Taurasi 2004 dei fratelli Urciuolo


Questo Taurasi racconta una storia antica e rara in Irpinia, dove quasi tutte le aziende oggi impegnate nella vinificazione prima lo erano semplicemente a conferire la loro uva. Nasce dal mestiere di Ciro Urciuolo, residente in quel di Contrada, dalla sua capacità di costruire ottimi pali di castagno per vigneti ricavandoli dai boschi freddi e fiabeschi del monte Faliesi per poi rivenderli. Il figlio Nicola ha continuato creando la tradizione, passata a due dei suoi figli, Antonello e Ciro. Loro, come si direbbe oggi in termini manageriali, hanno «diversificato» il rischio di impresa iniziando a commerciare vino oltre che in pali di sostegno alle viti. Hanno così seguito un percorso simile a quello di alcuni sono diventati vinificatori a Napoli fornendo le botti per la traffica di Gragnano magistralmente raccontata da Giovanni Ansaldo in un libricino ristampato a cura dei cugini Giugliano di Mimì alla Ferrovia. Con l’aiuto di Carmine Valentino, loro compaesano e coetaneo, hanno poi iniziato a fare sul serio anzitutto con l’uva alle pendici della montagna, siamo tra le valli di Lauro, del Sabato e dell’Irno: fiano piantata su due ettari di terra argillosa e cretosa a 360 metri di altezza. Poi hanno man mano esteso la loro attività acquistando due ettari a Mirabella Eclano dove nasce appunto il Taurasi da aglianico e fittando una ventina di ettari nelle zone delle docg Greco di Tufo e Fiano di Avellino. Da vin de garage ad azienda, insomma, senza dimenticare l’attività iniziata dal nonno, forse anche dal bisnonno: oggi la nuova struttura sta in fase di ultimazione, è aperta la collaborazione con la Vesevo del gruppo Farnese e in un anno saranno pronti uffici, sala degustazione, bottaia con torrente artificiale, nuovi locali per vinificare e imbottigliare. Un’altra storia di successo, da bere in occasione dell’Anteprima Taurasi in programma la settimana prossima quando Antonello e Ciro presenteranno per la prima volta al pubblico l’annata 2004, ossia, «il ritorno del classico» come l’hanno definita gli organizzatori. Ed è un rosso elegante, fine, sottile, minerale, quasi freddo, un Aglianico da godere subito alla buona con un buon caciocchiato di Ariano Irpino, oppure da comprare in grandi quantità e stapparlo per i prossimi dieci, quindici anni per scoprire come sia nuovamente straordinario un millesimo così difficile, di come la tecnica abbia potuto regalare bicchieri altrimenti impensabili fino a poco tempo fa. Un Taurasi d’autore, il bicchiere dell’amicizia fra Antonello, Ciro e Carmine.