Vendemmia 2010. Vino invenduto: prezzo dell’uva che precipita


Bronde Roderick, la pigiatrice

di Stefano Buso

Ci siamo: pronta al via l’attesa vendemmia, seppur in ritardo rispetto a quella passata, grazie al clima magnanimo. Si annuncia abbondante, generosa di qualità – due elementi vincenti – che dovrebbero sostenere significative “soddisfazioni”. Uve buone, dolci, ricche di nettare.

Chicchi che sembrano gemme preziose modellate dal sole e… dalla fatica degli uomini. Già, proprio quel lavoro impegnativo di produttori e maestranze di cui troppo spesso non si parla perché non “fanno notizia”.

Tuttavia, oltre a queste confortanti prospettive, da nord a sud un grido d’allarme corre sullo stesso binario. Sul mercato c’è parecchio vino invenduto: moltissime bottiglie che il consumatore non s’è filato nonostante la qualità del Made in Italy enologico.

Significa che la saturazione sta proprio nella parte terminale della filiera, quella che guarda dritta negli occhi il consumatore. Fare in modo che il mercato si liberi dall’invenduto equivale scansare furberie e probabili speculazioni, omaggiando la nuova produzione. Oppure qualche illuminato da ferree soluzioni tardo-estive ha pensato ad una radicale rottamazione anche per il vino? Nei fatti, restano infinite problematiche concernenti a un’evidente sovrapproduzione enologica e ai tanto auspicati (e mai visti) abbattimenti dei prezzi.

Come stampa di settore segnaliamo da tempo questi aspetti, sia per tutelare il consumatore, sia per far in modo che dinnanzi alla prospettiva di una vendemmia come quella in itinere (tranne spiacevoli sorprese settembrine) non si accodi il cruccio di come e… dove smaltire il vino. In buona sostanza, lavoro e sbattimento all’origine, e poi la bella notizia che a valle c’è ancora molto vino da “digerire”. Troppe bottiglie invendute equivalgono a far precipitare il prezzo dell’uva.

Lo spettro crisi potrebbe serpeggiare tra i vigneti con tutte le nefaste ripercussioni che avrebbe per il settore e l’indotto. Noi tocchiamo ferro, siamo moderatamente ottimisti, ma vigiliamo…

14 Commenti

  1. Nonostante il colore dei grappoli resto “bianchista” …

    Ah, una cosa diversa, non ne conosco ancora gli effetti ma ci stavo pensando , avete mai provato a bere direttamente un metodo classico allo sboccamento, cioè direttamente in gola allo sboccamento? Tutto incluso insomma…

  2. Mi piace il “moderato ottimismo”, anzi, io lo sono un po’ di più. Ma come diceva Roberto Gervaso negli anni ’80, “l’ottimista ama la vita, il pessimista la conosce”. I consumi di vino, almeno finora, sono continuati a scendere, come ho già avuto modo di evidenziare in un mio precedente contributo in queste pagine. Le cantine sono piene di vino invenduto. Qualche giorno fa ho visitato la cantina di un rinomato produttore della provincia di Trapani, il quale, prima di della degustazione dei suoi vini, ha ammesso, e a sangue freddo, che entro i prossimi 6 mesi, parecchie cantine in Sicilia chiuderanno i battenti. Leggendo un intervista al produttore di Brunello Gianfranco Soldera leggo che negli anni Settanta lui produceva 15.000 bottiglie su 700-800.000 totali di Brunello. Oggi, che si producono più di 7 milioni di bottiglie, e si vorrebbe arrivare a 14 milioni, lui continua a produrre la stessa quantità di vino. E come dice lui, questo dà davvero la misura del cambiamento. La sua azienda vinicola non ha risentito della crisi. E questo perché ha continuato a produrre sempre le sue 15.000 bottiglie. Il mercato del vino è ormai in mano agli industriali enologici, non più ai vignaioli. Di contro, gli italiani che capiscono qualcosa di vino sono, si e no, il 10% della popolazione. E il ministro Galan, con fare decisamente “berlusconiano”, asserisce che non bisogna esagerare e che se c’è un settore che è cresciuto nei mercati mondiali è proprio il vino. Demagogia surreale. E una magistrale lezione di ottimismo, non c’è che dire.

