I pizzaioli napoletani: basta marketing, in realtà la pizza integrale è una cagata pazzesca:-)


AVPN No crusca nella pizza napoletana verace. Gaetano Esposito pizzaiuolo Napoletano

di Tommaso Esposito Cruschettieri di tutto il mondo: arrendetevi. Ritirate le vostre pretese! La Pizza Napoletana Verace si fa con la farina 00, ‘o sciore. Soltanto così sarà quella che tutti conosciamo: elastica, morbida. Scioglievole. E farà bene perché è buona! Insomma, la pizza napoletana tuttora non è presente nel vocabolario della crusca, tanto per parafrasare la battuta lanciata da Emmanuele Rocco a metà del 1800. L’associazione Verace Pizza Napoletana lo ha ribadito in chiusura della annuale convention degli associati provenienti da tutto il mondo e riuniti per tre giorni a Napoli.

AVPN No crusca nella pizza napoletana verace.

L’esperta, la professoressa Paola Vitaglione, ricercatrice in Nutrizione Umana nel Dipartimento di Agraria di Napoli Federico II, appositamente invitata a tenere la sua relazione scientifica, ha tra l’altro sostenuto: “Se si consuma una pizza a settimana, con la pizza integrale si apporterebbero appena 8.4 g sui 210 g raccomandati! Gli apporti di fibra contenuti in una pizza integrale, sono solo il 4% di quelli settimanali consigliati. Sono quindi irrilevanti rispetto ad altre fonti alimentari. Pertanto, in questo caso, meglio seguire il richiamo del gusto e scegliere la pizza che più piace.” Insomma la Pizza Napoletana Verace fa bene ed è raccomandata per una sana alimentazione. Dunque, parafrasando Fantozzi

12 Commenti

  1. Non capisco perché si insiste solo sul concetto nutrizionale quando si parla di farine diverse dalla 00? Non può darsi che la scelta sia legata dalla necessità di un prodotto più buono? Chi lo dice che con farina diverse dalla 00 non possiamo realizzare una pizza che si presenti: elastica, morbida e scioglievole ed anche più buona? Non conosco i contenuti degli incontri che si sono svolti durante la convetion, ma mi piacerebbe apprendere che si fosse discusso della necessità di pensare a sistemi di lievitazione diversi, che prevedano tempi lunghi di maturazione, tecniche che apportino migliorie non da poco alla nostra pizza.
    Salvatore Kosta

  2. Ma si può fare una ondata di pizze integrali (integrali?) solo perchè una trasmissione, che poteva anche sbagliarsi, tira fuori uno dei problemi di contributo alimentare della pizza assolutamente minimale, e moltii partono ad “adeguarsi” nella maniera più raffazzonata possibile? L’integrale è veramente una stupidaggine alimentare, non c’entra nulla il mettere una manciata di integrale in un’altra farina pensando di renderla più “nutriente”, e non è vero affatto, rispetto all’uso di farine veramente più ricche come una 0 o una 1 su tutte. L’integrale apporta molti meno nutrienti di una 0, infatti, perché oltre il 20% dei suoi componenti è indigeribile (anzi, essendo proprio la parte più esterna, si porta anche fitofarmaci e schifezze varie provenienti dall’inquinamento), quindi lascia meno spazio nel peso come quantità ai nutrienti veri e propri. In più, con la sua granulometria, mette in crisi nella stesa i pizzaioli meno esperti. Tutto perché? Perché una trasmissione ha demonizzato la 00? E se demonizzava la pizza nel suo insieme, che faceva, tutti a vendere scarpe o similari? Ma andiamo, su… troppa ignoranza nel settore, troppa…

  3. Insisto, con la 1 si ottiene una pizza più BUONA di una 00 e non è affatto diversa nella gestione della 00. Nessuno si sognerebbe di impastare con 100% integrale.

    1. Inanzitutto un principio di fondo: c’è un disciplinare Stg che ha oltre 30 anni, ed è l’unico al mondo. Per cui quando si parla di pizza napoletana si deve fare riferimento a quello, il resto sono opinioni. Quel testo è stato scritto in accordo tra le più importanti famiglie di pizzaioli ed è frutto di una esperienza secolare a cui si deve rispetto perché chi calpesta la memoria non ha futuro come ci insegnano i francesi

      Ora parliamo dell’altra pizza, quella integrale. Più buona? Questione di gusti. Io sono legato a quella tradizionale in cui pasta, pomodoro, olio e mozzarella si fondono e il tutto si scioglie insieme in bocca creando una sensazione unica senza che niente prevalga sull’altro.
      In quella con farina integrale (ricordiamo, parliamo di meno fibre di un’ananas da fine pasto), prevale l’odore del grano e a me ricorda la focaccia con il pomodoro che si mangiava a scuola.
      Magari con i friarielli e i broccoli e salsicce, o comunque con farce più consistenti, ci può stare meglio.

      Infine le lievitazioni, le mode vanno e vengono. A me ricordano le macerazioni esibite nel vino: quando si ha la preoccupazione di spiegare come si fa una cosa o ci si appella alle ragioni salutiste, vuol dire o che non c’è tradizione o che non c’è gusto.

      Quanto all’integrale, se non so che è biologico, preferisco evitare, visto che è li che si concentrano i concimi.

