Napoli. Pizzeria Da Michele: Margherita o Marinara dal 1870


da Umberto, il menu

da Umberto, il menu

da Umberto, il forno

da Umberto, il forno

da Umberto, la margherita con piennolo rosso e giallo

da Umberto, la margherita con piennolo rosso e giallo

da Umberto, scorcio della sala

da Umberto, scorcio della sala

 da Umberto, fritto all'italiana

da Umberto, fritto all’italiana

da Umberto, mozzarella in carrozza

da Umberto, mozzarella in carrozza

da Umberto, frittura all'italiana

da Umberto, frittura all’italiana

da Umberto, alici fritte

da Umberto, alici fritte

da Umberto, minestra maritata

da Umberto, minestra maritata

 da Umberto, linguina 'natalina'

da Umberto, linguina ‘natalina’

da Umberto, paccheri di mare con friarielli

da Umberto, paccheri di mare con friarielli

da Umberto, il baba'

da Umberto, il baba’

da Umberto, la pastiera

da Umberto, la pastiera

 

di Monica Piscitelli

Varcare la soglia di taluni locali non è solo un tuffo nel passato, ma nella storia del costume del BelPaese. Da quando la pizza – da sempre simbolo del mangiar plebeo alla napoletana è diventato simbolo nazionale, e poi globale, del fast food tricolore – è finita nel piatto della dolce vita all’italiana, tutta sole, chiassose comitive, pomodoro e vino. A ritrarla, più di un sognante cineasta d’Oltreoceano di ieri e di oggi.
E’ stato breve, poi, il passo che ne fatto un potente antidoto contro il male del secolo: la depressione, la stanchezza della rarefatta vita moderna.
Accade cosi’ che la protagonista del film “Mangia, Prega e Ama”, interpretata da Julia Roberts ritrovi la felicità tra l’Italia e l’Oriente curandosi con montagne di pasta e di pizza e che quella pizza venga dal grembo di Napoli, lì dove Salvatore Condurro seminò l’albero di cinque generazioni di pizzaioli, nel 1870.

al centro Michele Condurro tra (da sx) il figlio Salvatore e il fratello Antonio

A raccontarmi la storia della pizzeria “Da Michele”, è il dottore Francesco Condurro, il “commercialista pizzaiolo”, come lo chiamano, che nel locale del bisnonno, con i fratelli Michele, Antonio e Sergio, lo zio Antonio e i cugini, oggi costituiti in società a responsabilità limitata, oltre a curare l’amministrazione e le pubbliche relazioni, si diletta di ricerche storiche sulla famiglia e sulla pizza in generale.

Cartello contro i tentativi di imitazione

E’ arrivato così a stabilire che il locale, un tempo incastonato nell’edificio oggi dell’ospedale Ascalesi, esattamente di fronte a dove è ora (a un passo dalla tumultuosa Forcella) doveva già esistere nel 1836, essendovi in tale data notizia di un Condurro che preparò una “Cosacca” (come fu chiamata la pizza che vedeva insieme gli ingredienti della marinara – aglio, origano e pomodoro – e quelli della Margherita, il fiordilatte), per lo zar Nicola II in missione a Napoli.

Forcella a un passo dalla pizzeria Da Michele

A succedergli, fu il figlio Michele che, oltre ad aver dato al locale il nome con il quale è noto ai giorni nostri, ha avuto il merito di definire quella che è la formula che ancora oggi ne tributa il successo: “bere o affogare, Marinara o Margherita”. A parte le bevande, tra cui le birre nazionali, non c’è altro di commestibile in questi due vani piastrellati di bianco e verde nel quale possono sedere una sessantina di avventori muniti, al loro arrivo, dal sollecito personale, di un bicchiere; forchetta e coltello e un tovagliolo di carta.

