Solopaca bianco di Santimartini


Vista la vittoria ai mondiali di Germania, usiamo pure una metafora calcistica: vi immaginate Maradona o Pelè giocare solo nei campetti di calcio delle periferie delle loro città? Questo, fatte le debite proporzioni, è quello a cui si sta dedicando da alcuni anni a questa parte la più illustre e famosa doc del Mezzogiorno, Solopaca. Un destino comune ad altre, cito a memoria Galatina, Canosa, Cirò, che hanno combattutto negli anni passati sul fronte della quantità trovandosi poi spiazzate quando l’orientamento del mercato è profondamente cambiato a paritre dall’inizio degli anni ’90. Dopo un lungo letargo, durante il quale sono state fatte anche sorprendenti scelte di marketing che non sembrano aver sortito gli effetti sperati, qualcosa di serio inizia a muoversi. Dopo Nicola Venditti, a lungo solitario con il suo mitico Vigna Bacalàt, il primo segnale dell’inversione di tendenza è stato dato tre anni fa da Torre Gaia a Dugenta, che ha creduto nel Solopaca classico, una denominazione alla quale è interessato soprattutto il territorio del famoso comune sannita, mettendo sul mercato il Pagus bianco e il Cortinolfi rosso. Ora qualcosa di serio sembra muoversi: la Cantina Sociale, una delle portaerei del vino campano rimasta in porto per tutti gli anni ’90, ha chianato Angelo Pizzi per verificare la possibilità di avviare una collaborazione. Ha invece solo un paio di vendemmie l’azienda Santimartini, la cantina nella mitica Via Bebiana, che, dopo aver lanciato un buon Aglianico e soprattutto un paio di formidabili Falanghina tra cui il Ciesco della Mirella 2004, punta sul core business del territorio, cioé il Solopaca. Il Pietre Sparse 2005, blend di falanghina, malvasia e trebbiano, rappresenta uno dei migliori bianchi della scorsa vendemmia in Campania. Molto intenso e persistente, in bocca è abbastanza morbido, strutturato, persino un po’ grasso nonostante la stagione delle piogge, in ottimo equilibrio il dosaggio delle uve lavorate solo ed esclusivamente in acciaio. Lo abbiniamo ai latticini freschi e alle zuppe di verdure della Vecchia Trainella, l’agriturismo sorto sulla riva opposta del Calore nel territorio della confinante Guardia. Oppure a quasi tutti gli antipasti pensati da Raffaele D’Addio al Foro dei Baroni della vicina Puglianello. Un colpo di reni nato da una idea di Antonio Fumarola, che spero proprio serva a far rientrare questa doc nella rosa dei titolari della squadra vitivinicola campana: il tempo della panchina è scaduto, la partita va giocata.