      1. Pienissimo rispetto per le tradizioni, ma questo non vuol dire che non possano essere discusse . Le opinioni possono valere per una materia inerte, ma, in un campo come quello dei lievitati, in continua crescita e alla luce soprattutto di innumerevoli studi e ricerche, non vedo perché queste non possano essere messe al servizio della pizza, per migliorarla. Le regole che si son date nell’ elaborare il disciplinare potevano essere valide 30 anni fa, ma adesso possono non esserlopiù, per le motiviazioni sopra riportate Luciano, Io non so dove abbia mangiato di recente una pizza preparata con farina tipo1, ( é su questa farina che concentro la mia attenzione e non su quella integrale), ma le garantisco che le caratteristiche tipiche della verace sono presenti anche in quella, se poi la si prepara con l’ausilio di un prefermento ( lievito madre, biga, che non sono mode che vanno a vengono e dispiace che i colleghi della facoltà di Agraria, incaricati dall’AVPN per consulenze di diversa natura, non propongano tipologie di impasti diversi da quello classico), è anche più buona oltre che più digeribile, in pratica quello che si chiede quando si ordina una pizza.
        Cordialità
        Salvatore Kosta

        1. Ho capito, a lei piace la farina 1 (spero non di una sola marca altrimenti la sua neutralità da tecnico sarebbe una marchetta), la memoria collettiva dei cinquemila pizzaioli napoletani è per la 00 integrata dalla 0 e i risultati sono sempre più straordinari.
          Per fare lo Champagne ci sono voluti trecento anni e le regole sono precise. E prima di modificare un disciplinare di un vino, di un olio o di un formaggio ci vuole il consenso di tutti o della stragrande maggioranza. L’unione europea sta stringendo le maglie su questo fronte
          Così anche la pizza. E sa perché? perché il disciplinare è l’unica difesa che c’è per la tutela di un prodotto. Ed è per questo che consente di chiedere il riconoscimento come Patrimonio Unesco. E Napoli su questo fronte ha rischiato molto.
          Quindi continui i suoi esperimenti, spero di assaggiare la sua pizza da autodidatta che dalle foto sembra più una focacciona della nonna o una pizzetta di Bonci, ma non c’entra nulla con la più forte tradizione gastronomica che Napoli e l’Italia stanno imponendo nel mondo grazie anche alla ricerca e alla innovazione che i pizzaioli napoletani stanno esprimendo.
          La pizza è Napoli, il resto sono focacce, a volte buonissime, ma focacce. Forse solo pizza barese ha dignità di memoria collettiva territoriale, ma come ben sa, è altra cosa ancora
          E non si lasci andare a battute sui suoi colleghi, non le fa onore. Non credo che un incarico dell’Avpn possa determinare un punto di vista scientifico di una intera Facoltà, tra le più antiche e prestigiose d’Europa. Siamo seri per favore. O è questo che insinua? In tal caso faccia una denuncia indicando chi e come altrimenti sono solo illazioni fumose e, mi consenta, rosicone.

          Ps: un consiglio tecnico. Mai commentare a fine giornata, si è meno lucidi. Meglio seguire il detto che la notte porta consiglio.

  4. Facciamo così: la invito a mangiare una mia pizza, (presso Villa Giovanna ad Ottaviano), dove avrà modo di constare che non si tratta di focacciona ma ripeto un prodotto che racchiude le caratteristiche della verace e per poter parlare, se le va della pizza napoletana. La mia non era una battuta ma una constatazione: io avrei consigliato, poi piena libertà di farne tesoro. I miei, lo ripeto, non sono attacchi alla tradizione, ma nel mio piccolissimo, voglio dare un contributo a rendere la pizza napoletana migliore, ci provo. Molti amici pizzaioli, l’ha detto anche lei, sono desiderosi di apportare modifiche al loro modo di fare la pizza, allora proviamoci assieme.
    L’aspetto.
    Felice giornata

  5. Trovo molto interessante l’attenzione che viene posta sul tipo di raffinazione della farina da utilizzare e non ci si domanda che varietà (o miscela di varietà) vengono utilizzate per la preparazione.
    Sono italiane? Da dove vengono? Che varietà va utilizzata? Qual’è la sua carica proteica?

    Sono domane che un consumatore, attento, vorrebbe sapere e che l’AVPN dovrebbe porsi, almeno per salvaguardare la tradizione e la “veracità” per la quale si sta combattendo una battaglia.
    Se la pizza è sinonimo di tradizione faccio un po’ di fatica ad immaginare la farina di Manitoba utilizzata nella preparazione della pizza ad inizio secolo (anche perché i mulini a pietra la 00 non sono in grado di produrla).
    Domandiamoci se il grano utilizzato per la preparazione è italiano (e/o europeo) o proviene da una stiva di una nave partito dal centro america e giunto, mesi dopo, nei porti italiani con la sua bella carica batterica…

    1. Gentile Gennaro,
      Ci sono leggi dello stato sulla sicurezza alimentare e vanno rispettate punto.Ha notizie precise da denunciare? Altrimenti sono domande da bar dello sport

      1. Gentile Luciano,
        chiedere la varietà di grano con cui è fatta la farina della pizza o dov’è prodotta è una domanda da bar dello sport?

        Le chiedo scusa e le chiedo di cancellare il mio commento.

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