Interno della pizzeria Da Michele

La pizza, un disco schiacciato e sottile dal cornicione appena visibile, arriva sul semplice marmo bianco dei tavoli nei quali si siede tutti insieme, servita in un gran piatto rispetto al quale (come vuole la regola della pizza “a ruota di carretto”) risulta essere piacevolmente sproporzionata. “E’ sempre stata cosi’” mi racconta Francesco che, poco prima, alla mia ridondante domanda “Che pizze fate?”, aveva riposto semplicemente, ma significativamente: “Facciamo LE pizze”. A chi è passato per il locale non saranno certo sfuggite le odi in dialetto napoletano che decantano sapori e profumi della due tradizionali e uniche pizze servite con ammirevole costanza dai Condurro da generazioni. Sono affisse al muro insieme al cartello “Pizzeria Da Michele Unica Sede” e alle foto che ritraggono gli uomini di famiglia di ieri e di oggi.

Michele Condurro ritratto in dagherrotipo dei primi del ‘900

Salvatore Senior, il fondatore; Michele, suo figlio, il prosecutore; la moglie di lui, Carmela e quelli che dei loro figli che li hanno seguito in pizzeria; Salvatore il figlio che definitivamente gli subentrò alla sua morte (avvenuta nel 1959) e, infine, i figli e nipoti che oggi fanno le pizze, servono, rispondono al telefono e animano il locale, affiancati dagli “anziani”: gli zii Antonio e Luigi.

la Margherita di Da Michele: a ruota di carretto

A firmare la pizza di “Da Michele”, avendo molti dei discendenti di questi scelto di andar avanti con gli studi, non è una sola mano, ma quattro o cinque. Eppure la pizza, fatta con il lievito madre, è sempre filologicamente la stessa di sempre, piaccia o non piaccia: di monacale semplicità. Ne escono dal forno circa un migliaio al giorno, dalle 9,00 alle 24,00, non stop. Il prezzo la dice lunga sulla impostazione del lavoro in questo locale: 6 euro, con tanto di birra nazionale. Il servizio, infatti, è un “optional” offerto dalla casa che vale a ricordare che un tempo la pizza (o solo suoi porzioni) si consumava al volo per sfamarsi, su semplici panche, buttate in strada.

L’ingresso della Pizzeria

A Margherita*

‘A quando sta ‘o benessere
‘a gente pensa a spennere
e mo’ pure o’ chiù povero
‘o siente ‘e cumannà

Voglio una pizza a vongole
chiena ‘e funghette e cozzeche
con gamberetti e ostriche
d’o mare ‘e sta città.

Al centro poi ce voglio
n’uovo datto alla cocca
e co liquore stok
l’avita annaffià.

Quando sentenno st’ordine
ce venne cca’na stizza
pensano ma sti pizze,
songo papocchie o che.

Ca se rispetta ìa regola
facenno ‘a vera pizza
chella ch’è nata a Napule
quasi ciennt’anne fa.

Chesta ricetta antica
si chiamma Margherita
ca quanno è fatta a arte
po ghi nant’a nu re.

Perciò nun e cercate
sti pizze complicate
ca fanno male ‘a sacca
e ‘o stommaco patì.

(Gennaro Esposito)

* il testo di una delle due poesie affisse nel locale

L’Antica Pizzeria srl Da Michele
Via Cesare Sersale, 1/3 Napoli
tel. 081 5539204 – [email protected]
www.damichele.net
Chiuso domenica

63 Commenti

  1. mapoi veramente ne fanno solo due di pizze o anche di più a richiesta? Perche così mi dissero, o no?

  2. Loro fanno quelle. Ma eventualmente la preparano una diversa, specie per i clienti affezionati. Inoltre hanno in animo di valorizzare la Cosacca di cui parlo nel pezzo. E’ una pizza che fanno per alcuni che la chiedono. In ogni caso sono sostanzialmente coerenti con una scelta di base: margherita o marinara. Scelta che li colloca molto lontani da chi moltiplica all’infinito la proposta. E’ un piacere che una pizzeria cosi’ ci sia, come tutte le altre.

  3. certamente giusto parlare di questa storica pizzeria. io pero’ ci sono stato l’anno scorso e la pizza mi parse semplicemente ai limiti della commestibilità, per usare un eufemismo.

