Un bicchiere per due / Franciacorta “Coupé” Non Dosato, Monte Rossa


Ceramica vietrese

di Fabrizio Scarpato

Erano tanti anni che desiderava venire in Costiera. Suo marito aveva sempre trovato un motivo per non partire: il lavoro, una scusa, un malanno, la macchina, il treno. Non c’era mai tempo. Poi un giorno il tempo s’era portato via lui e lei, con grande fatica, a quel tempo si era aggrappata con tutte le sue forze. Perché voleva vivere: se lo poteva permettere, in tutti i sensi.

E adesso era lì, a un tavolino all’ombra della limonaia del suo albergo, il grande cappello e gli occhiali da sole. Sola. Meglio così: le venne da sorridere pensando al fastidio che le avrebbero procurato le figlie se l’avessero accompagnata, e subito dopo se ne vergognò pensando ai suoi nipotini. Ma tant’è, si accese una sigaretta e tirò un sospiro, guardandosi intorno. Non potè fare a meno di indugiare su quel signore, anche lui ospite dell’albergo, che ancora una volta, come succedeva da giorni, era alle prese con la capote automatica del suo coupé cabriolet: non riusciva mai a chiuderla, si inceppava, e lui che sacramentava, forse in veneto, in un modo goffo, ma spontaneo, come se fosse a casa sua. Anche una macchina coupé cabriolet le sarebbe piaciuta, ma… i ladri, il garage, il freddo… insomma le solite cose.

Franciacorta Coupé Non Dosato, Monte Rossa

Era l’ora dell’aperitivo e aveva chiesto uno spumante: al bar l’aveva colpita quell’etichetta così raffinata e un po’ demodé, i tratti naif di quei grappoli d’uva a disegnare un centrino di pizzo. Femminile, pensò. E in effetti sentendone col dovuto distacco il profumo, aveva percepito tocchi eleganti di frutta esotica, di ananas, con una bella nota acidula di agrumi, forse lime, forse pompelmo. Elegante, specie nel colore, di un giallo cedro quasi dorato, e nel perlage finissimo e insistente. Come le piaceva guardare le bollicine e pronunciare la parola perlage.

Là dove il mare luccica e tira forte il vento sarebbe stato conveniente perdere lo sguardo all’orizzonte baloccandosi coi pensieri, non fosse stato per il cicaleccio di quel gruppo di attempati signori e signore che ogni sera si ritrovavano in terrazza. Niente di che, ma lei ne era infastidita, anche se non riusciva a distogliere l’orecchio, tantomeno lo sguardo. Si rifugiò nel suo vino che le presentò il conto con una rasoiata tagliente, croccante che solo per pietà le concedeva un finale più accogliente che sapeva di litchi e uva sultanina. Ecco, pensò, una specie di carezza in un pugno: e si trattenne dal canticchiare “a mezzanotte sai che io ti prenderò, ovunque tu sarai sei mia...”, non foss’altro perché Celentano le era sempre venuto bene, e forse non era il caso. Come pizzicata da un briciolo di vergogna finì il bicchiere che le lasciò una sensazione imprevista di morbidezza, sulla quale si soffermò un attimo, come rapita.

«Signora, mi deve scusare, spero di non importunarla, ma… ecco… gradiremmo se volesse unirsi a noi per un’uscita a cena a Cetara. Stasera. Per quel che vale, ecco, io ne sarei contento. La prego». Per poco non le venne uno stranguglione che cercò di mimetizzare con un sorriso. Non fece in tempo a chiedersi se quel sorriso fosse un po’ ebete che lui l’anticipò: «Allora è sì? La vengo a prendere tra due ore con la mia macchina, se si fida. Nessun problema con la guida, è un po’ quella tecnologia tutta pulsanti che mi fa arrabbiare. Pazienza, l’ho presa a noleggio a Salerno, era disponibile un coupé cabriolet e mi son detto “perchè no?”».

“Perché no”: quante volte aveva sentito quelle due parole declinate a negazione, quante volte aveva ingoiato quel rifiuto così generico, indolente, apatico. Perché non un altro bicchiere, allora. Il cameriere si avvicinò con la bottiglia ricamata di grappoli d’uva e lei notò la scritta “Coupé” in caratteri anni sessanta, quelli delle auto sportive, da foulard e occhiali scuri su e giù per la Costa Azzurra. Bevve con un filo d’ansia e avvertì in fin di bocca una nota di frutti rossi, petali di geranio e mirtilli, quasi quel Franciacorta sapesse mostrare muscoli da vino rosso, senza perdere nulla in levità ed eleganza.

Era tempo di andarsi a preparare. Decise di salutare brevemente il gruppetto di persone con cui sarebbe uscita: ma prima si voltò un attimo e, facendo conto sul riparo dell’ampio cappello, velocemente si passò un po’ di rossetto sulle labbra. Sapeva di frutti di bosco.