Paestum, 6 luglio. Serata evento sul mercato del vino in Cina all’Hotel Cerere


Serata evento sul mercato del vino in Cina

Serata evento sul mercato del vino in Cina

7 Commenti

  1. E’ proprio vero e’ un evento. Consentire ad un produttore estero, nella fattispecie cinese, di venire in terra di aglianico a proporre il SUO aglianico e’ semplicemente contro ogni logica etica. Ad una prima lettura dell’invito pensavo realmente di aver male inteso, dopo ripetute volte, ho pensato di essere su “scherzi a parte”. Senza alcuna offesa per il produttore imprenditore cinese, dovrebbero vergognarsi nell’ordine: il delegato AIS promotore della iniziativa, l’AIS tutta che non effettua nessun tipo di controllo su iniziative assolutamente scandalose e per ultimo ma non meno colpevole il moderatore che guiderà la degustazione che avrebbe dovuto rifiutare l’invito in quanto paladino assoluto del km.0 a tutela del territorio. Sicuramente sarà un successo e solo dopo capiremo per chi!!!!!!!!!

  2. Io credo che di questi tempi si debba vergognare chi si rifiuta di capire come si sta muovendo il mondo.
    Ieri è stata una bellissima serata nella quale si sono degustati per la prima volta in assoluto in Italia questi vini. La Francia sì e perchè la Cina no? Oggi è il sesto mercato mondiale e conoscere è il primo presupposto per scegliere. Parliamo del paese più popoloso con una civiltà enorme e lunghissima. Una reltà con cui tutti ci dobbiamo confrontare.
    Quanto al chilometro zero, non capisco cosa c’entri. Mi ricordo di aver visto i primi vini australiani proprio nella sua enoteca ormai vent’anni fa. Ma di che parliamo? Lei forse vende solo vini o prodotti salernitani?

  3. Giusto il commento di Pignataro, non conosco la capacità produttiva e l’ organizzazione in cantina del produttore cinese, ma certamente da buon cinese si pensa a grandi produzioni. Il problema é che la loro normativa non é la nostra, i controlli sul prodotto non sono come i nostri. Degustiamo i loro vini e speriamo che anche per loro ci siano le stesse nostre normative e poi se il vino é buono saranno le leggi del mercato a fare il seguito. Noi dovremo organizzare la nostra produzione,i nostri regolamenti,il nostro modo di proporci sul mercato.Forse abbiamo un prodotto ma non sappiamo valutarlo.

  4. Dalla risposta del Sig. Pignataro sembra che io mi rifiuti di aprirmi al mondo. Nulla di piu sbagliato. Probabilmente al Sig.Pignataro e’ sfuggito un particolare che in questo caso fa la differenza.Ieri sera si sono degustati vini di una azienda cinese, non i prodotti tipici di quel territorio, ma addirittura un rosso che hanno avuto l’ardire di chiamare AGLIANICO.
    Allora la domanda sorge spontanea; si vogliono portare i produttori Italiani in Cina ,oppure si sta facendo,solo, campagna promozionale a questa azienda?
    Poi bisogna anche dire che e’ vero il fatto che abbiamo dato spazio alla Francia, e non solo, ma non ricordo di aver mai
    visto un produttore francese venire qui a proporci il Fiano fatto da lui.
    Forse le intenzioni dei promotori della serata( chiamarlo evento mi sembra eccessivo) erano sicuramente lodevoli, ma lo
    svolgimento e’ stato di tutt’altro genere.
    In merito al discorso KM0 il Sig. Pignataro si e’eletto paladino di questo concetto, io non ci ho MAI creduto.
    Lui stesso lo ha testimoniato quando dice che già vent’anni fa da me potevi trovare i vini australiani.
    Aggiungerei all’elenco delle persone che devono vergognarsi di aver permesso tutto questo anche la Enoteca Provinciale
    di Salerno.Dove erano questi Signori quando sul loro territorio veniva presentata una serata del genere?
    Si sono solo voltati dall’altro lato o hanno dato il loro beneplacito?VERGOGNA!!!!!!!!
    .