    1. bè……devo concordare con Giancarlo……utlimamente se ne è sceso parecchio e soprattutto nelle ore di punta la pizza non sempre è all’altezza della fama……..ma a dire il vero non è la sola pizzeria famosa che perde colpi…….ce ne è un’altra……mai recensita qui………che 8 anni fa mi fece una pizza dove gli ingredienti galleggiavano nell’olio che faceva così schifo che un tavolo dietro a me se ne andò appena la vide minacciando di chiamare i carabinieri se provavano a chiedere il saldo del conto.

      1. Gentili gianca e marco, penso che l’espressione “una pizza monacale” renda bene l’idea. E’ una pizza molto semplice e senza pretese. Loro la vogliono cosi’ ed io che la ho mangiata un giorno si e un giorno pure dal 1993 la ricordo proprio cosi’. Mi piace pensare che sia la pizza dei nostri trisavoli: niente affatto gourmet. L’intento di questi articoli è raccontare. Leggerete tra le riga forse delle sottolineature per le cose più riuscite e decisamente più buone. E’ inevitabile ma vorrei che il mio raconto si mantenesse sempre il più asciutto possibile. Alla fine di questo viaggio conto di avere una panoramica aggiornata da poter esprimere un giudizio che metta a posto i tasselli. Giusto per entrare nel merito: nel caso di questa pizzeria è possibile che cambiando spesso mano, cambi anche il risultato. Eppure il risultato è coerente con l’intendimento di base. E questo è un fatto.

        1. Monica, lo spirito della tua lodevole “inchiesta” è comprensibilissimo e, in tanti casi, vale più il non detto che altro… nel caso specifico debbo concordare con il Maffi (versione uno?!), in particolar modo per gli ingredienti utilizzati, che non mi son mai parsi eccellenti.

          Per il resto, la pizza va giustamente raccontata, come fai, poi ognuno è liberissimo di farsi la sua personalissima classifica: credo che ogni napoletano ne abbia una e difficilmente coinciderà in tutto con quella di un altro.

        2. Non era ovviamente una critica a te Monica nè alla scelta di parlarne cosa doverosa vista la storia e la fama del posto in cui oltetutto io stesso porto gli amici di fuori campania che vengono a Napoli la prima volta ma era la mia personale opinone su Michele che per come ricordo io era migliore 7-8 anni fa.Resta ovviamente il mio un parere soggettivo.idem dicasi per quel che concerne la pizza fritta,la soggettività del gusto,vivaiddio, è una cosa fondamentale affinchè possano lavorare tanti locali.

          1. @romualdo e marco. Non l’avevo presa come critica affatto. Ma è giusto anche dire quale è lo spirito di questo lavoro. Io penso che via via che si affinano le nostre esperienze gustative diventiamo più esigenti. Posso dire che nessuna delle pizze finora degustate, anche di mostri sacri mi ha fatto saltare dalla sedia. O meglio: ognuno di questi fa una sola o due eccezionali. Ognuno presenta un suo pregio. Non esiste forse la migliore pizza di Napoli, ma la migliore margherita, la migliore pizza fritta, il migliore calzone. Vi farò rapporto appena avrò tutti i dati. Infatti penso che si può aggiungere una buona dose di oggettività a quello che è il gusto personale. Non è di quello che parliamo in queste pagine.Statemi addosso : ) il confronto con voi è importante. Un abbraccio.

          2. “Statemi addosso”…….meno male che l’hai detto a noi a non al Maffi sennò chissà che capiva :-))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))
            comunque credo che una classifica della migliore margherita,migliore pizza fritta ecc sia una cosa interessante fermo restando che l’elemento soggettivo comunque ha il suo peso per quanto si cerchi di scevrarlo dal contesto recensivo.

          3. si vede che vi considera gay e quindi innocui :-)))))))))))))))))

            scherzi a parte , io penso che sia invece necessario fornire anche un servizio. fornire un servizio vuol dire esprimere un parere, perchè un parere è UTILE al turista, a chi viene a napoli per lavoro o ,magari , ad una escort che viene a fare una marchetta e vuole mangiare una pizza come si deve.
            se questo blog un tempo aveva lettori campani e del sud italia in stragrande maggioranza, ora un po’ meno. e non credo che sia una negatività .e quindi ripeto , è interessante avere un parere chiaro ed esplicito, visto che di buone pizzerie mi pare non ne manchino, a napoli, un parere che aiuti chi non conosce. poi chi legge e prova capirà se maffi è affidabile oppure no .se contursi è affidabile , se monica è … ecc. ecc.

            a me la pizza di michele non è piaciuta e mi pare non sia il solo a pensarla cosi’ . per non parlare del resto…. del locale … delle lunghe attese e … e… e..

            l mio parere ? : 9/20.

