Verticale di Taurasi Mastroberardino


Un viaggio nel tempo sino al 1968

Credo che la cosa più bella del vino è condividere le bottiglie con persone competenti, meglio ancora se si stimano. La magia scatta poi se c’è amicizia. L’esibizione di bottiglie esageratamente costose va bene ad una certa borghesia arricchita di prima generazione, quella abituata a parcheggiare in seconda fila e a parlare male dei magistrati per intenderci: mai e poi mai un contadino, un aristocratico o una persona colta farà ostentazione, anche perché una bottiglia preziosa può essere pagata meno di dieci euro ed avere lo stesso molta importanza. Sono i cafoni quelli che hanno bisogno di cancellare il passato con i simboli che non gli appartengono, come i gangster che vanno dal miglior sarto dopo aver eliminato l’avversario.
Certo, le bottiglie sono come le azioni in Borsa, non sai mai quando è venuto il momento di liberarsene, ma prima o poi bisogna farlo ed allora è meglio cogliere le occasioni particolari, come ad esempio le degustazioni di Campania, Basilicata e Calabria della guida Vini Buoni d’Italia 2007 che sarà edita dal Touring Club. Ecco un buon motivo per dare questo duro colpo alla mia cantina!
Così la sera prima, cioè lunedì 12, mentre l’Italia era in attesa della partita della Nazionale durante la quale poi abbiamo preferito una splendida tagliata di bufala preparata dallo chef del Tre Olivi, ci siamo riuniti in una sala del Savoy Beach di Paestum magnificamente messo a disposizione in amicizia dal patròn Peppino Pagano e, con l’aiuto del servizio dell’Amira Paestum presieduta da Diodato Buonora, abbiamo esaurito le mie scorte di Taurasi Mastroberardino. C’erano, per la cronaca, Pasquale Carlo, Roberto Giuliani di LaVinium e Rosaria Castaldo come giornalisti, le sommelier professioniste Loredana Cutillo e Michela Guadagno, lo chef e sommelier professionista Pierino Rispoli, Gaspare Pellecchia e Vittorio Guerrazzi, presidente e segretario dell’Associazione Terra di Vino, Maurizio Calabrese dell’Amira.
Va detto ancora, particolare questo importante nel quale la straordinarietà del risultato conta ancora di più per gli appassionati privati e i consumatori che comprano in enoteca, che le bottiglie non sono state fornite dall’azienda, ma le avevo acquistate o ricevute in regalo nel corso degli anni e che per molto tempo non hanno avuto una conservazione ottimale perché hanno sofferto l’estate tropicale 2003 senza protezione se non quella di stare rigorosamente al buio. Solo nell’ultimo anno avevo potuto sistemarle in una cantina vera. Per questo il test era sicuramente significativo, un po’ come riuscire a provare un ristorante senza essere riconosciuti, perché era davvero una degustazione senza rete.
Seguendo i consigli di Franco Biondi Santi, le ho portate un mese prima nella nuova cantina del Savoy Beach e affidate a Diodato Buonora che ha provveduto a scolmarle la mattina alle 11. Alle 17 abbiamo versato nei decanter le annate più vecchie, la 1977 e la 1968, e infine preparato i bicchieri una ventina di minuti prima di berle intorno alle 20.
Ed ecco come è andata.

Naturalis Historia 2001
Era il pirata della batteria, inserito per raggiungere i dodici bicchieri. Bel frutto inserito con parsimonia nel legno. Intenso, persistente, da carni di agnello e capretto.

Radici Taurasi 2001
Ottimo vino, ma tutti lo abbiamo trovato un po’ eccessivo per i nostri gusti, soprattutto nella concentrazione del colore, al naso prevale netto il frutto. In bocca è sicuramente migliore grazie alla bellissima spinta di freschezza e alla mineralità tipica del vitigno. Ha bisogno di tempo per riequilibrarsi sul piano olfattivo.

Radici Taurasi 2000
Come il precedente, un po’ meno intenso e meno concentrato.