  3. A parte l’abbondanza e la qualità generosa della “testimonial” che ,” a pieni voti ” soddisfa il consumatore , veniamo a noi! Giunti al bivio fatidico , ci troviamo difronte al solito dilemma : vendemmia che si preannuncia abbondante , di qualità ma al contempo c’è in cantina tanto vino “invenduto” ; perchè ? come mai ? . Secondo me il consumatore , e per la crisi economica presente e per la levitazione dei prezzi della singola bottiglia tira il freno su un eventuale acquisto (prezzi saliti alle stelle!), facendo crescere la giacenza!! mi pongo la domanda:ma perchè i proprietari d’azienda fan lievitare i prezzi di vendita?? Eppure acquistano l’uva a prezzi stracciati! (specialmente quelle “blasonate!”) a completo nocumento del contadino che non rientrando neanche in minima parte con le spese sostenute , si vedrà costretto ad abbandonare il proprio vigneto!! in sintesi :acquisto dell’uva a basso prezzo+vendita della bottiglia a caro prezzo= vino invenduto.

    1. Infatti la questione è proprio il prezzo.
      Molte aziende nuove in Irpinia hanno fatto un ragionamento assolutamente sbagliato. Questo: siccome Feudi e Mastro vendono a tot, allora anche io posso farlo (magari perché è più buono)
      Invece avrebbero dovuto vendere sotto i prezzi di aziende così conosciute.
      Basta vedere cosa succede nel Vesuvio. Le aziende storiche sono sempre sotto la media di Lacryma C. di Mastro, Feudi e Terredora e non conoscono crisi.
      I bianchi più o meno tirano, ma il Taurasi è fermo perché tutti sono partiti da prezzi assurdi, sopra i 12 euro, ossia le vecchie 25mila lire, il costo di un pasto. Senza avere storia è impossibile reggere il mercato
      Oggi il vero prezzo di un Taurasi per essere venduto dovrebbe aggirarsi sui 5, 6 euro. Allora sì che le cantine si svuoterebbero.

      1. Si, è anche una questione di prezzo, ma non solo. Ma ci rendiamo conto di quante nuove cantine hanno aperto i battenti negli ultimi 10 anni? E quanti nuovi ettari vitati si sono aggiunti a quelli preesistenti, soprattutto in Irpinia e nel Cilento? E siccome tutto è relativo, tali produzioni potevano essere assorbite dal mercato nazionale ed internazionale, essendo anche piccole produzioni di nicchia, senza colpo ferire in un battibaleno, semprechè si fosse pianificato e realizzato un minimo di promozione di tali prodotti, a fronte di un prevedibile aumento della produzione. Un esempio per tutti : ho partecipato, nella scorsa primavera qui in Campania, ad un evento quale il Sagrantino Day, organizzato dal Consorzio di Tutela del Sagrantino nella nostra regione e non solo, per promuovere
        il loro prodotto. Vi risulta che il consorzio di tutela dei vini dell’Irpinia abbia mosso il lato b dalla poltrona per promuovere i vini del nostro territorio?Anzi, si è dato da fare per tentare di far fallire quelle poche iniziative che ancora sopravvivono nella nostra infinitesimale realtà! Ma non è che ci sia un disegno dietro questo atteggiamento meschino, tendente ad avvantaggiare i soliti brand che tanto ormai sono conosciuti, a svantaggio dei piccoli produttori?

  4. Non credo che ci sia un disegno occulto o quantomeno ,come dire, un “cartello “di blasonati;piuttosto credo che questa miriade di piccoli produttori (debuttanti allo sbaraglio?) non abbia coscienza o cultura consortile di tutela del vino.per cui considera il proprio prodotto alla pari con coloro o colui che ha da tempo avviato un discorso qualitativo foraggiato anche da un battage pubblicitario ,generato con proprie risorse!.del tipo!Perchè ,ad esempio, il mio Taurasi deve costare meno di quello di tizio o caio?Allora mi adeguo ai prezzi correnti………..e questo porta a cantine….non più aperte!! ma bensì piene di vino….invenduto!