        3. abito al sud. e leggo questo sito da quando abitava più al sud che al nord (e forse era meglio). lavoro spesso a Napoli, finisco sempre un po’ prima di mezzogiorno e vado da Michele. Non faccio la fila a quell’ora e vengo servito presto e bene. La sua margherita per me è eccezionale, mi piace la pasta e pure il cornicione. mi piace il pomodoro e la mozzarella. e questo è quanto, per me, credo, come per le centinaia di facce che ci vedo ogni volta.

    2. Non per fare colui che parla solo per il passato,
      ma concordo peinamente con G.Maffi, la pizza da Michele non e’ piu’ una buona esperienza come
      poteva esserlo 20-30 anni fa, io ci sono stato l’ultima volta circa 10 anni fa e dopo una pizza
      gommosa e un conto modificato ho deciso di non metterci piu’ piede.

  4. Il vero must per la Pizza a Napoli è PELLONE al Vasto che non teme confronti e fa anche la migliore Pizza Fritta oltre a Margherita, Marinara e poche altre.
    Provare per credere.

  5. migliore pizza fritta non direi………pizzeria Dè Figlilole ai tribunali e tutino alle case rosse,per me sono il top.

      1. beh sarebbe bello fare un contest, quella di Pellone ha la frittura perfetta, aciutta e con ricotta, cicoli e fiordilatte da sballo…

    1. eccezionale, quella della Figliole a Forcella… ma anche quella di Pellone è molto buona.

        1. A me fa impazzire quella di Sorbillo, questa di Michele non l’ho provata. Così come è buona quella di Lombardi con la quale condivido solo il cognome e null’altro.
          .
          Ciao

          1. Mi ci hanno portato due volte, non saprei dirti con precisione, ma è in prossimità di un ampio slargo, quasi una piazza, non è in un vicolo o una viuzza.
            .
            Ciao

  6. hai mai provato quella della vecchia in un basso dietro via Roma?l’igiene sarà 0 però è molto caratteristica….

  7. Cara Monica, in questo frangente secondo me deve prevalere lo spirito d’iniziativa molto lodevole per quello che fate tu, Giulia, Marina e Sara, con la riproposizione di vecchi locali e pizzerie che fanno parte della storia di Napoli. E’ normale, poi, che magari non ci si trovi d’accordo completamernte
    sul cibo che si mangia. Perché sono mutati i tempi, i gusti, le persone ed il portafoglio… Una cosa è certa comunque: tuttte queste pizze sono senz’altro migliori di quelle che si fanno qui nel Cilento, L’altra volta io avevo suggerito la pizzeria Trianon che sta proprio dalle parti di Forcella, ci andate la prossima volta? Un’ultima cosa ancora: Julia Roberts ti fa un baffo, o forse due… Abbracci.

    1. concordo sul fatto che la pizza nel cilento non sanno cosa sia.questa estae ne ho provate tante ma erano mediocri quasi tutte.Oltretutto come mi ha confermato un caseificio pochissime usano il fiordilatte preferendo filoni di dubbia provenienza e qualità.Cosa questa che per fortuna non accade quasi mai da Salerno a napoli.Vebbè,scusabile la cosa col fatto che c’è tanta altra roba buona e locale da pappare.

  8. raccontare queste storie è una delle poche maniere per tenere viva la vera memoria della nostra Napoli e non farla affondare come sta succedendo, brava Mò.

  9. Eggr. sign.monica da mia, di mio padre Michele Condurro, amministratore della pizzeria, e di tutta società da michele srl la ringraziamo per le parole spese nei nostri confronti.

