Rosa Antico Cerasuolo 2006 Montepulciano d’Abruzzo doc


Fausto Albanesi e Adriana Galassi un matrimonio tra vigna e grano

Uva: montepulciano
Fascia di prezzo: da 5 a 10 euro
Fermentazione e maturazione: acciaio e legno

Si fa un gran parlare, negli ultimi tempi di vini rosati, con manifestazioni ed eventi che sottolineano il crescente interesse del mercato e della critica per questa tipologia a torto considerata minore.

Il rosato, se preso sul serio, è un vino, che più degli altri nasce dalla vigna, mette a nudo lo stile di produzione di un’azienda, facendo capire se si fa vino per esprimere le potenzialità del vitigno in precisi terroir, intesi come combinazione di fattori geologici, pedo-climatici, tipologia e cultura dell’intervento umano in vigna e in vinificazione. Se ne è parlato molto in questi ultimi giorni durante le due degustazioni condotte da Monica Piscitelli e Francesco Muci, “ I Produttori bevono…I Produttori”, in occasione della terza edizione delle Grandi Notti delle Bollicine e del Rosato alla Fabbrica dei Sapori di Battipaglia I risultati emersi durante le vivaci discussioni tra produttori hanno messo in luce che, nonostante tutto, sia presso la critica, sia presso il consumatore, inconsapevole o evoluto, il vino rosato rimane sempre, in ultima analisi, strettamente legato al concetto dell’immediatezza, della semplicità “ da vinello estivo”, spesso definito “ non vino”. Fausto Albanese e Adriana Galassi di Torre dei Beati, presenti alle degustazioni e alla manifestazione, hanno fatto un paragone illuminante con i vini bianchi: cosa manca in generale al vino rosato, per poterlo considerare un grande vino? La capacità di invecchiare, più precisamente, è assente nei consumatori la predisposizione mentale ad accettare che il rosato invecchi. Mancano, escluse poche eccezioni, delle espressioni ragionate e significative in merito. Una delle strade percorribili allora per poter iniziare a considerare il rosato un grande vino, e’ quella di studiare tecniche di vinificazione e di affinamento in grado di affrancare il vino dal “dovere” di essere fresco e semplice e che ne rendano invece possibile l’invecchiamento, secondo stili che, con il tempo, si consolideranno, dimostrando quel plus oggi  mancante.

Le vigne a metà strada tra il Gran Sasso e il Mar Adriatico

Il Rosa Antico e’ nato quasi per caso, da un tentativo di fare uno spumante metodo classico da Montepulciano per festeggiare il decimo anno di attività di Torre dei Beati.  Per creare la base spumante, Fausto ha vendemmiato il 10 ottobre 2006, nel periodo di piena maturità del Montepulciano della zona, grappoli in quel momento meno maturi, non neri, ma ancora rossi, se non ancora con sfumature verdi. Dal tavolo di scelta i grappoli sono andati, interi, direttamente nella pressa soffice, per estrarre in modo delicatissimo solo il cuore della spremitura, eliminando le impurità contenute nel primo succo e le estrazioni della fase finale. Dopo una decantazione statica a freddo, il mosto illimpidito ha fermentato in barriques vecchie di 5 e 6 anni, lentamente, con un controllo di temperatura effettuato artigianalmente spostando le barriques all’esterno o all’interno secondo le ore del giorno, e bagnandole all’occorrenza per determinare raffreddamento per evaporazione, con frequenti batonnages. Il vino e’ rimasto in quelle piccole botti per 18 mesi ( metà 2007), e da allora ad oggi in acciaio e bottiglia di colre rigorosamente scuro. L’acidità era molto buona, pH 2,90, parametri importanti per la spumantizzazione, ma la gradazione alcolica di 12,5 gradi, dopo l’aggiunta di zucchero sarebbe salita sopra i 13,5, decisamente troppi per uno spumante.  Inoltre il costo per termocondizionare a dovere un piccolo ambiente  dove avrebbe dovuto svolgersi  la rifermentazione, era eccessivo. Fausto e Adriana decidono di lasciare il vino fermo e di farlo assaggiare così. A Fabbrica dei Sapori, dove è stato presentato in anteprima, la mia mente ha lavorato di fantasia, immaginando come sarebbe stato in versione spumante, decido poi che il Rosa Antico, al di là del disorientamento che potrebbe sicuramente creare nell’assaggiatore con il palato “da classico rosato”, può essere considerato davvero un buon esperimento. Ho chiesto, per conferma, di assaggiare il Cerasuolo“Rosa-ae” 2006, ottenuto con tecnica diversa, ma soprattutto con uve più mature, quindi nato da un diverso progetto enologico: un altro vino, completamente diverso da questo, e meno interessante nel gusto e nei profumi. Il nome, arriva per assonanza di marketing da “Rosso Antico” il principe degli aperitivi di un po’ di anni fa. Il colore, al di là dell’assonanza “pubblicitaria”, è davvero rosa antico, tenue, ma, estremamente vivace. Mi preannuncia un’importante freschezza poi confermata al palato. Il naso è abbastanza tipico da cerasuolo, ci avviamo però verso note di marasca e fiori rossi. Il primo sorso è spiazzante, ci si aspetterebbe appunto una bocca da rosato, suadente, ingresso un po’ dolce, invece percepisco una struttura forte e delicata allo stesso tempo, protagonista, ben bilanciata in morbidezza, freschezza e sapidità. La lavorazione del Montepulciano “ in bianco” ha conservato la componente tannica, smussata dai 18 mesi di botte piccola. Il vino ha una convincente rotondità di bocca e una piacevole e lunga persistenza aromatica. Si potrebbe dire – citando Giovanni Ascione – un misto tra scuola francese e italiana del rosato, con una certa inclinazione verso le terre d’oltralpe, in quanto a considerazione e convinzione di star lavorando un prodotto che è protagonista e parte integrante a pieno titolo della gamma aziendale e non un semplice completamento, richiesto dalle mode o dal mercato. Fausto e Adriana non fanno nulla senza passione e convincimento. L’assaggio del Rosa Antico è stato così improvviso e spiazzante, tra la folla dei banchi d’assaggio delle Notti del Rosato, che non ho avuto né tempo, né voglia di pensare ad un abbinamento. Perfetto da aperitivo, questo è sicuro, spero possa  poi divenire l’inizio di un nuovo stile d’interpretare fedelmente il territorio.

