Rosati di Provenza e Champagne rosé, ecco dove va la Francia e come orientarsi in otto etichette


Uno dei rosati in degustazione al seminario di Giovanni Ascione

Le due degustazioni guidate da Giovanni Ascione alle Notti del Rosato

di Giovanni Ascione*

Impresa difficile, quella di riuscire a dare in due soli incontri di degustazione, organizzati nell’ambito delle notti del Rosato a Fabbrica dei Sapori, uno spaccato della realtà francese del rosato. Anche perché, al di là delle Alpi, le cose non sono così univoche e la situazione non è poi così buona come qualcuno potrebbe pensare, anzi. L’onda lunga della legge Evin del 1991, quella che dichiarava la guerra a tabagismo ed alcolismo, ormai è ampiamente arrivata ed ha creato nel mondo del vino e della relativa comunicazione una sindrome del terrore.

Le riviste..."proibite". Altro che Iran, siamo in Francia!

Guai a mettere foto in testate generaliste senza le dovute avvertenze, guai ad enfatizzarne il consumo, guai ad uscire di una virgola da interpretazioni normative che divengono via via più restrittive. Un clima oscurantista che abbiamo difficoltà ad immaginare, ma che sta segnando sempre di più le sorti del settore, forse in maniera irrimediabile. La prima conseguenza è una frattura netta tra il grande vino di qualità e quello quotidiano, con il secondo che deve trovare nuove strade di consumo e nuovi approcci alla clientela. Ecco perché il rosato francese si trova paradossalmente in un momento di crescita. E’ diverso, sembra meno impegnativo, allontana dalla vecchia immagine del vino e, ovviamente, gode dei pregi della versatilità e dell’accessibilità economica come dappertutto.

Giovanni Ascione durante la degustazione

Tre stili
Anche per questo, all’inizio di ogni incontro, abbiamo parlato prima del concetto del rosato, poi del vino francese in generale, infine del rosato francese in particolare. Abbiamo fatto una netta distinzione fra i tre stili di fondo:
–    quello della tradizione provenzale, con un colore che ricorda più i toni del giallo che quelli del rosa, un profilo aromatico floreale e minerale ed una spiccata sapidità al palato; un rosato gourmand, nato per stare a tavola con l’aromatica cucina del sud
–    quello dell’approccio italiano, con colori più accesi, tendenti a volte al fucsia, e con nasi intensi, dominati dalla frutta; palati più rotondi, con spesso un tocco dolce finale dato da residui zuccherini non molto lontani dalla soglia dei 10 gr/l; vini completi, rotondi, abbastanza ruffiani, da bere anche da soli
–    quello del rosso travestito da rosa, con colori definiti proprio dalle tonalità del rosso ed una struttura ricca, potente, con profili fruttati, speziati e minerali spesso di grande complessità; qui il confine tra le categorie diventa più sfumato, come conferma proprio un fuoriclasse francese come Château Simone, del quale abbiamo parlato molto (tanto che sarebbe bello farne una verticale in una prossima edizione).

Un momento della degustazione

Del resto i due modi di fare il rosato (quelli leciti, visto che il blend di bianco e rosso è ufficialmente ancora vietato per i vini fermi), e cioè la pressatura diretta o il salasso, influenzano in maniera determinante lo stile. Infatti, l’utilizzo del salasso non vede praticamente mai il rosato come obiettivo principale del processo di vinificazione, bensì quasi come un sottoprodotto. Nobile, certo, ma pur sempre il sottoprodotto di un rosso che si è voluto o dovuto concentrare.
Beh, di tutto questo abbiamo parlato, discusso e perfino riso, nelle due serate.
Il tema della prima era la Provenza, con l’aggiunta di bollicine finali. Con i vini abbiamo giocato sulle piccole differenze, con uno stile, seppur ormai abbastanza lontano dalla tradizione più pura, abbastanza omogeneo.

Gosset Rosé

Côtes de Provence 2009 Château de la Galinière
Syrah e Grenache per un gran bel naso dal profilo floreale e minerale, di una mineralità appuntita, quasi gessosa. Ricorda i classici rosati provenzali della tradizione, salvo poi mostrare una bocca molto più rotonda e fruttata, questa volta all’italiana, con un discreto residuo zuccherino.