  10. Monica sta facendo un lavoro/studio sulle pizzerie napoletane non una guida delle pizza più buona di Napoli …… penso che sia difficile nominare solo la giuria in quanto i parametri di valutazione sono molto soggettivi .

    1. le due cose non sono antitetiche . non è vero che i parametri di valutazione sono cosi’ soggettivi. poi è vero che certo monica conosce la pizza meglio di me . ma questo è un caso troppo eclatante . e perfino maffi arriva a capire la pochezza di questa pizza :-)

    2. Guardi, io ho appena concluso la pubblicazione di una Guida sulle pizzerie di Puglia. Ma quella della composizione della giuria è di sicuro stato il problema minore. Già, nonostante siamo quattro curatori ed alcuni recensori sparsi su tutto il territorio regionale. In più, ci confrontiamo con un modello pizza che varia moltissimo: a Bari e provincia va per la maggiore quella detta “alla barese”, sottilissima, a volte come un cracker. Poi c’è quella tipo napoletana, alta, soffice, con il cornicione alto, diffusa a macchia di leopardo. Infine quella del foggiano, che è una via di mezzo fra le due.
      Alla fine, fra curatori e recensori, indipendentemente dal tipo di pizza che dovevamo giudicare, la qualità della pizza, delle farciture, delle farine, dei lieviti, è sempre venuta fuori. Questo per dirle che non vedo grandi difficoltà nel formare un’eventuale giuria sulle pizze di Napoli.
      .
      Ciao

  11. @maffi, non te la prendere (uso la tua espressione di stamani) ma trovo che non sia mai il caso di parlare di pochezza quando c’è del lavoro dietro. I Condurro sono soddisfatti della loro pizza, la offrono a un prezzo popolare e hanno file interminabili. Costa 4,50 e non ha grilli per la testa. A chi piace o a che trova la sua convenienza ci va. @amici: Non doveva avere grilli per la testa neanche quella dei nostri trisavoli perchè la pizza si mangiava per sfamarsi. Cerchiamo di non alzare i toni inutilmente, no?
    Non è facile fare 2 pizze per vari lustri e non cedere alla tentazione di metterci sopra le patatine fritte e i wurstel sebbene te le chiedano. Decideremo se esprimere dei giudizi o meno dopo aver approfondito da vicino questa realtà articolata della pizza che si può analizzare dal punto di vista organolettico con un sforzo tecnico e anche esperenziale che è nostro patrimonio per fortuna. magari con una buona dose di gusto. L’obiettivo sarà sempre di descrivere, guidare magari e sfatare dei falsi miti se ce ne sono. Magari per incoraggiare, dare segnali, stimolare, mai per criticare.

        1. ???????????? questa non l’ho capita.Roberto ci spieghi cosa e a chi ti riferivi? :-D

          1. …capita pure a me caro Marco, sai quante volte non mi riesce di capire ma di voler tirare avanti lo stesso…

  12. A dire il vero, anch’io ho notato una certa stanchezza mentale da parte di molti amici che scrivono su questo blog. Evidentemente, tutti noi abbiamo anche altri interessi e problemi personali e familiari. A questo proposito, allora, propongo di organizzare un rendez-vous di tutti noi,come è successo alla fine di agosto da Lello. Così per riunirci, parlarci, incontrarci e divertirci. Lancio l’appello al deus ex machina per antonomasia, di cui non faccio nome… Una cosa ancora: se non è possibile prima del 24 novembre prossimo, vediamoci allora prima di Natale, va bene? Abbracci.

  13. Monica, nulla di spinoso, e soprattutto nulla di personale, è solo casuale che il mio commento sia stato inserito dopo uno dei tuoi, il mio è stato solo un motivo di riflessione critico ed autocritico e l’ho voluto esternare, per chi volesse coglierlo ovviamente, e nel modo che lo voglia cogliere. Non serve spiegare , ognuno intende le cose a modo proprio, ci mancherebbe altro :-)

  14. Io vorrei capire in quale campionato si gioca: se a Napoli le pizzerie giocano tutte assieme o se c’è una serie A e una serie B. In altre parole vorrei capire se qui stiamo dando suggestiva testimonianza di una storia e se tanto deve bastare non fosse altro dal punto di vista del costume. Ma anche Sorbillo ha una lunga storia: quello gioca un altro campionato? E così Coccia. Come sono vissute le pizzerie a Napoli? L’approccio è uguale per tutte? Da parte dei napoletani, dico, perché noi dall’esterno e condizionati dall’ammuina gurmé, avremmo disposizioni d’animo e di pancia diverse, scegliendo di andare ora da Michele, ora da Sorbillo.

