormai diventata una vetrina del food made in Italy. Vendemmia dopo vendemmia Torre Gaia è diventata una realtà molto importante, il primo esempio di wine resort in stile francese realizzato da imprenditori sanniti: foresteria, sale ristorante, piscina, vinoterapia, bottaia, sessanta ettari di vigneti, bar, punto vendita, sala convegni. Insomma la filiera completa da manuale ad appena un’ora da Napoli e due da Roma, sede campana del Movimento Turismo del Vino. Nell’ex villa Perlingieri l’enologo Alberto Cecere è al lavoro da molti anni, entrò quando la struttura sembrava avviata ad un declino inarrestabile, ricordiamo ancora i macchinari abbandonati e i fabbricati in disuso della proprietà appena dieci anni fa. Ma, appunto, vendemmia dopo vendemmia, è avvenuta la rinascita attraverso il restauro conservativo e funzionale e, soprattutto, in cantina dove sono stati acquistati nuovi macchinari conservando al tempo stesso le grandi botti di rovere di Slavonia di cui tutti oggi invocano il ritorno e dal quale usciva la Riserva. Tra Torre Gaia e Mustilli nella vicina Sant’Agata, sono sorte molte altre strutture capaci di sostenere la domanda enoturistica: Fattoria Selvanova a Castel Campagnano, Giravento e Mesogheo a Melizzano, Frangemili a Cerreto tanto per fare qualche nome, tutte nel cuore vitato della Campania, cioé vicino Solopaca, Castelvenere, Guardia Sanframondi, il Taburno e le colline caiatine. Così il successo della Falanghina ha sostenuto la rinascita della campagna meridionale, di questa, in particolare, esemplare per la sua plasticità, semplicemente ottenuta dalla lavorazione in acciaio che è quella preferita da Alberto da sempre alle prese con questo vitigno e con l’asprinio, ma che negli ultimi anni ha espresso vini come il Gradualis Fiano del Sannio e rilanciare il Pagus Solopaca bianco. Opera è una Falanghina di territorio, fresca, la struttura dimostra che ha superato indenne le piogge torrenziali del 2005, dallo straordinario rapporto tra qualità e prezzo, molto apprezzata anche all’estero proprio per queste sue caratteristiche: nessun bianco come la Falanghina è infatti versatile e capace di adattarsi sia alla cucina tipica che a quella internazionale.