Questa scheda è di Giulia Cannada Bartoli

Sede a  Loreto Aprutino 65014  (Pe), Contrada Poggio Ragone  Tel. 085.4916069 [email protected] ,  www.torredeibeati.it Enologo: Giancarlo SoverchiaBottiglie prodotte: 80.000 Ettari: 17 di proprietà Vitigni: Montepulciano, Pecorino.

2 Commenti

  1. “….cosa manca in generale al vino rosato, per poterlo considerare un grande vino? La capacità di invecchiare, più precisamente, è assente nei consumatori la predisposizione mentale ad accettare che il rosato invecchi.”
    .
    Mah, io non son sicuro che il consumatore ricerchi dei rosati da invecchiamento, così come non son sicuro che voglia bere il rosato solo con il caldo estivo. Son sicuro che se sul mercato si trovassero facilmente, ad un prezzo corretto, dei rosati puliti in bocca ed al naso, con una buona acidità ed un colore brillante, né troppo carico né troppo slavato, il consumatore se ne fregherebbe della possibilità d’invecchiamento. Trovo cioè che sia preliminarmente utile iniziare coralmente a produrre rosati di qualità e farli penetrare nel mercato piuttosto che arrovellarsi sul come e quanto farli invecchiare.
    Poi è ovvio che i Produttori maggiormente lungimiranti e bravi possano e debbano fare la loro fuga in avanti nella sperimentazione e nella produzione.
    Mi metterò quindi subito alla ricerca di campioni di Torre dei Beati per provarli.
    .
    Inoltre non sono d’accordo che un vino per esser definito grande debba avere necessariamente una buona capacità di invecchiamento. Ad esempio qualche giorno addietro mi son bevuto un lambrusco di Cavicchioli, il Vigna del Cristop 2008…….buonissimissimo…..e chi se ne frega se possa o meno invecchiare !!!
    Comunque, tornando ai rosati, alcuni che invecchiano bene esistono. Fra quelli che conosco io ci sono il Girofle di Azienda Monaci (Puglia) e il Cerasuolo di Valentini (Abruzzo).
    Il Girofle/Controcorrente, ad esempio, nel suo formato magnum anche a distanza di anni da soddisfazioni notevolissime.
    Sul Cerasuolo di Valentini penso sia inutile soffermarsi ulteriormente. Il nome del Produttore è più che sufficente, ma posso ribadire che il loro 2006 è veramente eccellente, mentre i più recenti non li ho bevuti.
    .
    Ciao

  2. Giulia anch’io sono convinto che il vino rosé si debba bere così. Non lo vedo proprio come vino da invecchiamento. Penso anche che non si debbano “…studiare tecniche di vinificazione e di affinamento…” proprio per farlo durare nel tempo, perché perderebbe la sua specifica prorogativa di vino giovane, fresco e godibile. E’ un vino che – est modus in rebus – completa le partes tres delle tre tipologie cromatiche. E poi abbiamo già un ottimo rosé da invecchiamento: lo Champagne, quello originale, ma anche quello nostrano. Abbracci.

I commenti sono chiusi.