  5. Non è con il protezionismo culturale e legale che si difende il proprio territorio, ma con la qualità.
    L’esempio del pomodoro è illuminante: l’arrivo dei pomodori e del concentrato cinese ha spinto i migliori produttori a qualiicare il prodotto, non a fermarsi e a migliorare
    C’è un’azienda cinese che ha piantato aglianico e lo vende più caro dei vitigni internazionali. E allora? Ammesso che sia vero, dov’è il peccato di proporlo? Più della metà del vino italiano si regge grazie all’export e per fortuna. E’ naturale che altri cerchino di fare lo stesso.
    Quanto a me, non sono paladino di nessun concetto, ma della qualità e della coerenza produttiva si. Ben venga l’Aglianico cinese, chi produrrà meglio avrà magari l’opportunità di farlo consocere mentre prima era impensabile. Così come adesso in Usa cercano la vera pizza napoletana.
    Le chiusure non servono a nessuno, nè a chi vende, nè a chi compra.
    L’osservarzione sull’Enoteca è poi singolare: cosa avrebbero dovuto fare? Chiedere che fosse impedita una delle decine di migliaia di manifestazioni del vino solo perché c’è un’Aglianico cinese?
    E Lei, secondo il suo raggionamento, perché vende Prosecco, se ci sono adesso tante bollicine salernitane? Io credo che invece è bene proporre tutto perché bisogna dare la possibilità di scegliere. Questa è vera libertà. E chi è più bravo vince.
    Ah, tra i produttori australiani ci sono una cinquantina di etichette di Fiano:-)

  6. Quindi apertura culturale significa, secondo Lei, permettere a tutti di fare tutto? E allora non possiamo piu’ scandalizzarci
    quando in TV vediamo le migliaia di prodotti “tarocchi” che si rifanno al Made in Italy.
    Mi ritiro in buon ordine e mi rammarico solo del fatto che questa polemica ,forse, doveva sollevarla quacunaltro.
    Ah da me in enoteca troverà i grandi sauvignon australiani così come i loro fantastici Shiraz, ma mai e poi mai un solo Fiano .
    Grazie dello spazio che mi ha concesso e buon lavoro.

  7. Gentile sig. Giuseppe, mi permetta di intervenire per una mia riflessione. Innanzi tutto lei esprime un suo parere personale, giustissimo dal suo punto di vista, anche se non propriamente condivisibile, ma che comunque rispetto assolutamente. Il problema, se ho capito bene, sta nel fatto che un’azienda cinese produca un vino da un vitigno italiano e questo non le sta bene. E dove sta il problema allora? In tutto il mondo si producono milioni di bottiglie con i cosiddetti “vitigni internazionali” che altro non sono se non specie varietali di provenienza francese e sembra che questo stia bene a tutti, com’è normale. Allora perché non si possono confezionare etichette con vitigni italiani, spagnoli, portoghesi, tedeschi, ecc. in territori diversi? Si dice che bisogna rispettare la tipicità ed è sacrosanto, ma è altrettanto vero che bisogna rispettare anche la diversità. Poi sta al consumatore apprezzare al meglio un aglianico cinese o irpino, un merlot del Pomerol o del Friuli, non le pare?Tutti i vitigni che attecchiscono su territori vocati sono o autoctoni oppure alloctoni, ma sarebbe più giusto chiamarli “stanziali”, perché tutte le specie varietali, dalla scoperta della vitis vinifera in Mesopotamia,sono state importate da vari popoli nel corso dei secoli:Fenici, Cartaginesi, Ellenici, Cretesi, Romani, Etruschi, ecc. E penso che questo sia stata proprio un’operazione formidabile, i cui risultati si sono riverberati in tutti questi secoli. Ed allora, il mio consiglio è che bisogna anche provare vini diversi e poi ognuno è libero di scegliere come meglio crede, per una piena pluralità. Saluti.

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