Torre Gaia, l'enoturismo riparte da Dugenta


2 febbraio 2002

Degustare, mangiare, fare sport, visitare qualche monumento, acquistare un po’ di artigianato, andare a caccia di prodotti tipici. In una parola, enoturismo. Una possibilità di trascorrere il tempo libero ancora difficile in Campania dove i vini sono ottimi, spesso grandi, ma le cantine sono poco accoglienti, a volte orribili. Fattoria Torre Gaia: 113 ettari di cui 80 a vigneto, elegante complesso patronale voluto all’inizio del Novecento dalla famiglia Perlingieri, un bar, otto casali sparsi qua e là, piscina, show room, campo da tennis, ristorante, sala convegni, quattro punti di degustazione, bottaia da sogno e presto 50 posti letto. Parte da Dugenta, in una proprietà in decadenza venduta dalla Banca Popolare di Novara ad una società di otto professionisti la risposta a quella domanda che sinora ha solo l’Umbria e la Toscana come risposte più vicine. L’avventura è iniziata da meno di un anno, ma è destinata a lasciare il segno: non sono molte le aziende meridionali dove è possibile fermarsi per mangiare e soggiornare in un ambiente dotato di tutti i comfort, immediatamente raggiungibile da Napoli, Caserta e Benevento (contrada Boscocupo, tel. 0824 978172. Sito www.torre-gaia.com). Già, ma cosa bere? Per prima cosa il mitico Aia Vecchia (un pensiero commosso all’annata 1990, introvabile), rosso tabacco mai in crisi, seguito da Poggio Bellavista e Re Sole (Aglianico). Quanto ai bianchi, la Falanghina del Sannio e un Asprinio spumantizzato a Valdobbiadene. Ad un sorso dal bicchiere le ceramiche di San Lorenzello e di Cerreto, i formaggi del Matese, i prosciutti di Pietraroia e una decina di aziende di qualità sorvegliate dall’austero Taburno.