Tramonti bianco 2009 doc Apicella


Giuseppe Apicella (foto Sara ragone, 1999)

Uva: falanghina, biancolella
Fascia di prezzo: da 5 a 10 euro
Fermentazione e maturazione: acciaio

Con riflessioni sulla questione dell’odore nelle persone e nel vino

C’è un solo areale al Sud in grado davvero di competere con l’Irpinia quando parliamo di bianchi: è quello di Tramonti. Ossia di quella fetta rurale della Costiera Amalfitana che si distende dal Valico di Chiunzi sin verso il mare di Maiori e i palazzi di Ravello tra gole, chiese rupestri, castagni, pecore e capre, caseifici e fabbricati senza manutenzione in cui riconosci il paesaggio del Sud povero e anarchico.


Di questa cosa ho in verità percezione recente, da quando cioé alle uve hanno messo mano i giovani, Prisco Apicella, Fortunato Sebastiano e Gerardo Vernazzaro, con risultati sempre più strabilianti a partire dal 2006.

Come ogni anno, quando abbiamo terminato le degustazioni a Paestum, stavolta per Slow Wine dopo le belle esperienze fatte con Vini Buoni, mi riservo un vino capace di lampeggiare nella mia testa. Non qualcosa di più buono, bensì di sorprendente.

In questo caso la finezza assoluta del bianco base di Apicella, stiamo girando intorno ai cinque euro franco cantina, Iva più Iva meno, mi ha favorevolmente colpito. Apicella non è nuovo a questa cosa, pensiamo al Colle Santa Marina 2008

Anzitutto per il naso
Ci sono i vini a zaffata, come le persone che mettono troppo profumo, certamente riconoscibili ma sempre uguali e noiose per l’olfatto, il primo dei sensi che perde l’attenzione.
L’odore rivela una persona, soprattutto l’odore scelto rispetto a quello naturale. Per quanto buono sia il profumo, avverti che sia qualcosa di staccato dal corpo che hai di fronte, poi magari lo ritrovi improvvisamente tra la folla mentre stai al bar o in un treno: lo stesso identico odore capace di avvolgere uno sguardo assolutamente diverso da quello a cui lo avevi associato e allora avverti di più la falsità della prima costruzione. Possono essere gli odori sempliciotti di shampoo alle fragole, con i quali si rifanno i tram di buon mattino, o anche quelli più complessi e costosi, forse rari, mai però unici.
In questo caso l’odore è un vestito il cui scopo precipuo è coprire, occultare l’essenza di chi ne usa così abbondante: si manda un messaggio forte e urlato per non catalizzare l’attenzione su altro.
Ma chi ha paura del proprio odore? Solo chi mente professionalmente.

Il profumo

Infatti ognuno di noi ha un odore. Proprio come il vino. Abile è la costruzione enologica capace di costruire uno spettro olfattivo unico, naturale ma non naturista, in cui la tecnica esalta il bicchiere riuscendo a mantenere la sua specificità. E poi come sia necessaria anche la complessità, quella cancellata dall’uso improprio dell’arte del profumo di cui ho appena detto.

Oggi non amo toccare persone dal profumo comune e non riesco più a bere ananas e frutto della passione. E’ un mio limite ma ormai posso permettermi di fare quello che cazzo mi pare e sono più libero di quando gridavo “libertà”.

A me piacciono quei vini che all’inizio hanno un profumo appena percettibile e che piano piano sale con il passare dei minuti e dell’ossigenazione, sempre cangianti, in cui ci sia certo un po’ di frutta, ma soprattutto il terreno, il bosco, l’ambiente in cui la vite ha fruttificato.

I vini bianchi della Costiera di nuova generazione sono così. Si aprono con ritrosia al naso, prima un po’ di floreale se sono giovani, poi il fruttato, poi erbe di campo, soprattutto a bicchiere vuoto o con il riscaldamento. Pensi alla roccia fredda d’inverno. Il muschio e le nebbie nordiche della Costiera degli Elfi.

Il bocca è un bianco austero, non ruffiano, essenziale. Una lama di acciaio che disegna con precisione il percorso segnato dalla freschezza, dai ritorni di buona frutta, tanta sapidità, corpo, alcol in equilibrio. Una beva appagante e professionale, davvero un piccolo gioiellino di quelli che a noi piacciono tanto perché uno dei miracoli del Sud in questo momento è avere con pochi euro bottiglie uniche, tipiche e di valore. Basta muoversi con un po’ di curiosità e tanto aggiornamento.

Ma soprattutto, seguire il proprio naso, decisamente più importante della vista nella decodificazione del vino e del cibo.

Sede a Tramonti, via Castello Santa Marina 1. Tel. 089.856209. www.giuseppeapicella.it Enologo: Prisco Apiella. Ettari: 5 di proprietà. Bottiglie prodotte: 50.000. Vitigni: aglianico, piedirosso, sciascinoso, falanghina, biancolella.

3 Commenti

  1. con questo caldo Tramonti è l’ideale per una fuga a caccia di fresco e tranquillità.Magari una bella sedia a sdraio,con un calice di bianco e un buon libro,all’ombra di un castagno………basta poco per essere felici.

  2. i vini di Tramonti sono unici e genuini come la gente di questo luogo poi vederlo nascere è il massimo,grande Prisco

  3. ho trovato un’inversione sulla 2009: il bianco base (floreale, elegante e robusto insieme) è una bella storia, si fa bere facile; il santa marina 2009 pur avendo naso elegantissimo, fiorale, balsamico e chimico, chiude troooooooppo morbidissimo e perciò va meno bene del base, pur restando un bel vino.
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