Taurasi, il segreto dell'Antica Hirpinia


19 gennaio 2002

Le forze oscure (non quelle degli anni ’70…) sono certamente da temere o comunque da trattare con riguardo all’ombra del Vesuvio, ma in questo caso facciamo gli spavaldi: il 17 porta molto bene al vino. Tanti sono, infatti, i comuni irpini su cui ricade l’unica denominazione di origine controllata e garantita (la Docg) del centro-sud, il Taurasi. Il centro omonimo fondato dai sanniti, teatro della sconfitta delle truppe di Pirro nel 273, oggi conserva i fasti del passato ma quasi nulla qui ricorda al visitatore di essere nel paese simbolo di uno dei più importanti vini italiani: ovunque prevale un senso di malinconico abbandono di cui per fortuna ci si libera appena varcata la soglia delle cantine protagoniste della rinascita dell’Aglianico, il vitigno base (secondo il disciplinare del 1992 non meno del 75 per cento) del Taurasi, costretto ad invecchiare tre anni, di cui uno in botte, prima della commercializzazione. Prima di entrare in centro, sulla sinistra (via Iannacchini, 11. Telefono 0825 781140, sito www.anticahirpinia.it), c’è la grande struttura dell’Antica Hirpinia, la cooperativa di 170 soci diretta da Antonio Buono e le cui pubbliche relazioni sono affidate al vulcanico Giacomo Pastore, uno dei rari comunicatori che l’Irpinia può vantare in questo settore dove il prodotto è di gran lunga superiore alla capacità di presentarlo, di competere sull’immagine e di organizzare il territorio. Qui il Taurasi, come il Greco e il Fiano, è offerto a prezzi assolutamente accessibili evitando le follie degli ultimi anni, con i rossi campani più costosi dei migliori Chianti. Ma la neve che oggi copre i 250 ettari dell’Antica Hirpinia da cui si producono circa 600mila bottiglie seppellisce la solita polemica e ci spinge anzi a dare il consiglio per l’abbinamento. Le etichette, pappagalline in gabbia, recitano noiosamente da anni: carni rosse, arrosti e selvaggina. Sarà certamente vero, bevetelo però sugli involtini di interiora di agnello o capretto (mogliatielli in Irpinia, ’mbruglitieddi in Cilento, gliummariddi in Lucania) e scoprirete il vino più buono del mondo.