Radici Taurasi 1998
Ovazioni e applausi per questo campione. Spero proprio che l’azienda ne abbia in abbondanza perché ha una vita lunghissima davanti. Mi è piaciuta molto l’interpretazione di una annata apparentemente facile ma che poi in cantina si è rivelata di difficile gestione, qui la mineralità e la freschezza hanno ripreso nettamente il sopravvento grazie al passare degli anni.

Radici Taurasi 1996
Quando uscì non piacque perché veniva dopo una grande annata e si vedeva la struttura meno imponente. Con gli anni, però, lo scheletro si è rivelato robusto e piacevole, ha ancora molto da dire.

Radici Taurasi 1995
Questo è quello che è piaciuto di più a me, anche se quasi tutti hanno messo al primo posto il 1968 seguito dal 1988. L’ho trovato giovane e fresco, ancora fruttato, con quei sentori di tabacco che ha me che sono un conservatore (nel vino) mi hanno sempre fatto impazzire, ancora adatto agli abbinamenti, di buona beva ma non scontato, piacioso ma non ruffiano. Ripeto, il top. Spero ce ne sia ancora tanto in giro e in azienda.

Radici Taurasi 1991
Non stupitevi del salto. Avevo una grande scorta di 1992 e 1993, due grandissime annate, ma le ho esaurite in una precedente degustazione fatta per il loro decennale e mi sono accorto troppo tardi di essere rimasto senza. Ricordo questo Taurasi comprato a 19.000 lire in svendita, l’annata non è delle migliori e il tempo in effetti non ha aggiustato le cose: il bicchiere è magro, il naso è poco intenso. Ma il vino, conservato per dodici anni a casa, è uscito integro.

Radici Taurasi 1990
Questa è la annata che ricordiamo con più affetto. Integra, perfetta, addirittura esuberante, ancora frutta e buona freschezza, forse il Taurasi che meglio abbiamo potuto seguire nella evoluzione con il passare degli anni. Di buona stoffa, ha avuto grande successo ed è piaciuto a tutti, si è classificato infatti al terzo posto nei gradimenti subito dopo il 1995 e il 1988.

Radici Taurasi 1989
Purtroppo questa bottiglia ha avuto problemi di residui, ma al naso e in bocca il vino è apparso integro anche se un po’ stanco. Forse il meno convincente di tutti. Del resto l’annata non è rimasta nella storia del vino italiano.

Radici Taurasi 1988
E’ quello che è piaciuto di più, straordinario. I degustatori professionisti non hanno avuto dubbi e in effetti l’eleganza va di pari passo con la forza e la potenza. Sentori di frutta ancora ben presenti lasciano poi spazio a una grande complessità di sensazioni. In bocca è fresco, vivace, dotato di un grande scheletro ancora ben coperto. Da abbinare senza problemi a piatti di agnello e capretto purché non siano eccessivamente speziati.

Taurasi 1977
Purtroppo questa bottiglia era maderizzata, color mattone. Del resto non è stata una grande annata. La freschezza in bocca comunque resisteva ancora baldanzosamente.

Taurasi 1968
Sarà il tempo, sarà l’anno, in ogni caso il fascino di questa bottiglia ha conquistato tutti. Bene la freschezza in bocca preceduta da intensità e persistenza al naso. Un bicchiere di corpo, pronto addirittura ad affrontare un buon pranzetto pasquale. Il vino era assolutamente integro, quando lo versavo nel decanter quasi non credevo ai miei occhi, ha avuto bisogno solo di un quarto d’ora per ossigenarsi bene. Quando si è di fronte a questi vini così vecchi, la bellezza della degustazione è che i descrittori olfattivi variano in continuazione, si potrebbe stare ore davanti al bicchiere a sentire, provare e confrontarsi.

E per finire una domanda ad alcuni miei colleghi che avevano recitato il de profundis qualche anno fa per l’azienda di Atripalda: esiste qualche altro produttore da Roma in giù in grado di presentare una batteria sino al 1968? O fino al 1980? Segnalatemelo, grazie.