Prosecco Superiore, vino anticrisi. Parla il presidente Innocente Nardi


Il presidente Innocente Nardi

di Andrea Guolo

La peggior primavera degli ultimi anni dal punto di vista climatico (e non solo) non ferma la corsa del Prosecco Superiore, la Docg che accomuna le bollicine dei 15 comuni compresi tra Conegliano e Valdobbiadene. Certo, un po’ di sole in più avrebbe favorito i primi aperitivi all’aperto, situazioni ideali per il consumo di questi vini. Nei colli della Marca però le aziende vitivinicole non si lamentano e continuano a macinare record. Dopo aver registrato nel 2011 il massimo storico di 68,8 milioni di bottiglie, quest’anno i produttori stanno distribuendo con profitto una nuova annata record, il 2012, caratterizzata da una raccolta stimata in crescita del 3-4%, che dovrebbe consentire al Superiore di superare la soglia dei 70 milioni di bottiglie e di ottenere, grazie alla spinta sulla diversificazione produttiva, un risultato ancor più importante in termini di fatturato. Ne abbiamo parlato con Innocente Nardi, titolare dell’azienda La Farra (Farra di Soligo) e presidente del Consorzio produttori del Prosecco Superiore di Conegliano Valdobbiadene, protagonista con altre 64 aziende alla 16.ma edizione di “Vino in Villa”, che si è tenuta al Castello San Salvatore di Susegana. Si tratta del momento più importante dell’anno per la promozione del territorio, della sua immagine e del suo prodotto icona, con notevoli presenze di operatori e di stampa estera. L’evento, a cui abbiamo partecipato domenica 19 maggio, è stato inoltre graziato dal cielo, che dopo una mattinata all’insegna della pioggia (tanto per cambiare…) ha concesso una tregua e omaggiato i colli del Prosecco di un sole inaspettato per tutto il pomeriggio.

Immagino, presidente Nardi, che in vita sua abbia pochi ricordi di una primavera così orribile dal punto di vista meteorologico. Quanto ha influito negativamente questo clima sui consumi di Prosecco docg, considerando il legame del prodotto con l’aperitivo e la bella stagione?

Tutto sommato siamo fortunati, noi del Prosecco Superiore di Conegliano e Valdobbiadene, perché da un lato possiamo disporre di un vino i cui consumi non dipendono dalle stagioni, dall’altro si presenta come un prodotto dalla diffusione fortemente internazionale. Sebbene il clima sia stato inclemente un po’ in tutta Europa, le vendite nei primi quattro mesi dell’anno, comparate con lo stesso periodo del 2012, sono in attivo. Merito della versatilità del nostro Prosecco. Stiamo notando un particolare apprezzamento per la sua versione più secca, quella brut, che viene consumata a tutto pasto, in accompagnamento a piatti leggeri, antipasti, pesce o carne bianca.

Ci conferma che il 2013 sarà l’anno del nuovo record di bottiglie?

Secondo le nostre previsioni, dovremmo superare quota 70 milioni. Voglio precisare però che nella zona della Docg abbiamo ormai raggiunto quella maturità che ci permette di poter cambiare strategia: l’obiettivo non consiste più nel battere i record di quantità, bensì nel dare valore al prodotto in termini qualitativi. Notiamo inoltre che un numero sempre più elevato di consumatori internazionali apprezza il nostro Prosecco Superiore e ci permette di compensare il leggero calo di vendite all’interno.

Quali sono i principali mercati di destinazione?

Delle 68,8 milioni di bottiglie distribuite lo scorso anno, il 42% circa è destinato all’export: in tutto fanno 30 milioni di bottiglie, vendute per il 50% nei tre Paesi di lingua tedesca (Germania, Austria e Svizzera) e per il restante 50% nel resto del mondo, con significative quote per i mercati inglese, che in questo momento mostra gli elementi di positività maggiore, statunitense ed est europeo.

 

Vino in villa

Quali i più promettenti?

Stiamo lavorando per far conoscere il mondo Prosecco in area asiatica e soprattutto in Cina, con un progetto di comunicazione e di presenza nelle principali fiere specializzate, avviato lo scorso anno, che ci ha portato ad esporre a Hong Kong, Shanghai e da quest’anno anche a Pechino. Crediamo che il Prosecco, oltre a rappresentare lo stile italiano dello stare insieme e del consumo conviviale, possieda quelle caratteristiche che gli consentono di essere abbinato con le varie cucine del mondo.

La strategia del Consorzio?

Valorizzare il territorio, la sostenibilità delle nostre produzioni e la declinazione del Superiore nelle sue possibili articolazioni. In un’area di per sé abbastanza piccola, composta da soli 15 comuni, possiamo far emergere le diverse sfumature della produzione, che a Conegliano è caratterizzata da una maggior corposità rispetto a quella del territorio di Valdobbiadene, nei cui vini emergono profumi particolarmente floreali. Stiamo inoltre puntando sulla tipologia Rive, che in dialetto indica un vigneto coltivato in un terreno particolarmente pendente. Senza dimenticare quello che è il nostro fiore all’occhiello, il cru dei cru: mi riferisco naturalmente al Cartizze.

Il mercato come risponde?

Stiamo operando nelle condizioni ideali: tutto ciò che viene prodotto in questo momento è richiesto, la domanda supera l’offerta.

Un problema però si pone: la tutela del marchio. Le imitazioni non mancano…

Un passo fondamentale è stato fatto nel 2009, con il riordino del mondo Prosecco, che ha legato il suo nome a un territorio abbastanza ampio, 9 province del nordest, per la Doc, ma decisamente più ristretto per il Superiore, a testimonianza del lavoro fatto in questa zona nel corso del tempo e della storicità del suo prodotto, nonché della posizione produttiva di alta collina. Attualmente i consorzi di tutela che hanno la loro radice attorno al nome Prosecco stanno lavorando in sinergia per la difesa della sua identità.

Con quali azioni?

Stiamo costituendo una società consortile, a cui sarà delegata la tutela internazionale del nome. Ciò ci permetterà di agire in sinergia con il ministero delle Politiche Agricole e con l’Unione Europea, per consentire la riserva d’utilizzo del nome Prosecco alla sola zona che in Italia fa riferimento a tale denominazione. In Italia e in Europa, di fatto, siamo già tutelati. Negli Stati Uniti, dopo un recente accordo tra Washington e Bruxelles, dovremmo esserlo.

Quindi il problema quali Paesi riguarda?

In giro si vedono tanti, troppi prosecchi brasiliani e australiani. Perciò dico che il lavoro di tutela dev’essere avviato anche nei Paesi emergenti, per ottenere l’obiettivo di riservare l’utilizzo del nome Prosecco al nostro prodotto e di farlo a livello planetario. Questo compito non può essere ottenuto senza coinvolgere l’Unione Europea.