    1. Non ci piace, direi, l’idea della serie A e della serie B, perchè fa pensare a un ordine del tipo ottimo e scadente. Trovo che ci siano delle pizzerie che si sono aperte alle suggestioni gourmet, o perchè ci credono o/e perchè credono che sia quello il segmento di mercato più attrattivo e anche quello che le remunera di più in termini di visibilità. Queste sono quelle di serie A, per usare la tua espressione. Poi ci sono quelle di coloro che non hanno messo fuori il naso dal locale a fiutare il vento che tira o che semplicemente se ne fregano delle suggestioni gourmet. Tra queste ci sono quelle più tradizionali, nelle quali parlare di selezione degli ingredienti non è possibile. La loro selezione sta nell’usare il fornitore di sempre o la marca di pomodoro di sempre. Nelle prime c’è un filo più di cultura enogastronomica, ma è anche vero che come nella ristorazione, per fortuna, ci sono gradazioni diverse di sensibilità al mondo della ricerca sui prodotti e le le preparazioni – dai ristoranti grourmet alle osterie – cosi’ anche per le pizzerie si sta configurando una scissione del genere. Enzo Coccia mi sembra al momento in testa tra i primi. soprattutto perchè è assolutamente autentica la sua mania per sfidare se stesso e le possiiblità di questo povero alimento che diventa opera di artigianato. Il bello che la sua è una pizza gourmet ma lo è per tutti, così contribuendo ad innalzare perfino il tenore della conoscenza e consapevolezza dei suoi clienti passandogli a tavola una cura dei dettagli che diventa humus fertile per un salto qualitativ, innanzitutto, del cliente. Perchè senza questo salto molta cucina e molta pizza non si potrebbe capire, a prescindere. E si troverebbe privata di obiettivi e stimoli.

      1. Intendevo diverse serie non dal punto di vista qualitativo a priori (dio ce ne scampi e liberi) ma come intenzione, come sensibilità e filosofia, e se questo aspetto era percepito in loco. Mi confermi che son cose diverse. D’accordo che giocare ad alto livello (fa strano dirlo per una pizza che è democratica in sè) serve anche a creare conoscenza. Poi, chi vuol seguire, seguirà. Senza colpevolizzare né denigrare chi vuol continuare il suo campionato in modo trasparente e applicato: perché, e questo deve esser chiaro a mio parere, si può fare una scelta più semplice e meno articolata, la pizza lo consente, ma mai venir meno alla qualità, almeno relativa. Altrimenti si fa ‘na fetenzia, ad ogni livello. Anzi, a quel punto il livello non c’è più, e nemmeno il campionato. ;-)

    2. Premetto che sono un vero appassionato e ho provato quasi tutte le pizzerie della AVPN, altre consigliate da cittadini napoletani (io sono di Campobasso) e naturalmente anche Michele, Coccia, ecc.: bene, da questo mio giro, fatto unicamente per passione, durato diversi mesi, il campione di pesi massimi, il capoclassifica di serie A, colui che almeno 2-3 volte al mese mi fa arrivare a Napoli da Campobasso, esclusivamente per gustare la sua pizza, è GINO SORBILLO!
      Senza voler sminuire Michele (che tra l’altro poco dopo le ore 23 non mi ha permesso di sedermi) o altri pizzaioli storici, la pizza di Sorbillo è semplicemente più gustosa e saporita delle altre.
      Mi meraviglia una cosa, per tornare al discorso di come le pizzerie sono vissute dai napoletani: la grande marea di napoletani che aspetta anche 2 ore all’esterno della pizzeria Sorbillo – che non ha una sessantina di posti, ma oltre 150, quindi con più del doppio dello spazio! – per potersi sedere e gustare quel capolavoro!
      Io non credo che avendo tanta scelta tra altre pizzerie di eguale qualità, anche nella stessa via dei Tribunali, un napoletano ci penserebbe due volte a cambiare posto e scegliere un altro locale dove mangiare in minor tempo.
      L’amore e la bravura che Gino mette nelle sue pizze, e ovviamente una materia prima eccellente e in continua evoluzione, ne fanno un punto di riferimento per gli amanti della pizza, che tra l’altro ha un prezzo veramente accessibile (io una sua margherita la pagherei anche 10 euro!).
      Senza considerare la storia unica e di tutto rispetto dell’antica pizzeria, con la capostipite Esterina prima di 21 figli tutti pizzaioli!
      Quindi invito gli amici del blog a provare la pizza di Sorbillo, che sicuramente lascerà il segno!

