Studiamo e impariamo il “tempo” del Timorasso


Timorasso, uve

Timorasso, uve

di Erika Mantovan
Parliamo del tempo? Dopo aver letto l’ultimo scritto di Carlo Rovelli affrontare questo tema non mi pare certo un passatempo da poco al contrario è tra i più complicati perché è la firma della nostra memoria. E con il suo scorrere, a tratti gli eventi appaiono sfuocati e quel tocco di unicità -di un momento o di un giro fantastico del pensiero intorno alla Terra- quello, si, è perso se non lo si coglie. Sappiamo che scorre più veloce in montagna che in pianura, i ritmi sono diversi cosi come la loro contestualizzazione in ogni luogo.

MAPPA Tortonese

MAPPA Tortonese

Ed esiste anche una direzione, del tempo, dal passato al futuro perché ora, adesso, mentre si scrive e legge il tempo è passato. E se i principi di termodinamica sono distanti da noi e facciamo finta di non capirli non possiamo esimerci dall’eternalismo dell’attitudine dell’uomo ad ambientarsi alla “variabile natura”: il mutamento del tempo (il meteo) e le decisioni di coltivare l’uva e, con lei, tutte le colture. Il filosofo greco Anassimandro diceva che “le cose si trasformano l’una nell’altra secondo necessità e si rendono giustizia secondo l’ordine del tempo”.

Vigne, Timorasso

Vigne, Timorasso

E questo tempo e il suo “ordine” nella zona del tortonese lo ripercorriamo con i lineamenti climatici che spaziano, da un periodo arido e caldo (200-400 d.C) a uno fresco e umido tale da definirlo una piccola età glaciale altomedioevale, in scena dal 500 al 750 d.C. In questi intervalli l’abbassamento della temperatura e la siccità sono alcune delle cause delle crisi agrarie. E nonostante le invasioni barbariche e delle cavallette, seguite da una seconda fase calda (750-1300 d.C) con pozzi secchi e la comparsa della vite persino in Inghilterra, gli insediamenti umani e l’agevolazione del commercio non si sono mai arrestati.

Terre di Libarna

Terre di Libarna

La “sala cinema” che proietta questa storia contemporanea è Tertona o Derdona (oggi Tortona) città “degna di considerazione” già ai tempi dell’Imperatore Augusto, vittima del terribile Barbarossa e preziosa alleata della città Milano. Ma si parlava del tempo, poco fa. Il suo “passare” è confermato con la leggendaria precisione dei monaci benedettini e la costituzione di monasteri, i luoghi di partenza di quello che vogliamo raccontare: il vino. La cura delle parcelle migliori di uve Barbera, Croatina, Dolcetto e Timorasso formano oggi i Colli Tortonesi. In origine gli ettari proficui sono 5000 in cui trovano spazio anche pesche e ciliegie. E nel fluire dello spazio – tempo l’areale si è ridotta e conta in questo dinamico presente “soli” 2000 ettari. Di questi, 1500 sono tutti a favore della Barbera con la zona di Monleale a farla da Regina. Lo “spettacolo Timorasso” debutta grazie a Walter Massa e continua a stupire grazie alla comprensione ed apprezzamento, sempre più vivi, della singolarità di quest’uva coltivata in marne azzurre del periodo Tortoniano composte da terreni compatti e ricchi di depositi marini ed argille che colorano sei valli: Scrivia, Curone, Ossona, Grue, Borbera e Spinti.

Timorasso - vigneto e fave

Timorasso – vigneto e fave

E se siamo abituati ad assistere alla nascita di fenomeni (intesi come “mode” ed “consumi”) sappiamo anche che arriverà, inesorabile, il tempo dello sviluppo ed espansione massimo. E in questa prima “serie Tv”, diventata ormai un cult, le novità che invogliano a seguirla non sono tardate ad arrivare: la cantina Oltretorrente è una realtà giovanissima che crea un bel “logico disordine”. La qualità raggiunta dei vini partoriti in soli 7 anni di attività è strabiliante. Chiara e Michele sono due giovani agronomi che dopo la laurea e qualche esperienza in cantine delle Marche finiscono tra i Colli tortonesi. Un caso, un destino, fatto sta che si spingono fino a Paderna e qui trovano la strada per iniziare il proprio percorso come produttori con 50mila euro. L’ integrità e l’ampia superficie un po’ libera ed incontaminata a tratti abbandonata da vecchi contadini era pronta a concedersi e liberare, insieme a loro, il proprio talento. E allora nel 2010 si parte e si lavora alla vecchia maniera: con passione e manualità. I 7 ettari sono suddivisi in 6 diverse parcelle in cui le piante si trovano esposte a Nord e a Sud a 300 metri, e sono di età sia secolare che giovane (15 anni). Il tutto è lavorato con approccio sano e sensibile finalizzato al recupero della naturale fertilità dei suoli. Oggi l’azienda è certificata biologica.