Côtes de Provence 2009 Domaine Houchart
Blend di Grenache, Cinsault e Syrah, con una piccola aggiunta di Cabernet Sauvignon, ha un intrigante naso di fiori di campo e fragola, con una palato in perfetto equilibrio tra sapidità, freschezza e ritorni di frutta; probabilmente il più bilanciato e gradevole nell’insieme dei tre vini fermi della prima degustazione.

Côtes de Provence Sainte Victoire 2009 Domaine Houchart
Una selezione delle migliori uve aziendali di Grenache, Syrah, Cinsault e Mourvèdre, per un vino più profondo e complesso, con naso e bocca di ciliegia e fiori freschi e con un tocco amaricante nel finale; il meno lontano dei tre dal vino rosso.

Champagne Grand Rosé Brut Gosset

Anche se siamo ad Aÿ, in area Pinot Nero, ne troviamo solo il 35%, con il 58% di Chardonnay ed il 7% di vino rosso. Lo stile della Maison, però, c’è tutto. Rotondità, opulenza e vinosità ai massimi livelli, con bollicine lievemente sovradimensionate al palato, forse proprio per creare un correttivo di durezza. Nel suo genere, comunque, davvero di ottima fattura.

Il tema del secondo incontro, invece, riguardava le altre regioni, sempre con una chiusura di bollicine. Qui forse ci siamo divertiti di più, con una diversità maggiore ed il gruppo più diviso sulle propri preferenze.
Cabernet d’Anjou 2009 Château Pierre-Bise
Divertente versione del Cabernet Franc della Loira, secondo una tradizione che sfrutta anche il salasso. Colore anomalo, terroso, che trova ampia conferma nel naso, all’inizio di difficile interpretazione. Il palato dolce, gradevole, ruffiano, fruttato e di grande bevibilità mette tutto a posto e rende questo vino più compatto e sfizioso. Del resto siamo davanti ad uno dei migliori produttori della regione.

Gigondas 2008 Château du Trignon
Stile da Provenza, dalla quale non siamo affatto lontani. Grenache, Syrah e Cinsault regalano il vino fermo più interessante delle due serate. Naso di delicati fiori di campo e fragoline di bosco, con un’appuntita vena minerale di roccia bagnata; palato altrettanto affilato, ma compiuto e equilibrato fin nel lungo finale, senza alcun cedimento. Vino da apprezzare ancor di più se pensiamo che è un 2008.

Collioure 2009 Clos de Paulilles
Collioure é una denominazione coincidente con Banyuls, nel Roussillon, al confine con la Spagna. Syrah e Grenache in parti uguali disegnano un vino deciso, intenso, con profumi vinosi e leggermente erbacei, seguiti da una bocca quasi da rosso, con una discreta trama tannica che tende ad affiorare nel finale.

Champagne Bollinger Rosé
Senza voler scatenare polemiche sulla superiorità stilistica o morale tra le grandi maison ed i produttori più piccoli, non è azzardato definire Bollinger come una delle vette più elevate dell’enologia champenoise. Vieilles Vignes Françaises ed RD a parte, la sua gamma è impeccabile, fino all’ultima bolla. Come in questo rosato da Pinot Nero (62%), Chardonnay (24%) e Pinot Meunier 14%, con una quota del vino rosso che ammonta al 5% del totale. Naso dall’attacco bianco e dall’evoluzione verso tonalità più rosse, con sfumature che prendono il sentore della melagrana e del lampone; bocca un po’ calda, ma disegnata da bollicine impeccabili e da una bevibilità perfetta.

Due incontri molto gradevoli, nobilitati dalla presenza di alcuni tra i migliori degustatori del nostro panorama nazionale e da un pubblico interessato e coinvolto come non mai. Due serate che hanno saputo lasciare un bellissimo sapore, nella mente e nel palato.
All’anno prossimo.

*Degustatore Bibenda, specializzato in Francia

2 Commenti

  1. A me piace molto il “Domaine de l’Ile” 2005 – Porquerolles – Cotes de provence AOC – di Le Ber.

    L’ho bevuto una sola volta, a cena presso il Ristorante Chantecler nell’Hotel Negresco di Nizza, dove il sommelier francese, figlio di pesaresi emigrati, ce lo consigliò.
    Ancora me lo ricordo, come in sogno, di una bontà accesa. Che abbiano contribuito il posto, il fatto che ero in vacanza, dopo aver trascorso qualche piacevole giorno al Vinexpo di Bordeaux ?

    In quella vacanza in Provenza ne ho bevuti altri. Nessuno buono come quello.

    Ah, la Provence !!!!!!!!!!

    Ciao

    .

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