      1. Caro Nicola, immagino che se il locale chiude, dopo una lunga giornata alle 24,00 smaltisca solo la clientela seduta già. C’è un fattore di gusto nella valutazione di ogni piatto, è indiscutibile. Noi proviamo a fare una degustazione tecnica guidati da alcuni parametri. Si approda, sono certa, a conclusioni diverse lo stesso per quanto si provi ad essere oggettivi. Gino lavora molto bene, credo sia al top in questo momento di grande vitalità per lui. Ci andrò di nuovo, è già nel piano. Grazie a lei.

        1. Grazie per la risposta Monica, sono contento di essere ospite qui da voi.
          Naturalmente, come accade per tutte le attività che riguardano i nostri sensi – come accade per i quadri, qualcuno può anche dire che quella signora a braccia conserte chiamata Gioconda è insignificante e non piace -, il fattore soggettivo è imprescindibile per giudicare un piatto, fermi restando dei parametri tecnici fondamentali come ad es. la qualità della materia prima.
          Credo però che nei templi sacri della pizza napoletana, la qualità e la tecnica della materia prima e della lavorazione siano sempre rispettati (dalle mie parti invece è una tragedia!).
          Dunque a questo punto entra in gioco il pubblico: centinaia di persone – napoletani che non sonodi certo teneri con le lunghe attese, per aspettare poi cosa? Una pizza! – che OGNI sera, con la pioggia o con il caldo torrido aspettano di essere chiamati.
          Questa credo sia la prova sovrana, un parametro di quelli di cui giustamente parli tu, da cui non si può prescindere per valutare oltre al prodotto, anche il risultato.
          Del resto, se milioni di persone ogni anno vanno al Louvre a vedere quella donna a braccia conserte, un motivo ci sarà :-)
          La (per me va bene anche il ti!) saluto.

  15. … Mi chiedo il motivo per cui vengano recensite sempre e solo le pizzerie del capoluogo partenopeo quando anche aldilà della stessa città ci sono tante belle realtà, su tutti mi viene in mente la PIZZERIA SALVO a San Giorgio a Cremano (NA) … o cerchiamo sempre e solo gourmet anche per un prodotto che alla base è molto ma molto elementare ?!?!?!? La tradizione è tale …

    1. Niente affatto. Non ci occupiamo in questo caso di pizze gourmet. ce ne sono del resto pochissime. Molto volentieri inizieremmo il giro di quelle fuori capoluogo. Appena possibile. E’ solo una questione di gambe, non di volontà. Attendo i suoi suggerimenti. Pizzerie antiche almeno 50 anni, che abbiano una filosofia orientata alla qualità e alla tradzione. Le migliori e/o storiche. saluti

  16. Che dire? c’è chi propone la pizza con i wurstel il mais, le patatine e lo speck. Evidentemente qualcuno la gradisce e per quel qualcuno QUELLA è la pizza migliore: per il resto sposo la tesi di Monica, una azienda che da sempre propone solo due pizze, quelle della tradizione, merita tutto il rispetto,e se l’azienda stessa continua con crescente successo la sua attività vuo dire che il prodotto è più che buono-

    1. Prescindendo dal caso concreto non credo che l’equivalenza successo-prodotto buono sia sempre valida.Ci sono tanti motivi per cui uno sceglie un certo locale che esulano dal cibo ad esempio la fama,il fatto che sia molto frequentato,il tipo di locale ecc…Così esistono posti dive si mangia divinamente e sono vuoti perchè ad esempio in zone periferiche o fuori dai giri giusti.

