Villa Rufolo Ravello bianco 2012 Costa d’Amalfi doc


Ciro Adinolfi con il Ravello bianco 2012

Uva: biancolella, falanghina
Fuori commercio

La persona che vedete nella foto non è un produttore, e neanche un enologo: è un bravo dirigente dell’Ept di Salerno che mostra orgoglioso la bottiglia di Ravello bianco prodotta con le uve coltivate a Villa Rufolo.

Nel giro di una settimana così abbiamo scoperto due grandi produzioni di pregio che convivono fianco a fianco, il Passito di Villa Cimbrone.
Entrambi sono fuori commercio ed è un peccato perché in realtà si trata di microproduzioni che non hanno prezzo.
Ma a Ravello la confidenza con lo straordinario è pratica di tutti i giorni e spesso si perde di vista il valore di unicità che hanno alcuni prodotti inseriti in questo panorama mozzafiato nel quale è facile riflettersi.
In questo caso il vino è un bianco secco, prodotto con il modello già felicemente sperimentato a Pompei con il Villa dei Misteri in partnership con la Mastroberardino.

 

A Ravello è la Ettore Sammarco ad occuparsene, in particolare il bravissimo Bartolo, ottimo interprete dell’anima bianca della Costiera. La differenza è che si tratta di un vino fuori commercio.


Da un punto di vista tecnico, il Villa Rufolo 2012 riflette l’annata molto positiva che adesso inizia a spuntare tra gli scaffali, ha un bel naso floreale e di frutta bianca, in bocca è sapido, molto fresco, ricco, capace di un buon allungo nel finale.

Un gran bel bianco insomma, magico.
A noi non dispiacerebbbe se questo vino, magari in magnum, fosse venduto a prezzo caro, carissimo. Ma da noi in ITalia la cultura che affianca i beni culturali non coincide con il culto della reddittività anglosassone.

A volte il danaro, oltre che corrompere, ha la funzione positiva di rendere anche possibile la socializzazione dell’oggetto.
E nella nel concreto portare qualche risorsa all’ente pubblico, ma, si sa, la burocrazia italiana è qualcosa così complessa e immersa nella logica dlel’assurdo che al confronto il sistema delle caste indiane è molto più elastico e modificabile.

Viva allora, il vino di Ravello e quella generazione di funzionari come Ciro Adinolfi che, nonostante tutto, hanno conservato il gusto per il proprio lavoro e soprattutto per le cose belle.

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