Viaggio in Terra della Baronìa


di Angelo Di Costanzo

Lunedì 20 Novembre una bellissima uscita fuoriporta ha seguito il richiamo della vicina e amata terra irpina, e partendo di prima mattina siamo riusciti a cogliere tutte le sfumature di un percorso emozionante tra genuinità ed autenticità che ha rinfrancato corpo (innanzitutto) ed anima.
Il Viaggio sulla Napoli-Bari ci ha condotto attraverso paesaggi dipinti di colori chiaro-scuri tra campi sovesciati e vigne appena vendemmiate e all’uscita di Vallata, credetemi sembrava di stare in un’altra dimensione, tra la terra di un colore bruno cupissimo e le stazioni eoliche a pieno regime che creano un colpo d’occhio unico nel suo genere.
In tarda mattinata una passeggiata tra i banchi del mercatino settimanale a Grottaminarda mentre il freddo incalzava ci siamo imbattuti in profumi e colori unici che qui dicono caratterizzino la Terra della Baronìa, decine e decine di contadini presi da contrattazioni serrate tra capre e cavoli, e peperoni, peperoncini appena raccolti, ceste di ceci e fagioli, fragranti Nocciole e Noci e bellissime mini mele annurche a conferma di una comunità rurale ancora viva e radicata alla sua origine contadina; Poco oltre il paese invece, verso Vallesaccarda ci siamo imbattuti (grazie a zì Gesualdo,profondo conoscitore del posto) in pecorini e caciocavalli d’altri tempi, dove bontà e fragranza non hanno legislazione che tenga. Un pecorino riposato (stagionato) 18 mesi in grotte naturali che scendono a più di dieci metri sotto terra, mi ha letteralmente conquistato, niente nome nè marchio di fabbrica, solo un coltello in mano a Peppinoo (davvero con due O) e tanto piacere di un gusto deciso, armonico, piacevolmente pungente. Prima di questi un caciocavallo di una bontà eccezionale, fragrante e dolce (pezzatura da tredici chili, praticamente 7 in tutto per tutto l’anno a venire) di cui mi è stato negato l’acquisto, deve ancora riposare…
Il pranzo abbiamo voluto consegnarlo nelle mani della famiglia Fischetti all’Oasis, che a Vallesaccarda grazie anche a lunghi anni di impegno profusi nel rispetto del territorio hanno creato un’oasi (appunto!) di antichi sapori proposti con semplicità, professionalità e quell’umile garbo (Bonus) che molti ristoratori sembrano aver smarrito col successo. Menù degustazione a 45 euro molto corretto con entreè tradizionale, ricotta in fruscella, prosciutto di maiale nero (casertano), lardo e arrosto di maiale con insalatina mista. Zuppetta di Orzo e Farro con battuto di lardo (di nuovo?). Due primi ben eseguiti, laccetti di pasta acqua e farina con cardonacelli alla piazzaiola e saporiti ravioli di Mantèca e tartufo nero di Bagnoli Irpino. Per secondo, Maiale scottato in padella accompagnato con una deliziosa purea di patate affumicata (con faggio) e mosto cotto, e apriti cielo, chiusura in grande stile con due dessert, una bavarese di Babà e Wafer alla Nocciola e mosto cotto di Aglianico. Il primo è sopratutti il dolce più buono che ho mangiato quest’anno. Abbiamo bevuto Taurasi Radici ’01 di Mastroberardino (€ 35,00) . Il locale partecipa con grande entusiasmo al progetto “Mesàli” che vede impegnati altri 11 ristoranti dell’irpinia nella salvaguardia dei sapori tradizionali dell’area, forse anche per questo mi rimane strano, non me ne vogliano, l’aperitivo con il Prosecco di Valdobbiadene, ma vale comunque il viaggio, assolutamente.
Nel primo pomeriggio non ancora stanchi ci siamo riservati la visita presso l’azienda Benito Ferrara a Tufo, meglio dire a San Paolo di Tufo alla scoperta di una realtà vitivinicola che oggi vale come riferimento nella produzione di greco docg; Tante parole si stanno spendendo su Gabriella Ferrara e Sergio Ambrosino ed il lavoro che stanno portando avanti, a dirla tutta però loro ci terrebbero a rimanere ancora defilati dal clamore che tocca invece altre realtà, preoccupati come sono a seguire la crescita non solo dell’azienda ma dei figli e della famiglia tutta giunta alla quarta generazione di vitivinicoltori e correre tra serate e prime e galà vorrebbe dire stavolgere un’equilibrio da poco consolidato.
Due Parole solo su due nuovi prodotti, un aglianico in purezza, Quattro Confini che con il 2005 sancirà la prima uscita del vino da uve di proprietà di cui un 50% affinato in legno di rovere e l’altro 50% in acciaio. Rosso porpora, vivace con un naso intenso e fragrante di frutti rossi e spezie fini. In bocca è decisamente acerbo, anche se la vivacità e la freschezza non sono per questo banali il vino è fine e persistente; L’uscita prevista per gennaio secondo me andrà procrastinata; Dalla botte invece abbiamo assaggiato l’aglianico atto a divenire Taurasi, un progetto che ormai da due anni è entrato nei piani della piccola ma sempre attiva azienda di San Paolo, si pensa di uscire tra due anni. Celata da sguardi indiscreti la piccola bottaia (ma c’è!) conserva circa una decina di barriques di tostatura media che racchiudono il meglio delle vendemmie 2005 e 2006 che percorrono la loro strada verso la maturità, e qui l’esperienza di Paolo Caciorgna potrà dare sicuramente una marcia in più al fuoriclasse irpino.
E pensare che c’è ancora chi preferisce una comoda poltrona, il telecomando e magari un hamburgher con la mostarda a tutto questo…