      1. Bravissimo,appunto, che vuol dire se un posto ha una storia, èfamoso, è sempre pieno… e alloraper forza si mangia anche bene? Mica detto, è pieno il mondo di trattorie e pizzerie piene di clienti anche se simangia male.

  17. La PIZZERIA SALVO per quanto ne so, è antica di tre generazioni e soltanto dal 2006 è nella loro nuova sede di San Giorgio a Cremano,ma sino ad allora era qualche centinaio di metri distante nel comune di Portici,vicino lo stadio San Ciro …
    In provincia secondo il mio parere ci sono tanti posti dove si mangia una pizza degna di nota, ma se cominciamo a parlare di giri giusti o zone periferiche …

  18. Premetto che sono un vero appassionato e ho provato quasi tutte le pizzerie della AVPN, altre consigliate da cittadini napoletani (io sono di Campobasso) e naturalmente anche Michele, Coccia, ecc.: bene, da questo mio giro, fatto unicamente per passione, durato diversi mesi, il campione di pesi massimi, il capoclassifica di serie A, colui che almeno 2-3 volte al mese mi fa arrivare a Napoli da Campobasso, esclusivamente per gustare la sua pizza, è GINO SORBILLO!
    Senza voler sminuire Michele (che tra l’altro poco dopo le ore 23 non mi ha permesso di sedermi) o altri pizzaioli storici, la pizza di Sorbillo è semplicemente più gustosa e saporita delle altre.
    Mi meraviglia una cosa, per tornare al discorso di come le pizzerie sono vissute dai napoletani: la grande marea di napoletani che aspetta anche 2 ore all’esterno della pizzeria Sorbillo – che non ha una sessantina di posti, ma oltre 150, quindi con più del doppio dello spazio! – per potersi sedere e gustare quel capolavoro!
    Io non credo che avendo tanta scelta tra altre pizzerie di eguale qualità, anche nella stessa via dei Tribunali, un napoletano ci penserebbe due volte a cambiare posto e scegliere un altro locale dove mangiare in minor tempo.
    L’amore e la bravura che Gino mette nelle sue pizze, e ovviamente una materia prima eccellente e in continua evoluzione, ne fanno un punto di riferimento per gli amanti della pizza, che tra l’altro ha un prezzo veramente accessibile (io una sua margherita la pagherei anche 10 euro!).
    Senza considerare la storia unica e di tutto rispetto dell’antica pizzeria, con la capostipite Esterina prima di 21 figli tutti pizzaioli!
    Quindi invito gli amici del blog a provare la pizza di Sorbillo, che sicuramente lascerà il segno!

  19. P.S. In alcuni incontri a tema con la pizza dove era presente Gino, ho assaggiato delle prelibatezze del territorio campano (salumi, formaggi, verdure) utilizzate come condimento sulle pizze che davano dei risultati spettacolari!
    Una creatività unica!!

  20. Ho letto con piacere la recensione di Monica.
    La pizza di Michele è povera, economica, popolare.
    E fantastica.

    La pizza gourmet lasciamola agli altri.

  21. Da Michele semplicemente si fa La Pizza,

    poi ci sono tutte le altre.

    Se non hai mai mangiato la pizza da Michele non hai mai mangiato la pizza.

  22. Da bambino mi portava mia madre con il mio padrino e la sua famiglia. Per identificare la pizzeria, il mio padrino, napoletano verace diceva oggi andiamo a mangiare la pizza – ‘a ruota ‘e carretto – e si capiva subito qual’era la pizzeria prescelta. Oggi potersi avvicinare è diventato un lusso, nel senso del tempo di attesa, prima di entrare. Già il fatto che la pizza è la marinara (che in tante pizzerie ti portano con le alici) la Margherita, e il ripieno che abbiamo sempre chiamato ‘o cazone. I Tempi cambiano e anche i nomi, ma la qualità della pizzeria da Michele rimane la stessa.

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