E nella cantina, dove tutto è iniziato, nel cuore del paese, quando si scende sotto terra si trovano vecchie vasche in cemento, ancora usate per le fermentazioni, e le barrique francesi destinate all’affinamento dei rossi.

Il tempo è il risultato di trasformazioni e fatiche e regala, infatti, molte soddisfazioni: per Oltrettorente si sono aperti e sviluppati i mercati stranieri (15) e quello italiano. Con i primi guadagni si è dato il là ad ulteriori investimenti e quindi nuove vasche da inserire in un locale più grande e funzionale cosi da continuare a sfidarsi focalizzandosi, in primis, sul vitigno più redditizio: il Timorasso. Questa “nicchia ecologica” è degna del nome Oltrettorrente alias “Parma Vecchia”, conosciuta per aver sempre ospitato gente lontana e diversa. Dopo la nascita dei figli e Michele e Chiara sono stati ancora più generosi con questa terra. Generosi, si, come i loro vini: il Cortese 2016 si illumina nel bicchiere con scintille di pompelmo e mallo di noce. E al palato si scalda con equilibrio e costante sapidità e freschezza. E il Timorasso? Quello nato nel 2010 è un velluto di agrumi. Una plancia strutturata e piena. Un grande artista che pittura una tela delicata e fresca a pastello che sa di zafferano.

Archetipo bottiglia

Archetipo bottiglia

E il risultato del tempo a volte riesce a tramutarsi anche in un qualcosa di scioccante e quindi di indefinito per la sua bellezza e ricchezza. Nel percorrere le curve della Val Borbera con Ezio Poggio (titolare dell’omonima azienda) si ascolta la storia e si scoprono delle “antiche novità”: chiese, abbazie, castelli e tanto, tantissimo verde. “Un tempo qui era tutto una vigna” -dice Ezio – e “ho recintato la mia per evitare di farmi mangiare tutto dai cinghiali”. E questa sua creatura si trova quasi sul tetto di una collina sempre luminosa e ventilata. Circondati da boschi e rocce, dall’aria che tira sembra quasi di essere in montagna, con il Borbera e le sue suggestive gole delle “Strette” a riflettere i raggi del Sole. L’azienda Poggio, attiva da cinquant’anni, è stata una delle promotrici del recupero del Timorasso (abbandonato dopo lo spopolamento del secondo dopoguerra) e nel “nostro tempo”, i sei ettari di Ezio sono tutelati e rientrano nella DOC “Terre di Libarna”, sottozona dei Colli Tortonesi nata nel 2011 dopo un lungo lavoro di studio e riqualificazione svolto con vivace entusiasmo. “Terre di Libarna” perché questa città romana (Libarna) della Liguria ha visto il suo sviluppo con l’apertura della via Postumia nel 148 a.C. e si è trasformata in un importante centro economico e sociale forte anche della sua prosperosa viticoltura oggi rinata. Il vino prodotto in questa spettacolare plaga si chiama “Archetipo” e quindi un’idea diventata principio e modello che dopo cinque anni profuma di lice e polvere di zafferano che preparano ad un sorso carico con souplesse granulare e freschissima che ricorda la rugiada del mattino nel fin di bocca. È un esempio che al momento dell’assaggio diventa una risposta che a sua volta formula domande: “Cosa dire in futuro? Come sviluppare la DOC nel tempo”? Sarà proprio lui, il tempo, a dare le risposte incontrandosi con le volontà del territorio. Non mi stupirò se si vedrà nascere una nuova DOCG.

 

Un commento

  1. Carissima signora Erika Mantovan , mi spiace doverle dire che leggendo il suo servizio si fa fatica a starle dietro nei suoi liberi pensieri non legati in modo semplice e armonioso . E inoltre il protagonista diventa il tempo…
    Mi sono perso un’ occasione di sentir parlare di un mio favorito il Timorasso , appunto…
    (non me ne abbia forse sono un po’ ignorante …)

    Moreno

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