  5. I miei complimenti caro Lello Tornatore,se mi permetti di usare questo termine sebbene non ti conosco.HAI FATTO CENTRO.I Big delle produzione vinicola,secondo il mio parere,stanno facendo di tutto per far scomparire i piccoli produttori.DANNO FASTIDIO ECONOMICAMENTE.Se non vado errato,in un”intervista televisiva,ad un notissimo produttore del Nord,di cosa ne pensasse dei piccoli produttori,lui rispose senza colpo ferire,che tutti i BIG della produzione vinicola in Italia si dovevano coalizzare per far scomparire i piccoli produttori.Bene alla stregua di tutto ciò,senza presunzione alcuna, io ho la ricetta per far scomparire loro dal mercato.Immagina solo per un”attimo,che da un giorno all”altro uscirà la legge che il vino non dovrà più contenere solfiti perchè dannosi per la salute.Cosa li accadrà a questi signori?Non sarà facile adeguarsi alle regole.Si sono spinti troppo su questo campo,tanto che introducono sul mercato dei vini che sono una vera e propria schifezza.Tutto ciò ai danni della salute dei consumatori.Lo scrivente abita alle pendici del Vesuvio laddove si produce IL CAPRETTONE e NON Coda di Volpe,come tutti erroneamente e volutamente fanno propaganda.Su questo particolare sto conducendo personalmente una battaglia contro tutte quelle falsità che si sono dette e scritte su questo singolo vino figuriamoci in vasta scala.Solo il pensiero mi inorridisce.Ti saluto cordialmente

  6. Il mio approccio è di colui che , nell’ambito del tema disquisito , ha una visione “trasversale” derivante dall’essere , al tempo stesso , sia “contadino” che “winemaker” . A mio avviso dobbiamo parlare di cause generali quali :
    a) crisi economica mondiale
    b) contrazione del mercato dei vini “made in Italy”
    nonchè di cause particolari (ossia legate al territorio Irpinia) quali :
    a) aumento indiscriminato della superficie vitata
    b) atteggiamento fortemente speculativo da parte delle Cantine piu’ importanti
    d) totale latitanza delle Istituzioni per una politica concreta di valorizzazione del territorio
    e) incapacità dei produttori di intraprendere una politica di sinergia finalizzata all’abbattimento dei costi
    L’argomento è lungo e complesso , non mi dilungo oltre ringraziando il Blog che mi fornisce l’occasione di poter esprimere la mia opinione

  7. Il vino ha una filiera complessa. Il guadagno è soprattutto alla fine. In certi winebar paghi un calice di prosecco anche 3-4 euro. Uno spritz a Vanezia e dintorni costa quasi 3… suvvia, torniamo con i piedi sulla terra:-)

  8. Ci ritroviamo ancora una volta a discutere una situazione gia’ vista e rivista e non solo nell’ambito vitivinicolo.Anni fa’ c’e’ stato il boom degli ipermercati,molti piccoli imprenditori hanno gettato la spugna e chiuso.Altri hanno tenuto duro,offerto servizi piu’ adeguati a ancora oggi tengono sul mercato.
    Quindi secondo il mio parere da piccola imprenditrice ed in ambiti diversi;chi si improvvisa e vuolefare numeri(nel caso del vino)non durera’.
    Riuscira’ chi fara’ bene,fara’ il giusto rapporto qualita’/prezzo ,dara’ qualita’ e promuovera’ in maniera adeguata.
    La crisi c’e’e su questo non c’e’ da discutere,ma come in secoli di storia;tutto nasce,cresce e muore per poi rinascere.
    Spero e credo in una rinascita ed in chi crede in quello che fa’.

  9. Produco una da vino nel tarantino, da noi la situazione è tragica. Le estirpazioni hanno raggiunto il 30% l’anno scorso e si prevede un altro 30% di ettari vitati in meno anche quest’anno. Nonostante ciò, il mercato è fermo. L’uva viene pagata a 12 euro!!!!
    Ma il problema opposto: il prezzo praticato da supermercati e ipermercati. Quando vedo una bottiglia di Nero d’avola a 0.75 €, mi vengono seri dubbi sulla qualità di quel vino. Continua ad arrivare uva dai paesi esteri a prezzi con cui i produttori italiani non possono competere.

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