Vittoria del coordinamento giornalisti precari della Campania: annullato il bando ribattezzato “Magna e Bevi” del Suor Orsola


L’UNIVERSITA’ “SUOR ORSOLA BENINCASA” ANNULLA IL BANDO IN “GIORNALISMO ENOGASTRONOMICO”:
L’Università “Suor Orsola Benincasa” ha annunciato di aver annullato il master di I Livello recante la denominazione “Comunicazione e giornalismo multimediale enogastronomico”.

Il Coordinamento giornalisti precari della Campania aveva duramente attaccato il master post-laurea, ritenuto fumoso nei contenuti e per nulla attinente alla formazione minima che deve garantire un «corso di giornalismo».

Sul master ribattezzato “magna e bevi”,  il Coordinamento aveva redatto un dettagliato documento  – spedito all’Ordine dei Giornalisti – per segnalare le troppe anomalie presenti nel bando: dagli argomenti trattati al meccanismo dei crediti validi per la Scuola di Giornalismo.

Ringraziamo il presidente dell’OdG Vincenzo Iacopino per essersi attivato; la nostra battaglia per garantire la massima trasparenza nelle Scuole di giornalismo continua: il 17 dicembre presenteremo i risultati di uno studio sugli ex studenti dei master biennali di I livello in Giornalismo autorizzati dall’OdG in Campania.

Uniti si vince!

Coordinamento giornalisti precari campani
www.cronisti.info

Ecco il promo dell’iniziativa
L’iniziativa fu presentata il 19 ottobre da Lucio d’Alessandro, Preside della Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università Suor Orsola Benincasa e direttore scientifico del Master, Paolo Cuccia, presidente di Gambero Rosso e membro del comitato scientifico del Master, Daniele Cernilli, direttore responsabile di Gambero Rosso e Alfonso e Livia Iaccarino del ristorante Don Alfonso 1860.

L’Università ha annunciato la riapertura del bando.

5 Commenti

  1. sinceramente non credo che basti un master per essere un giornalista gastronomico ma è fondamentale un’esperienza lunga sul campo.Oggi il problema è che si vuole sostituire la pratica con le scuole, così si diventa giornalisti con una scuola,avvocati con una scuola ecc……….ma la vita vera è tutta un’altra cosa.

    1. Parole sante: l’esperienza insegna quanto le scuole possano solo offrire delle nozioni sommarie. Un conto è aver dato l’esame di Politica Agricola all’Università, altro è vivere, saper leggere e raccontare al pubblico gli effetti di quelle politiche sul campo.
      Nello specifico “enogastronomico” poi, molto è legato alle sensazioni, che sono studiate scientificamente.
      Mi trovo ora alla facoltà di Agraria di Portici, III Convegno Nazionale di Scienze Sensoriali. Prof. & Aziende di mezza italia sono qui riuniti per dire una cosa apparentemente banale: i panel test di “dilettanti” spesso danno risultati simili a quelli delle giurie qualificate. Il che significa anche un’altra cosa, forse meno banale: il buon gusto lo possono aver tutti, anche i non “qualificati” altro è studiare le sensazioni o saperne scrivere con proprietà di linguaggio e comunicarle agli altri.
      Unire le due cose può solo essere frutto di esperienza, oltre che di una forma di educazione che inizia in famiglia, da bimbi. Non saprei mai dare altra qualifica al latte crudo intero con panna che bevvi fino all’estate del 1973, certo è potrei ancora oggi riconoscerlo tra mille, appellandolo “Latte di Pinuccio”, dal nome del vaccaro che me lo portava sino a casa. Ora, il “Latte di Pinuccio” può essere sicuramente classificato sensorialmente con ben più consoni aggettivi, che qualcuno può insegnarmi, ma solo a condizione di averne avuto già esperinza e ad un’età ancora tenera (avevo 7 anni nel 1973). Comunicare il “Latte di Pinuccio” meglio qualificato poi è arte giornalistica in senso stretto. Dove e come si impara? Non certo nell’aula di qualche scuola o master. Lasciamo alle scuole il loro compito: formare, produrre cultura. Il lavoro si impara sul campo, dove non c’è tempo per studiara, ma occorre solo utilizzare le nozioni immagazinate a suo tempo.

  2. Io invece non sono affatto d’accordo con il signor Pelagalli e con questo articolo. Laureata in finanza, oggi giornalista, con una formazione anche “scolastica” in materia enogastronomica, nonché per anni collaboratrice di una guida gastronomica nazionale, posso dire che la formazione in questo ambito è fondamentale. Non tutti hanno buon gusto e ci vuole tempo per apprendere a riconoscere la qualità.
    Per di più, non è sufficiente essere giornalista per essere un bravo cronista/critico enogastronomico. Fra i tanti collaboratori di guida conosciuti i meno attendibili erano in genere giornalisti professionisti, mentre coloro che si approcciavano al mondo del cibo e del vino dopo aver fatto corsi e master di questo genere erano molto più preparati e disposti a investire tempo e denaro per apprendere ancora.

    Oltretutto il fatto che questa notizia si pubblicata sul blog di un collaboratore di Slow Food (associazione cui fa capo l’Università di Scienze Gastronomiche) è poco limpido e anche di cattivo gusto.

    1. Gentile Loretta
      motivazioni come “poco limpido” e “di cattivo gusto” fanno rima con censura.
      Il sillogismo aristotelico che la porta da me all’Università di Pollenza che ho visto una sola volta non mi pare una motivazione sufficiente per non dare una notizia arrivata nella mail di tutti i giornalisti di Napoli e che ha visto l’intervento in prima persona del presidente dell’Ordine Enzo Iacopino.
      Questo il link
      http://www.giornalistianticamorra.org/2010/12/01/vittoria-del-coordinamento-giornalisti-precari-della-campania-contro-il-master-magna-e-bevi/

      Se la prenda con chi non ha scritto bene il bando, non con chi lo riferisce. E si ricordi: quello che non si fa, non si sa

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