Una domenica sul Vesuvio


di Michela Guadagno*

Foto ricordo nel vigneto

Da sinistra: Angela Calabrese, Luisa Del Sorbo, Michela, Alberto Capasso, io, la cuoca ucraina Luisa autrice di un memorabile ragù, Marina Alaimo, Pasquale Brillante, Miriam, la sorella Kira con il marito. Alle spalle il Vesuvio con il cratere ancora un po’ innevato. Sotto i piedi il nero terreno lavico.

La visita all’azienda biologica Sylva Mala
Sylva Mala, letteralmente traduco la selva oscura, che nel mezzo del cammin di nostra vita rammenta quanto il percorso sia più interessante del traguardo. Qui l’antro dell’inferno dantesco c’entra poco, siamo invece alle pendici del Vesuvio innevato da una stagione invernale come poche in Italia, dopo mesi scanditi dalla pioggia, la neve imbianca e copre ancora la vetta del cono vulcanico. Salendo da Boscotrecase, la “selva” di pini marittimi tra la terra lavica “oscura” si intravede, percorrendo le stradine che salgono su verso la montagna. Non fa freddo, la giornata di sole accende i colori invernali. L’azienda Terre di Sylva Mala delle sorelle Miriam e Kira Saglioccolo apre i cancelli e quello che sorprende è la presenza di realtà vitivinicole che sfuggono alle mete solitamente battute dai cercatori di vino, qui ci arrivi se lo sai e se ti ci portano. Sono otto ettari di vigneti impiantati a coda di volpe, falanghina, piedirosso e aglianico, circa 2000 le bottiglie di Lacryma Christi bianco e 1500 quelle di rosso al debutto con la vendemmia 2008, perchè il piedirosso rende di meno, alcune piante non arrivano neanche a dare frutto. Per il resto della produzione Pompeiano igt si arriva a cifre di 10000 bottiglie circa con una resa di 60 quintali di uva. In giro per l’azienda a rigorosa conduzione biologica dal 2001 che si propone anche come agriturismo, si estendono a perdita d’occhio i filari di vite a controspalliera a soppiantare i vecchi impianti a pergola di quella viticultura che resisteva da queste parti fino a venti anni fa, allo scopo di assorbire dal terreno il calore emanato, ombreggiandola però dal sole. Qui e là si scorgono un piccolo terrazzamento in pietra, come una sorta di vasca per raccogliere le acque pluviali in un cono che serviva per consentire l’irrigazione, e lì vicino qualcosa che sembra una radice emersa, invece è una colata lavica di chissà 100-200 anni; muretti a secco di pietra lavica circondano il vigneto, i loro colori cangianti violacei bluastri rossicci riecheggiano un campo su Marte; uno spiazzo circolare in mezzo alle vigne dove arriva il “frùscio”, un vento che dal Golfo sale a ventilare e ad asciugare l’umidità e a mitigare le estati calde; il “colle dell’oblio” apre una vista circolare su Capri, Punta Campanella e Punta Scutolo, alle spalle si erge a protezione l’ombra del Vesuvio: la terra lavica si dichiara in questo territorio vesuviano che offre colori e sapori ai suoi prodotti.
Dopo questo giro bellissimo andiamo a tavola, proviamo i vini nel migliore dei modi e la conversazione si scalda. Siamo io, Luciano, Luisa Del Sorbo che cura le relazioni dell’azienda, Pasquale Brillante neo delegato Ais dei Comuni Vesuviani, il giornalista e degustatore Ugo Baldassarre, l’amica sommelier Marina Alaimo, la giornalista Angela Calabrese e Alberto Capasso, docente dei master Slow Food. Tutti profondi conoscitori del territorio.
A tavola viviamo un’atmosfera rilassata e piacevole, senza formalismi, beviamo il Coda di volpe Pompeiano igt 2007 e il Piedirosso Pompeiano igt 79 dopo Cristo in versione magnum dell’annata 2007. Il colore del bianco è quasi ambrato denunciando una vendemmia tardiva che offre al naso profumi di pesca e albicocca secca, note agrumate dolci di arancia candita, una buona spinta acida al palato esprime lunga vita ancora, sapidità e struttura danno spessore al corpo, l’alcol è deciso, la forte struttura equilibria il grado alcolico che supera i 12 dichiarati dell’etichetta. Ripulisce la bocca dai piccoli rustici di sfoglia del panificio Piccolo Forno, dal salame fatto con il maiale cresciuto in azienda e dal formaggio offerti in antipasto. Al telefono sentiamo anche due grandi assenti: gli amici Monica Piscitelli, giornalista, e Maurizio Paolillo, degustatore e collaboratore di Porthos. Il rosso è più giovane nelle sfumature rubino, di trama fitta e spessa e dai profumi rossi giovani freschi e una bocca vellutata, l’alcol predomina maggiormente e anche qui i 12 gradi paiono indicativi; la forma del magnum difende il suo vino sui paccheri al ragù di mano ucraina della signora Lucia che ha imparato i segreti del ragù partenopeo, giusto il piccante, lo stesso nel secondo piatto di salsiccie al ragu di tracchie (costine) di maiale.
Con i dolci di piccola pasticceria si beve un “rimedio medicamentoso”, lo trovate in vendita solo negli scavi di Pompei, eseguto con uve piedirosso e aromatizzato da petali di rosa, nella ricetta citata da Apicio si consiglia l’aggiunta di miele e acqua, è preferibile da solo.
Lasciamo l’azienda con i profumi dei fasci di mimose regalati alle signore, perchè poi il Paradiso esiste, anche in Terra.

*Sommelier e responsabile corsi, Ais Napoli

Hai proprio ragione cara Michela: il bello del vino è proprio vivere queste realtà, farlo con gli amici, godere dell’entusiasmo di giovani viticoltori come Miriam e Kira che dedicano tutte se stesse alla ragione dell’ambiente. Provare le bottiglie in modo naturale. Ho voluto iniziare la settimana con il tuo articolo come buon auspicio e invito a stare fermi sulle cose reali.(l.p.)

Terre di Sylva Mala, Boscotrecase. Via Fruscio, 2. Te. 081.8289480. www.terredisylvamala.it.Enologo: Alessandro Mancini. Ettari: 8 di proprietà. Bottiglie prodotte: 20.000